venerdì 22 Novembre 2024
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Saviano – Ciro Cioffi presenta “Oltre la figura l’Infigurabile”

 

 

Venerdì, 2 dicembre 2022, presso il Palazzo Allocca di Saviano, corso Garibaldi 14, è stata ospitata la mostra dell’artista Ciro Cioffi, originario di Ottaviano, dal titolo “Oltre la figura l’infigurabile” che resterà aperta ai visitatori fino al 16 dicembre compreso.

L’evento è stato organizzato dalla Pro loco “Il campanile” di Saviano, curata da Carmine Ciccone, con il patrocinio del Comune di Saviano.

Al Vernissage sono convenuti tanti visitatori che hanno apprezzato le opere esposte e si sono intrattenuti con l’artista nel corso della serata per uno scambio intellettuale.

È intervenuto il sindaco di Saviano, Vincenzo Simonelli, per i saluti istituzionali, la vice presidente della pro loco Ausilia Iovinio, il musicista Pietro Muto che ha accompagnato la serata con il suo sassofono. In rappresentanza del Museo Civico D’Avanzo di Roccarainola c’è stato l’artista Federico Natale, accompagnato dalla giovane pittrice dello “Scarabocchio” Simona Giglio.

La presenza del filosofo Michele Ranieri è stata davvero preziosa perché ha spiegato l’arte postestetica di Ciro Cioffi, con una minuziosa ed esaustiva relazione, di cui ne riporto parte del testo:

Per nostra fortuna, da tempo ci siamo liberati dal pregiudizio culturale nei confronti dell’arte non figurativa. Il Novecento ha in questo senso rappresentato, seppur tra mille incomprensioni e difficoltà ricettive, una svolta ormai che si può considerare irreversibile. Inutile fare nomi che oramai sono noti anche al grande pubblico, e che anzi nel corso del tempo sono diventati familiari anche alle generazioni giovani, sempre più capaci di apprezzare la dimensione e la forza creativa emancipatrice che tale pittura, e in generale l’arte di questo tipo, contiene e comunica.

L’opera di Ciro Cioffi è in questo contesto non innovativo che si situa, crescente con consapevolezza e indiscutibile merito. C’è infatti consapevolezza nell’artista ottavianese di essere il fabbricatore, per così dire, di oggetti nuovi e ogni volta dotati di una carica emotiva, affettiva, diversa. Nella quale è possibile intuire la potente espressione della complessa vita che è all’origine della composizione e, al contempo, la volontà di superarne il carattere esclusivo soggettivo per poter, nell’ creato, incontrare l’altro, partecipare all’altro la verità del proprio sentire. L’oggetto creato.

In effetti, questo modo di esprimere può sembrare inadeguato per indicare un’opera d’arte.  Un’opera nella quale, poi, come è stato detto molto bene da coloro che hanno

commentato il lavoro di Cioffi, l’esplosione del colore e la dinamicità delle forme immaginate sembra molto spesso evocare l’incessante divenire del cosmo. Eppure, l’idea dell’oggetto ci sembra dire qualcosa di particolare sui suoi quadri in primo luogo, mette in evidenza la concentrazione in una cosa effettiva, in un più o meno maneggevole reperto di tutto il travaglio che lo precede e lo determina.

L’artista desidera l’oggetto come dimensione effettuale in cui si presenta, trasfigurata, la sua “mente” per adattarsi in relazione con quella altrui, altrettanto liberata, nel momento della  fruizione dell’opera, dai propri impacci e pregiudizi.

In secondo luogo, parlare di oggetto ci consenti di dire quella che a noi sembra la cifra peculiare del lavoro di Cioffi. Se quest’arte non figurativa, come ogni altra, non contiene cose, non contiene riferimenti al reale, è perché essa aspira a portare l’assenza in primo piano. L’oggetto insomma è pittura dell’assenza, del nulla, che necessariamente determina lo stupore nell’altro, e attraverso lo stupore il richiamo alla partecipazione a qualcosa di in-audito, nel vero senso della parola.

Paradossalmente, in questo dipingere il nulla l’arte di Cioffi diventa figurativa. Lo porta alla presenza. Noi sentiamo, dinnanzi ad essa e forse senza rendercene mai conto completo, questo avvento, lo percepiamo con la parte più esposta e disponibile di noi stessi. Cioffi trasforma l’assenza di cose nell’oggetto- assenza, rende in figura ciò che non ha figura, il nulla appunto. Che però attraverso questa operazione, o meglio come dicevamo poco sopra fabbricazione, diventa parte della realtà, si comunica al fruitore, che ne sente la presenza. L’emozione è pura perché non ha contenuto all’infuori di se stessa. Non è certo un caso se, anche di recente, poeti di valore hanno trovato una suggestione tanto forte nei lavori dell’artista ottavianese da provare a osare nuova e più inquieta attuazione all’oraziano ut pictura  poesia.  

L’opera di Cioffi si inscrive in questo modo, con questa particolarità, nella grande corrente dell’arte contemporanea. Essa infatti ne esprime con forza il superamento della idea di bellezza che all’arte era associata quasi per procura. A muovere il bisogno di espressione del nostro non è infatti il muovere di compiacere e rassicurare il gusto medio delle persone, ma al contrario quello di metterlo fuori dai tracciati consueti, per fargli sentire quel che lui stesso ha trasformato il nulla, questa dimensione altra delle cose, in oggetto colorato, in oggetto visibile.

Se in generale l’arte di consumo prova a far chiudere gli occhi al pubblico, cioè lo tranquillizza, l’arte di Cioffi è di quelle, invece, che provano a tenerli spalancati sul mistero del reale. Può essere una cosa dura, ma è l’unica cosa giusta che si possa fare oggi.

Abbiamo intervistato l’artista che  ci ha aperto il suo mondo emozionale, attraverso i suoi quadri, posizionati non a caso, in un certo ordine. Ci è sembrato di entrare nella sua anima, in punta di piedi, per cogliere con occhio discreto, quello che muove le sue pennellate, il pathos interiore, la sua grande carica energetica che si fonde e sprigiona completamente dai suoi quadri, che eruttano eros ed emozioni forti, come sono intensi e carichi i rossi e i neri del nostro vulcano. Ma i quadri di Ciro Cioffi parlano di incontro e plasmabilità di materie, come il bitume, e tele grezze sulle quali imprimere i colori del Marocco.

L’artista non parla di bellezza, perché è sempre soggettiva, ma cerca di cogliere e fermare sulle tele le sue emozioni, che saranno poi trasformate dalle emozioni di chi osserva e riesce a trovare in un insieme di tracce colorate, un senso di appartenenza e del conosciuto, per trasformare, appunto, dall’infigurabile nuovamente la materia ricercata.

 

Vi auguriamo una buona visione della video intervista allegata.

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