NAPOLI. NAPOLI. Trovare un napoletano che è innamorato di Massimo Troisi, del suo modo di esprimersi prima ancora che dei suoi film è cosa comune, ma trovare un ragazzo nato e cresciuto in un piccolo paesino della Calabria che un giorno guardandolo recitare ne resta affascinato e decide di dedicargli anni di studio e la sua tesi di laurea, diventata poi un interessante saggio, è più che confortante.
Quel ragazzo è Giuseppe Sommario, oggi docente di Lettere che sta anche svolgendo un Dottorato di Ricerca presso l’Università di Messina sulla comunità calabrese d’Argentina e sulla lingua che parlavano i primi ad emigrare, mentre quel lavoro di ricerca scritto 10 anni fa è un libro dal titolo “Massimo Troisi. L’arte delle leggerezza”.
Ed è con Sommario che abbiamo deciso di fare una chiacchierata per scoprire di più del suo lavoro e della sua analisi dell’attore sangiorgese, a 20 anni dalla sua prematura scomparsa.
“Il mio lavoro è innanzitutto un’analisi approfondita della lingua filmica di Massimo Troisi”, spiega, “Quando cominciai la tesi mi fu assegnato come correlatore Fabio Rossi che è stato il secondo, dopo Raffaelli, ad interessarsi in maniera così approfondita del tipo di lingua parlata dagli attori dal 1927, da quando dal film muto si passò al sonoro, in Italia nel 1931. Ci si accorge che prima il cinema influenza il parlato del popolo, ora invece accade il fenomeno inverso: il cinema viene influenzato dal parlato di tutti i giorni e la lingua e il cinema ne escono impoveriti. Anzi, possiamo dire che il cinema viene influenzato dalla tv, proprio le emittenti televisive spesso e volentieri finanziamo le pellicole e quindi il film deve essere il più possibile “spendibile” e comprendibile dalla massa, più è gergale e più ci riesce. Questo linguaggio superficiale che mima la parlata giovanile non scende in profondità ed impoverisce la lingua italiana, un corto circuito tra quella che era la cinematografia di un tempo e quella attuale. Troisi, invece, è un caso unico. Normalmente quando un produttore propone un film spera sia venduto il più possibile, “Ricomincio da tre” è praticamente tutto in dialetto napoletano rischioso, dunque, produrre un film del genere che sembra destinato quasi esclusivamente ai campani o agli emigrati. Ma questo film non lo è stato, resta nelle sale per oltre 600 giorni, incassa 15 miliardi di lire 30 volte le spese di produzione, ha successo in tutta Italia, al festival di Locarno ha un clamoroso boom , o erano tutti napoletani in trasferta o se gli svizzeri lo hanno apprezzato tanto allora c’è qualcosa che va oltre la lingue parlata da Massimo che è piena di sospensioni, pause, ripetizioni, lui è talmente bravo come attore che supera queste difficoltà”. Un modo diverso, il suo, di recitare e che è rimasto proprio per gli argomenti trattati nei suoi film e per il suo modo di interpretarli che lo hanno reso un mito senza tempo. Apprezzato oggi, forse più di quanto lo fosse in vita. “Due sono i motivi del grande successo”, aggiunge Sommario, “uno il suo lato poetico e umano, i grandi comici partono da una grande malinconia qualità che ti permettono di elaborare la materia che vai a rappresentare e che fai diventare universale. I temi di cui parla Massimo ci coinvolgono tutti, chi di noi non ha avuto difficoltà amorose, chi non è stato un Gaetano e lo stesso Robertino, l’estremizzazione del timido o quale donna non si è rivista nei personaggi femminili. Lui mette in discussione il tema del tradimento, del machismo, ci fa riflettere grazie al suo modo di essere il suo modo di porli sempre sottovoce, mai in maniera urlata, non è mai volgare, mai usato disfemismo, qualunque trasmissione usa almeno un doppio senso erotico e le parolacce sono all’ordine del giorno, un genere di comicità che non chiede di essere complice con l’autore, si ride senza essere scomodati. Con Massimo invece devi farlo e devi riflettere. Piace tanto perché è profondo c’è voglia di interiorità. Riesce ad arrivare a tutti grazie ad una grandissima capacità di essere attore anche con le mani e la mimica facciale, ciò che ti toglie con il linguaggio te lo restituisce così. Troisi è difficile ad un primo impatto se hai pazienza di seguirlo ti innamori. Un autore che va conosciuto a fondo e va diffuso perchè ti fa ridere e ti fa riflettere”. Perchè comprare il saggio su Troisi? “Il mio libro è da prendere per ha una bella copertina (scherza l’autore, ndr)”, aggiunge, “ fa parte della collana ammiraglia della Rubbettino che ha creduto subito nel mio progetto pubblicando il mio libro e dandomi fiducia, aspettano sempre il mio secondo libro che prima o poi arriverà e lo chiamerò anch’io ‘Scusate il ritardo’. Non è una biografia, ma un lavoro certosino che scandaglia il processo creativo di Massimo Troisi, è un libro che va in profondità. Si può leggere oggi così come fra 10 anni un saggio di approfondimento”. Il lavoro di Sommario è stato presentato quest’estate anche nella suggestiva cornice del Casamale a Somma Vesuviana e a tal riguardo l’autore vuole ringraziare tutti quelli che gli hanno permesso di fare una presentazione che è stata un vero spettacolo. “Dove c’è stato da parte dei presenti tanto affetto e partecipazione emotiva”, conclude Sommario, “dall’Arci, a Mario Sodano, ad Anna Rita e Francesco Feola che hanno atto da organizzatori e che hanno curato la parte marketing, e i miei compagni di viaggio che hanno creato la ‘magia’: gli attori Alfonso Volpe e Daniela Allocca, Valeria Ciambrino, e poi i musicisti Raffaele Magrone e Rosanna Cimmino che con la loro musica hanno conquistato tutti. E infine l’attore Renato Scarpa che io ritengo un regalo di Massimo, una persona straordinaria e maestro di vita. Abbiamo tanto bisogno di bellezza e credo che iniziative simili vadano ripetute per contrastare in questo modo la deriva del consumismo ed edonismo”.
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