Somma Vesuviana. Che gli stadi italiani, dalle vellutate poltroncine dei grandi palcoscenici ai più modesti gradoni di periferia, fossero pieni di donne ed uomini frustrati è purtroppo cosa arcinota. Ancora sconosciute ai più però, sembrano essere le motivazioni che spingono certi ragazzi, proiettati verso incolori carriere di ominicchi, ad aggredire dei propri coetanei prima, durante o dopo una semplice e banalissima partita di calcio. Domenica 25 ottobre. Stadio Felice Nappi. La Viribus Unitis, squadra di Somma Vesuviana che milita nel campionato nazionale dilettanti, è sullo 0 a 0 contro il Palazzolo. La gara contro i siciliani è sentita da tutto l’ambiente sommese, deluso fino ad ora per un campionato avaro di soddisfazioni. Ad un certo punto, siamo agli sgoccioli del primo tempo, Giovanni Aliperta, difensore dei rossoblù padroni di casa, viene espulso per doppia ammonizione. Un danno che la sua squadra pagherà con un pesante 2 a 0 finale. Il giovanotto però non ci sta alla decisione, insindacabile, dell’arbitro e si lancia in un affannosa protesta. A quel punto dalla panchina lo invitano ad uscire per non peggiorare la propria posizione disciplinare (che potrebbe costargli più della canonica giornata di squalifica). Lui esce, e nel farlo inveisce proprio contro la panchina. In particolar modo, ad entrare nelle sue “grazie” è Giuseppe Parisi, 30enne insegnante il quale passa il suo tempo libero a supportare lo staff del tecnico della Viribus Michele Cimmino. Termina il primo tempo e a Parisi, per placare l’animo alquanto acceso del calciatore, viene precluso l’ingresso negli spogliatoi (nei quali una volta si serviva un ottimo thé). Intanto sugli spalti si gioca un’altra partita. E’ quella di alcuni familiari del calciatore che, probabilmente fomentati da chissà chi, covano rabbia contro Parisi reo, secondo una loro scellerata concezione di stare a questo benedetto mondo, di aver “ammonito” il loro idolo domenicale.
Termina la partita. Lo sconforto s’impossessa dei protagonisti. Resta comunque una partita di calcio. Un modo come un altro per bruciare 90 minuti di passioni. Un modo come un altro per trovare un argomento del quale disquisire la mattina successiva al bar piuttosto che in treno. Un modo come un altro per riempire pagine di giornale piuttosto che schermi televisivi. Fate voi. Giuseppe Parisi lascia lo stadio. Monta in macchina e si appresta a tornare a casa. Ad un certo punto si sente chiamare. Ferma l’auto. Apre lo sportello. Non sa che di fronte a lui ha un vile ominicchio. Un picchiatore, è proprio il caso di dirlo, di quarta serie. Uno di quelli che a tradimento colpiscono le persone perbene perché sanno che queste ultime, come strumento di difesa, non adoperano mai le mani. Gli sferra un fendente che si stampa tra il naso e l’occhio sinistro del Parisi. E poi giù, una fiumana di calci e schiaffi. “Cosa hai detto a mio cugino?”,sentono alcuni testimoni. Il parcheggio del Nappi sembra deserto. Questo acuisce la eco degli schiaffi e dei calci che l’aggressore, riserva per quel povero ragazzo reo di aver consigliato a suo cugino (ammesso che siano davvero parenti) di lasciare il terreno di gioco per evitare conseguenze più gravi di una semplicissima squalifica. A fermare questa ignobile ed immotivata esecuzione di violenza ci pensa Raimondo Semprevivo, maresciallo della stazione dei carabinieri di Somma Vesuviana, il quale interviene personalmente per sedare gli istinti dell’aggressore. Alla fine si scoprirà che quest’ultimo è tal A.M. (per ovvie ragioni non posso scriverne il nome, anche se mi piacerebbe tanto farlo visto che la nostra comunità dovrebbe isolarli certi violenti), 30enne del posto che si è beccato anche la denuncia di rito. Al malcapitato Parisi, trasportato prima all’Apicella di Pollena Trocchia e poi al Cardarelli di Napoli per la tac, vengono riscontrate alcune ferite al volto ed una più profonda, manco l’avessero incisa con un bisturi, nell’anima. Per la cronaca, secondo voci vicine alla Viribus Unitis, la società avrebbe cacciato il calciatore. Se fosse confermata la notizia sarebbe davvero il buon esempio in un mondo, quello del calcio, percosso troppo spesso da episodi che smentiscono la famosa psicologa tedesca alla quale piaceva ripetere: “Date la palla ad un bambino e ne farete la sua felicità”.
Gaetano Di Matteo
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