lunedì 30 Settembre 2024
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Somma Vesuviana, Allocca caccia l’assessore Granato e scompiglia il centrodestra sommese

Somma Vesuviana. “Che fai, mi cacci?”. Fu questa frase pronunciata dal presidente della Camera Gianfranco Fini all’allora premier Silvio Berlusconi, durante una direzione nazionale del Pdl, l’apogeo del partito azienda. Il Capo del partito azienda cacciava il sottoposto, pubblicamente. E chissà se Tommaso Granato l’assessore “revocato” dalla giunta del sindaco Raffaele Allocca avrà pensato la stessa cosa. Naturalmente non ha potuto dirglielo pubblicamente visto che il decreto, firmato martedì sera in un revival della “notte dei lunghi coltelli nel Pdl cittadino, gli è stato notificato il giorno dopo. Senza, all’apparenza, nessuna spiegazione. Anzi, in verità sembrerebbe che nessuno della maggioranza sapesse dell’atto. A parte ovviamente i soliti trombettieri e ruffiani che affollano la corte del sindaco autodefinitosi “Re”. Qualcuno adesso prova a spargere veleno. “La Federazione (l’entità politica composta da Mezzogiorno e Libertà, Progetto Somma e Pri) sapeva” raccontano i sodali del primo cittadino. “L’azione serviva soltanto ad isolare i Granato, cresciuti troppo in questi anni di amministrazione e non allineati ai dettami del sindaco”. In realtà la vicenda sembrerebbe essere diversa e molto più complessa. E’ vero, Sergio D’Avino, alla vigilia del comunicato stampa nel quale, in sostanza, si denunciava “la scarsa collegialità nella gestione della cosa pubblica”, aveva incassato la delega al “Verde Pubblico”. Ma questo non sembrerebbe c’entrare con l’intera vicenda visto che, fonti ben accreditate, assicurerebbero la piena solidarietà della Federazione ai Granato. Ed allora dov’è maturata l’idea di Allocca di epurare uno dei pezzi da novanta (elettoralmente parlando) del suo regno? Probabilmente ciò che il sindaco non ha gradito è stata la gestione delle “Politiche Sociali” da parte dei Granato. Già, le Politiche Sociali, i pacchi, l’assistenza domiciliare, i rapporti con le cooperative sociali, il ruolo di comune capofila nell’Ambito. Tutto nel calderone di questo welfare malato, poco incisivo, molto politicizzato ed abbastanza dispendioso in un panorama di sottosviluppo cittadino delle politiche giovanili, dei diritti delle donne e delle iniziative per le minoranze. In molti infatti nella maggioranza pensavano che la gestione dei Granato, unitamente al ruolo del dirigente Nicola Anaclerio , fosse troppo isolata. A ciò va aggiunto il peso politico nel Pdl provinciale e regionale dei Granato. Tommaso siede, in quanto eletto, nel coordinamento provinciale. Allocca, nonostante gli annunci mediatici, in quel coordinamento non vi ha messo piede. Quindi non c’è da meravigliarsi se il primo cittadino ha voluto depotenziare i Granato boys nell’ultimo rush della sua attività amministrativa. L’ultima fase, quella più delicata, nella quale bisogna gettare “il clientelismo oltre l’ostacolo”. Anche perché, in un’eventuale disputa sul simbolo del Pdl (per quello che possa valere oggi il simbolo), Antonio Granato, attuale difensore civico della Provincia di Napoli, è più che legittimamente in corsa. Dunque il sindaco Crono sapeva bene cosa firmava ed il polverone che avrebbe alzato. Un polverone che ha innervosito parecchi elementi della maggioranza impegnati, in questi spiccioli di centrodestra, a “raffazzare” quanto più consenso è possibile. Il timore adesso, per taluni, è che l’epurazione sia sempre dietro l’angolo. Oltretutto Allocca sembra parecchio nervoso in un contesto cupo. Sì perché ad oggi la politica cittadina sembra vivere una delle fasi più brutte degli ultimi 50 anni. Veleni, sospetti, ruffianerie, inciuci, maldicenze, dissimulazioni. Tutto alle spalle del Re, tutto per compiacere il monarca. Di politico in città sembra esservi ben poco. E più passa il tempo e più difficile si fa la ricostruzione del rapporto fiduciario tra politica e cittadini. Hai voglia di mettere in campo opere pubbliche e cantieri. L’Italia è piena di cattedrali nel deserto. Ed è piena di storie politiche che al crepuscolo danno il peggio di sé. Berlusconi, il Capo, docet.

Gaetano Di Matteo

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