Le foto (visibili al link) di Antonio Angri rendono giustizia a uno dei tesori della città: la Villa Augustea
Le strutture finora scoperte fanno parte di un ampio edificio romano, costruito nella prima età imperiale che continua a vivere fino al V secolo d.C., cambiando nel tempo carattere e funzione, fino all’eruzione vesuviana del 472 d.C., che lo seppellì per oltre la metà della sua altezza.
La scoperta, il primo scavo, e l’ipotesi della “Villa di Augusto”.
La scoperta dell’edificio avvenne intorno agli anni ’30, dopo il rinvenimento casuale di strutture murarie durante lavori agricoli. La ricerca archeologica cominciò grazie all’interessamento di Alberto Angrisani, dottore e farmacista di Somma Vesuviana, sotto la supervisione di Matteo Della Corte, suo caro amico e direttore degli scavi di Pompei. Lo scavo riportò alla luce una piccola parte delle strutture murarie e «colonne e capitelli di marmo, pavimenti in mosaico, bellissimi frammenti statuari di un personaggio in abito eroico, stucchi policromi».
Considerando la monumentalità dell’edificio e la sua ubicazione, si ipotizzò che la villa potesse essere la residenza dove morì l’imperatore Ottaviano Augusto, come ci tramandano alcuni autori latini. Nonostante il grande interesse del popolo di Somma, che inviò anche una richiesta di finanziamento a Mussolini per la prosecuzione dello scavo, non fu possibile andare avanti a causa della mancanza di fondi. Il nuovo scavo intrapreso dall’Università di Tokyo (dal 2002) Nel 2002 il gruppo dell’Università di Tokyo ha intrapreso un progetto multidisciplinare di ricerca, ricominciando lo scavo dell’edificio romano.
Il visitatore può oggi osservare i resti di un ambiente monumentale, costituito da un colonnato, due pareti decorate con nicchie, una serie di pilastri con arcate, e sul fondo, una parete con tre porte e due nicchie con stucco decorato. In questa zona il pavimento è in parte mosaicato, in parte in ‘cocciopesto’ (un impasto di malta e mattoni tritati). Ad ovest è stata individuata una stanza rettangolare, le cui pareti presentano numerose porte e finestre. L’ingresso sul lato sud in origine consentiva il passaggio ad altre zone, ma poi fu chiuso da un’abside, e successivamente murato. In una delle ultime fasi di vita l’ambiente era destinato alla produzione agricola, come testimonia il ritrovamento di una macina per grano e di semi di olive carbonizzate. Durante lo scavo del 2003 sono state rinvenute due statue (conservate presso il Museo Archeologico di Nola), una di una donna con abito greco (peplos), una, ricomposta da più frammenti, del dio Dioniso/Bacco con il capo coronato d’edera e un cucciolo di pantera in braccio.
A partire dal 2005 l’area di scavo è stata ampliata verso nord-est: questo settore è collegato al precedente con due gradinate. Fra queste vi sono una canaletta e due “cisterne/silos”. In una di queste, scavata nel 2008, è stato trovato il torso di un satiro in marmo. Su questa terrazza ci sono anche due ambienti absidati, la cui decorazione interna è ancora ben conservata. All’interno della grande abside si vede un fregio con Nereidi e Tritoni. Le pareti dell’abside più piccola sono decorate con un finto tendaggio, con piccoli dettagli interessanti, come due uccellini. Il pavimento è a mosaico con decorazione geometrica. Ad ovest di questo ambiente, durante la campagna 2008, è stata trovata una cella vinaria con numerosi contenitori per il vino (dolia). La datazione della fondazione dell’edificio, basata sui dati finora acquisiti, sembra smentire l’ipotesi tradizionale che identifica in questo sito la villa di Augusto. In ogni caso le strutture finora messe in luce sembrano relative ad un complesso di notevole estensione e prestigio, come attestato dalla monumentalità delle strutture evidenziate e dalla grande qualità architettonica.
Antonio Angri
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