Falsa attestazione e debiti per 36.000 euro: in caso di condanna, scatta l’automatica rimozione dalle cariche e multe fino a 5.000 euro. L’articolo 54 Costituzione ribadisce: “Doveri con disciplina e onore”
La Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha formalizzato oggi l’avvio di un procedimento giudiziario contro tre consiglieri comunali – due espressione della maggioranza e uno dell’opposizione – e un ex assessore, già dimissionario, accusati di aver presentato dichiarazioni mendaci sull’assenza di debiti verso il Comune. Le accuse vertono sulla violazione dell’articolo 495 del codice penale, relativo alla falsa attestazione a un pubblico ufficiale, e dell’articolo 76 del DPR 445 del 2000, che sanziona le dichiarazioni sostitutive fraudolente.
Secondo le indagini condotte dalla Guardia di Finanza, tra luglio e agosto 2024 i quattro avrebbero certificato al Responsabile anticorruzione del Comune l’inesistenza di debiti per tasse comunali, requisito essenziale per la compatibilità con le cariche pubbliche ai sensi del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 267/2000). Le verifiche finanziarie hanno invece rivelato debiti accumulati tra il 2007 e il 2020 per mancati versamenti di IMU, TARI-TARES e TARSU, per un totale superiore ai 36.000 euro. Tale situazione, se confermata, avrebbe reso gli indagati automaticamente incompatibili con i loro ruoli istituzionali.
In caso di condanna, oltre alle sanzioni penali previste – che includono fino a due anni di reclusione e multe fino a 5.000 euro – scatterebbe l’obbligo di decadenza dalle cariche, come stabilito dall’articolo 50 del D.Lgs. 267/2000. Il Comune potrebbe inoltre avviare azioni legali per il recupero delle somme non pagate.
Il quadro normativo che vincola l’esercizio delle cariche pubbliche a un’irreprensibilità tanto fiscale quanto morale si scontra spesso con una realtà in cui gli stessi rappresentanti istituzionali resistono alle dimissioni, persino di fronte a accuse gravissime. A Torre Annunziata, l’ipotesi di un occultamento sistematico di debiti per oltre 36.000 euro non solo tradisce la trasparenza amministrativa, ma solleva un interrogativo radicale: come può un mandato politico mantenersi legittimo se fondato su dichiarazioni fraudolente?
L’articolo 54 della Costituzione, nel ribadire il dovere di agire “con disciplina e onore”, non ammette ambiguità: chi svilisce la fiducia pubblica attraverso comportamenti opachi nega i principi stessi su cui poggia la Repubblica. La vicenda non sollecita soltanto provvedimenti giudiziari, ma invita a interrogarsi sul divario tra le leggi e il comportamento etico e morale della classe politica. Quest’ultima, in molti casi, sembra privilegiare logiche di interesse privato, allontanandosi dall’impegno di servire i cittadini e dal dovere di operare per il bene collettivo.

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