mercoledì 27 Novembre 2024
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Sant’Anastasia:SICUREZZA, 11 APRILE 1975: LA GIORNATA DELLA MEMORIA VITTIME DELLA FLOBERT

SANT’ANASTASIA. «Eravamo ormai al venerdì – l’11 aprile – e i duecentomila
proiettili erano stati prodotti. L’orologio mi segnava le tredici e
ventiquattro, un’ora ancora di lavoro e avremmo terminato tutta l’opera». Sono
i tragici momenti che precedono il primo scoppio nella fabbrica di giocattoli,
la Flobert di Sant’Anastasia, ubicata in contrada Romani. I proprietari avevano
allestito «dietro i capannoni ufficiali (una baracca, ndr) dove lavoravano
altri operai» per la confezione di proiettili. Siamo nel 1975. La voce
narrante è quella di Ciro Liguoro, allora 24enne, unico superstite dell’
incidente che provocò la morte di 12 persone. L’ultima vittima è stata trovata
solo dopo un anno: «l’hanno scoperta i bambini che giocavano, hanno visto il
teschio lì sotto..». Nell’occasione dell’anniversario, lunedì 11 aprile 2011,
il Comune di Sant’Anastasia e l’Associazione socio-culturale Gio.Ve (Giovani
Vesuviani) promuovono la “Giornata della Memoria vittime della Flobert” per non
dimenticare «quella orribile tragedia» che diventa di attualità per il numero
ancora troppo elevato di morti bianche. «Il lavoro come la vita sono diritti
che devono andare di pari passo -afferma il presidente dell’associazione Enzo
Rea- Il ricordo dei 12 operai ci offre l’occasione per non abbassare la
guardia sul delicato tema della sicurezza nei luoghi di lavoro. Devo dire che
l’dea è stata appoggiata in pieno dal sindaco Carmine Esposito che,
attraverso il suo staff, ci ha aiutato concretamente a realizzare l’
iniziativa». Il programma della giornata si svilupperà in tre fasi. Alle ore
11:00 è prevista la celebrazione liturgica nel cimitero comunale, davanti al
“Monumento dei Caduti”, dove saranno presenti con Ciro Liguoro rappresentanti
delle istituzioni cittadine, amici e parenti delle vittime. Seguirà alle ore
16.00 presso l’Aula Consiliare di palazzo Siano il convegno dal titolo: “Io
lavoro in sicurezza. E tu? Difendiamo insieme il nostro diritto alla vita”!
Hanno assicurato la loro partecipazione il segretario regionale della Uil, Anna
Rea, e i rappresentanti delle altre principali sigle sindacali, Cgil e Cisl; le
associazioni di categoria: Antonio Sbrescia per Confcommercio; Enrico
Inferrera, presidente di Confartigianato; Luigi Schiavo in rappresentanza di
Confesercenti e Ascom. A partire dalle ore 20.30 in Piazza Madonna dell’Arco
lo spettacolo “Mai più…” concluderà la giornata del ricordo. Partecipano: il
“Gruppo Operaio” (ex Zezi, autori di un testo sullo scoppio della “Flobert”),
la giovane band “Doppio Taglio” e il cantautore anastasiano Ciro Corcione. L’
attore Vincenzo Arena della compagnia “Anormali da Palcoscenico” reciterà un
breve monologo in memoria dei caduti. «Quest’anno -spiega Lello Abete,
presidente del consiglio comunale- la rievocazione dell’11 Aprile si inserisce
nella cornice degli eventi del Bicentenario in corso fino al 2 giugno. Infatti,
il ricordo di questa drammatica vicenda è ancora vivo nella nostra comunità. Io
stesso -prosegue- benché molto giovane all’epoca dei fatti, ne ho una
percezione straziante. Per questo motivo non potevamo non ricordare quei
giorni terribili di lutto durante i quali il paese si fermò annichilito». Al
cordoglio si unisce la voce di Franco Rea e Giustina Maione, entrambi
consiglieri comunali che, insieme ad Abete, hanno contribuito alla
realizzazione della giornata del ricordo. «La nostra solidarietà è
incondizionata». «Sarà compito della pubblica amministrazione vigilare su tutte
le problematiche che riguardano il lavoro» aggiungono Rea e Maione.

La testimonianza di Ciro Liguoro
Dalla baracca arriva la prima deflagrazione: vi sono tredici operai, quasi
tutti giovani, d’età compresa tra i venti e i quarantadue anni. Vengono
scaraventati fino a cento metri dal luogo dell’esplosione. Provengono da Sant’
Anastasia e da molti altri comuni vesuviani: Pollena Trocchia, Pomigliano d’
Arco, Cercola, Somma Vesuviana, S. Sebastiano al Vesuvio, Portici. Dieci di
loro avevano iniziato a lavorare solo da due settimane. «Purtroppo (..) –
rievoca Liguoro nella testimonianza riportata dall’etnomusicologo Roberto De
Simone nel libro Votum curato dal priore del Santuario di Madonna dell’Arco –
in uno sfregamento avvenuto mentre io porgevo a Savarese le palette e lui le
batteva, s’è sprigionata una scintilla che non è andata a vuoto, ma ha fatto
scattare una fiammata fulminea,(..) ho avuto appena il tempo di alzare la mano
sinistra sulla faccia,(..) e po’ mi sono trovato sotto le macerie perché è
seguita un’esplosione tremenda: è crollato il soffitto, tutti gridavano, tutti
ancora vivi secondo me, tant’è vero che io sono capitato nelle macerie sopra
tutti gli altri. Sotto di me c’erano Giovanni e tre o quattro compagni che
gridavano, imprecavano, si lamentavano, chi chiamava la mamma, chi la moglie,
chi nominava i figli, chi mi diceva «mi fa male il ginocchio», «sto morendo»,
«aiutatemi», tutto un accavallarsi di invocazioni, di gemiti, che mi arrivavano
da ogni parte, e siamo rimasti in questa condizione per quattro, cinque minuti,
dopo di che, per la quantità di materiali pirotecnici depositati accanto,
azzeccati incoscientemente al capannone, scatole di proiettili e sostanze
esplosive, tutto saltò in aria con un boato molto più devastante, uno
sprigionarsi di fiamme, e quegli operai vicino alla parete divisoria, cioè alle
vetrate munite di una rete metallica, rimasero intrappolati lì dentro, e sono
morti bruciati, so’ stati arsi e si sentivano gli urli dei bruciati vivi. Noi
che stavamo in un’altra posizione non siamo stati toccati dalle fiamme, ma c’
era cascato altro materiale addosso. A quel punto…,scusate se mi fermo un
momento (…), le grida non più dall’esterno, ma di pochi superstiti, più
soffocate, debolmente attutite – la maggioranza fuori erano già morti – quelle
che sentivo erano le voci degli amici che stavano sotto di me: piangevano,
imploravano soccorso, fino a un certo punto, quando poi non li ho più sentiti,
o saranno svenuti o già erano morti, non lo so. Si fece silenzio, tutto buio,
non si vedeva niente».. (da Votum, aprile 2009)

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