Esiste legalità in un territorio dove un boss della camorra, coinvolto in diversi processi per omicidio, compreso quello di un bimbo di 3 anni, viene pianto come un uomo perbene?
A Sant’Anastasia e Somma Vesuviana sta accadendo in queste ore per Gerardo Perillo detto o’ cantiniere. Un nome, un soprannome, che per anni ha fatto tremare in tanti nel Vesuviano. Il suo era un potente clan alleato dei Panico e sempre pronto a spargere sangue per affermare il predominio sul territorio. È morto l’8 luglio in un ospedale piemontese dove era stato trasportato dalla cella in cui era detenuto a Torino.
S.Anastasia. Morto a Torino il boss Gerardo Perillo alias ‘O Canteniere
La notizia si è diffusa ieri. E i commenti sui social dei suoi concittadini (ma anche di alcuni di quelli che vivono nei paesi limitrofi) fanno venire i brividi. Una solidarietà accorata e parole che sono destinate ad accompagnare nell’ultimo viaggio uomini onesti. Condoglianze alla famiglia, quando anche il figlio sconta una pena all’ergastolo per omicidio. Condoglianze, solidarietà. Due concetti che non dovrebbero essere accomunati a chi ha scelto di vivere di camorra nella camorra. Eppure accade. Allora viene da chiedersi se nel territorio vesuviano non sarebbe il caso di affermare con più forza il concetto della legalità, della legge, dello Stato. Fa male leggere commenti del genere nel giorno del compleanno di Mimmo Beneventano, medico e consigliere comunale di Ottaviano ucciso dalla camorra a soli 32 anni perché si opponeva al potere criminale.
Oggi il compleanno di Beneventano, “Ucciso perché voleva una Ottaviano libera dal malaffare”
Pare proprio che nulla abbiamo imparato da sacrifici estremi come quello di Beneventano, Pasquale Cappuccio, Giancarlo Siani, e tanti altri se oggi siamo costretti a leggere commenti di elogio e amore per chi ha vissuto sporcandosi le mani di sangue.
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