Somma Vesuviana. Forse avranno pensato che il gazebo del “Comitato per i beni comuni” avesse una funzione simile a quello celeberrimo del bar in piazza sul quale in molti si sono scottati. Forse avranno pensato che “Comitato per i beni comuni” è un nome sinistramente eversivo. Fatto sta che nel 2012 (2012 non 1925-26, anno delle leggi fascistissime) c’è ancora una burocrazia che cerca scuse per evitare ad un gruppo di cittadini di scendere in piazza per esprimersi liberamente. Somma Vesuviana punto e a capo. Domenica mattina il “Comitato per i Beni Comuni” , che si sta spendendo per aprire una discussione sull’utilizzo del Castello D’Alagno, aveva organizzato un gazebo con volantinaggio per mettere al corrente la cittadinanza dell’assemblea pubblica da organizzarsi il primo aprile prossimo. Sì, aveva, visto che dal comune non è arrivato il permesso per occupare il suolo pubblico di piazza Vittorio Emanuele III. “L’ufficio preposto- secondo quanto raccontato dai membri del comitato che hanno presentato la richiesta- ha chiesto in un primo momento di specificare meglio la motivazione della richiesta per l’installazione del gazebo: in pratica di chiarire l’espressione “ campagna di informazione (magari l’avranno confusa con la vendita dei famosi carciofi vesuviani n.d.r. )”. Successivamente hanno rilevato una presunta irregolarità nella documentazione della richiesta perché occorreva allegare , a loro dire, lo statuto del comitato, l’atto costitutivo e il Codice Fiscale (e perché no, magari si potevano richiedere anche religione, gusti sessuali e gruppo sanguigno). L’incontro si concludeva con l’assicurazione della concessione dell’autorizzazione unita all’invito a ripresentare la richiesta con la documentazione completa”. Naturalmente l’eccesso di zelo di questi burocrati kafkiani è alquanto curioso visto che né i partiti politici, né i movimenti, né tantomeno le varie associazioni che durante l’anno svolgono attività nella centralissima piazza sommese hanno mai presentato questo genere di scartoffie per poter installare dei gazebo. Oltretutto nel comitato siedono associazioni come l’Arci, il Comitato per Cittadinanza Attiva, La Fabbrica Vesuviana, la ProLoco Somma Vesuviana, Legambiente, Onda Bianca, Il Torchio e Federconsumatori; movimenti politici come la Sinistra per Somma e partiti come quello Democratico che di certo non hanno bisogno di particolari presentazioni. Dunque è evidente che il “il burocratese” trasudato dai funzionari comunali non sia altro che uno sgambetto, mal riuscito, al “comitato per i beni comuni”. Il quale però rilancia e ripropone i quattro principali punti programmatici del manifesto per la “restituzione del Castello D’Alagno” ai cittadini. In sostanza, si legge nel manifesto, “in un Paese civile i soldi che si spendono per i beni culturali non rappresentano un costo, ma un investimento per lo sviluppo sociale, culturale ed economico della città”; “questo- prosegue il documento- significa che, in sede di bilancio comunale, devono essere previste risorse economiche adeguate alla funzione che deve essere svolta dai beni culturali (in particolare dal Castello d’Alagno e dalla cosiddetta Villa Augustea); “la riduzione dei fondi ai Comuni non può diventare l’alibi per affidare un bene che è di tutti i cittadini sommesi alla gestione dei privati, sia pure parziale o per brevi periodi e questo perché tutte le attività che saranno previste per il Castello d’Alagno dovranno essere pubbliche e coerenti con la dignità storico-culturale del luogo”.
Gaetano Di Matteo
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