mercoledì 27 Novembre 2024
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Somma Ves, Lettera di Biagio Esposito sulla Festa delle Lucerne

Riceviamo e pubblichiamo:

Ha colto il problema chi, con profonda nostalgia, ha invocato la tutela delle tradizioni che sono indubbiamente la salvezza del Casamale, quel gomitolo di case e vicoletti dove Somma Vesuviana riconosce l’antico cuore della sua gente devota a Maria e custode del mistero-speranza delle Lucerne, la cui festa ricorre ogni quattro anni.

Alla Festa delle Lucerne 2010 non mancava nulla di quello che c’era. Le bandierine, l’infrascata, una massiccia e non certo diversificata proposta di vini vesuviani con pizzette, panini, ristoranti attrezzati per il famoso stocco sommese, trippe cotte, pomodorini celebrati in tutto il mondo, le “percoche” in bella mostra , frutta attrattiva per gli occhi e per la gola, mele, pere, uva, cocomeri, melloni, peperoncini forti, rossi sui lunghi rami, e colori forse più intensi e godibili dei sapori originali di !Somma impareggiabile.

La folla c’era, in calca, fino a far perdere il respiro e nei punti di sosta, dove cioè s’invertravano le fughe delle lucerne sui simultanei supporti geometrici, si aveva l’impressione di vivere l’esperienza di una linea metropolitana giapponese nelle ore di punta.

Di quello che c’era, c’era tutto. C’era la processione con la sua ritualità sempre più stanca; c’erano i buoni anziani che intanto, anche se devotissimi, non sapevano spiegare a chi li interrogava se la Madonna fosse quella della Neve o l’Addolorata. C’era la banda musicale; c’erano le consuete soste per le preghiere; c’era la folla importuna che procedeva senza curarsi della religiosità del momento.

E c’erano i fotografi, i curiosi della prima volta, gli abitudinari fedeli agli appuntamenti quadriennali.

C’erano molte sedie e tavolini, ma nella folla di masticatori era facile riconoscere la voracità dei consumatori alla spicciolata. C’erano baci, abbracci, saluti a gran voce, vecchi pensosi e ragazzini in corsa tra chi saliva e scendeva per i vicoli della memoria sbiadita.

I commensali all’abboffata, e colmi di vino, quelli finti già noti e i nuovissimi che brindavano a “vino e percoche”, erano in numero ridotto. C’erano gli studiosi della festa ignoti tra la folla, che solo in rari casi riconosceva e rendeva omaggio al grande Roberto De Simone. Insomma le uscite dal mondo dei custodi della Festa, la vecchia, i salti generazionali, a chi aveva memoria del non più visibile e subiva l’impatto con il visibile, esorbitante poco attento alla necessaria cultura da comunicare, chiarivano il senso di quanto mancava alla festa come valore nel tempo della continuità. Insomma senza cultura che è spazio che comunica e senza storia, opportunamente mediata non si va da nessuna parte. E’ bene che si vendono prodotti in abbondanza. Noi, per nostra natura, siamo inoltre contrari ai criticoni, quando sostengono che i vini in bottiglia non siano autentici dei tralci catalani, che frutta, magnificamente esposta, ha conosciuto il frigorifero: ben vengono anche le minime attività commerciali. Se si lasciassero però respirare le teorie delle lucerne che si perdono nella lunghezza dei vicoli e diventano infinite nell’illusione degli specchi, la folla indottrinata capirebbe qualcosa e parteciperebbe, meditando sul senso del monito che fa di agosto capo d’inverno. Si chiarirebbe la sacralità che raccorda le antiche festività pagane e quelle cristiane che non ne hanno perduto la memoria.

In tempo di massificazione, di omologazione, di globalizzazione esperte del dolore forse il senso della Festa delle Lucerne potrebbe restituire gli uomini umani alla speranza.

Non spetta a noi parlare di ricerche ponderose, fatte da tanti autori attenti a proporre pagine che non si leggono.

E’ doveroso invece affermare che nella Festa delle Lucerne 2010 si avvertiva troppo la mancanza di quello che non c’era. A disperdere i tristi pensieri, ostinati a non rassegnarsi, ci ha pensato la pioggia. Un diluvio breve, ma intenso ci ha ammonito che tutto passa, ma che dalle zolle non più aride possono fruttificare semi di speranza.

Biagio Esposito

Presidente Accademia Vesuviana di Tradizioni Etnostoriche

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