SOMMA VESUVIANA – Lo scorso 27 ottobre Antonio (nome di fantasia) ha scoperto di essere positivo al Covid-19, sebbene asintomatico, dopo essersi sottoposto al test rapido del tampone naso-faringeo effettuato per prevenzione e a scopo cautelativo presso un laboratorio privato di analisi, convenzionato con l’ASL e abilitato dalla Regione Campania, a Sant’Anastasia. E da allora è iniziato il suo calvario fatto di disagi, disservizi e malfunzionamenti nel sistema sanitario. Dopo la positività riscontrata è stato lo stesso laboratorio ad avvertire l’asl e il medico di base del paziente. Da allora, l’uomo, 41 anni, non ha avuto più notizie né dalle autorità sanitarie competenti né tantomeno dal proprio medico di famiglia.
L’unica comunicazione l’ha ricevuta dal laboratorio di analisi che gli ha consigliato di ripetere il tampone naso-faringeo dopo dieci giorni.
Antonio ha più volte cercato di mettersi in contatto con il proprio medico curante per sapere come comportarsi e perché nei giorni successivi alla scoperta della sua positività sono apparsi i primi sintomi clinici tipici del coronavirus. Precisamente Antonio ha iniziato a sentire brividi di freddo, forti emicranie, dolori alle ossa, rottura di alcuni capillari all’interno dell’occhio. Nonostante i numerosi tentativi di rintracciare telefonicamente il proprio medico di famiglia, Antonio non ha mai ricevuto risposta e così ha dovuto consultare un pneumologo privato che gli ha prescritto una cura antibiotica a base di zitromax, deltacortene, zinco, vitamine d e altri antidolorifici.
Separato e con una famiglia e dei figli da mantenere, Antonio, avendo tutti i parenti e familiari in quarantena in seguito alla sua positività ha chiesto più volte assistenza domiciliare prima al sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno, che si è limitato a comunicargli il numero della locale Protezione Civile, e poi ai volontari della Croce Rossa Italiana di Somma Vesuviana, i quali gli hanno risposto, a suo dire, che non rientrava nelle loro competenze. Anche in questo caso, però, come ha raccontato ai nostri microfoni, raggiunto telefonicamente, non ha mai ricevuto risposta e il suo problema non è stato risolto. Una situazione assurda per quanto critica con il 41enne che ha dovuto provvedere da solo ai bisogni più elementari come procurarsi i farmaci per la cura oppure provvedere al proprio sostentamento alimentare.
Una storia di grandi difficoltà quella che Antonio ha voluto raccontarci per denunciarne la gravità, che può comprende solo chi la vive in prima persona.
Adesso, l’uomo è in attesa di sottoporsi al secondo tampone, ma nel frattempo ha dovuto far fronte ad ingenti spese economiche: dal costo dei tamponi a quello delle spese mediche per i farmaci in meno di una settimana ha speso quasi duecento euro. A questi vanno poi aggiunti i soldi dell’affitto di casa. Troppi per chiunque, soprattutto per lui che in questo periodo non sta lavorando, causa covid, e non riceve lo stipendio essendo un lavoratore con partita iva che vive alla giornata del suo lavoro quotidiano.
“Ti senti trascurato e abbandonato a te stesso, senza sapere a chi poter chiedere assistenza e aiuto. Sono stato tentato di uscire di casa, seppur positivo, per far fare la spesa, ma poi grazie alla disponibilità del supermercato Gennarì, ho desistito dal mio intento. Sono stati i dipendenti del supermarket a portarmi la spesa alimentare a casa”, ha confessato Antonio. “Vivo da solo, e anche a livello psicologico non è semplice rimanere chiuso in casa per tanto tempo. Mi sembra di essere agli arresti domiciliari, o peggio ancora in isolamento al 41-bis”.
La nostra speranza è che dopo il nostro articolo di denuncia con l’intervista ad Antonio qualcosa possa smuoversi, mettendo fine ai disagi e alle problematiche dell’uomo.
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