venerdì 22 Novembre 2024
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Raffaele Ceriello, regista di “Per errore” racconta i suoi progetti

Raffaele Ceriello giovane regista e sceneggiatore campano sin dall’età di 13 anni ha coltivato la sua passione per il cinema.

Ha redatto documentari e reportage per la regione Campania, dopo “Mio cugino”, torna sul set con un progetto ancora in itinere. Sabato 14 gennaio sono infatti cominciate le riprese del nuovo cortometraggio intitolato “Per errore” tratto dalla storia vera della tragica morte di Lino Romano, giovane operaio ucciso con 17 colpi di pistola per scambio di persona nella sera del 15 ottobre 2012 a Marianella.

Tematiche estremamente attuali quindi, per un progetto finalizzato a divulgare un chiaro messaggio di lotta all’illegalità. Le riprese sono state ospitate dalla Fondazione Famiglia Maria di San Giovanni a Teduccio, in cui nel contempo il regista sta tenendo dei corsi per un laboratorio di scrittura e cinema con una classe di 18 bambini dai 7 ai 15 anni. Gli alunni sono stati portati direttamente sulla scena per avere la possibilità di venire a contatto in maniera ravvicinata con “i ferri del mestiere”. Osservare in maniera pragmatica come funziona la macchina produttiva e cinematografica, tra laboratori di trucco, fotografia, regia, prima di divenire loro stessi artefici della nuova sceneggiatura che avranno il compito di redigere e girare alla fine del corso.

La proviancioline ha dialogato con Raffele Ceriello per mettere meglio a fuoco la sua attività tra cinema e tematiche sociali.

Perché hai scelto di trattare proprio di questa vicenda e della tragica storia di questo ragazzo? E da cosa nasce il tuo interesse e la tua sensibilità verso tematiche così drammaticamente attuali?

Mi sono ispirato alla vicenda di Lino Romano perché è diventato un esempio per me, proprio per la tematica molto attuale: purtroppo a Napoli si continua a sparare. Da questo personaggio è scaturita una forza empatica molto forte perché Lino era un mio coetaneo. Ho già ho raccontato in passato nel mio “corto” come sia possibile che nel contesto di Napoli e provincia, in una notte tranquilla, ti vengano a bussare alla porta e improvvisamente ti venga stravolta l’esistenza. In questo caso però ho voluto raccontato soprattutto il dolore di due madri, una della vittima, l’altra del killer e le ho fatte incontrare.

Quindi le hai voluto far incontrare nella finzione cinematografica dando vita ai loro parole al loro dolore, attraverso quale espediente tecnico-narrativo?

Creando l’espediente del colloquio scolastico: la madre della vittima è la professoressa che attende la madre di Ciro, ma poi scoprirà che a presentarsi al colloquio non sarà la madre di Ciro il suo alunno, bensì di Ciro, il killer che ha ammazzato suo figlio.

Hai già avuto esperienze di insegnamento con i ragazzini?

Si, in passato ma, questa è per me un’ esperienza più forte, perché si tratta di un contesto particolare, sono a contatto con ragazzini che hanno moltissime domande a cui cercano risposte. Per me è un successo riuscire a farli stare seduti a scrivere, inizialmente non l’avrei immaginato che potessero dedicarsi a riflettere su argomenti che necessitano di così tanta attenzione.

In cosa consiste precisamente il corso che stai tenendo presso la fondazione con i tuoi alunni?

Nella scrittura di un sceneggiatura che realizzeranno alla fine del corso in prima persona, dalla regia ai costumi, alla scenografia, al trucco.

Qual è stato il tuo approccio verso questi bambini di cui alcuni vivono condizioni di svantaggio? Come sei riuscito a farli interessare al laboratorio?

Ho avuto la fortuna di averli già conosciuti quando ho girato il mio cortometraggio alla fondazione. Già sapevano del mio lavoro, e sono stati incuriositi tantissimo da tutto quello che c’è dietro la realizzazione di un film. Sin da subito mi hanno fatto molte domande sia sulla realizzazione sia sulla fase di scrittura e si sono mostrati estremamente curiosi, da quel momento è nata l’idea del corso, perché sono stati loro a chiederlo esplicitamente oltre che la presidente.

Qualcuno di essi sta partecipando al tuo “corto”?

Si. Ci sarà eccezionalmente sullo schermo la presenza di Francesco, un bambino del mio corso in cui sin da subito, appena l’ho conosciuto, ho visto nei suoi occhi una forza tale da ispirare in me un personaggio del “corto”.

In merito ai tuoi modelli di riferimento e alla tua poetica, ci sono influenze del neorealismo?

Sicuramente mi ispiro alla tradizione neorealista italiana, il mio approccio verso una visione della realtà senza filtri con un’attenzione particolare al contesto proletario e povero.

Quali sono i registi di riferimento e per quali aspetti in particolare?

Sergio Leone, Marco Tullio Giordana e Matteo Garrone.

Leone per i primi piano, per la regia. Garrone e Giordana invece sicuramente la predilezione verso personaggi sconfitti e con una forza interiore travolgente.

A cosa è dovuta invece la scena del “piano sequenza” e in quali parti del film l’hai utilizzata?

La scelta è dovuta al fatto che ho immaginato i due personaggi femminili come due danzatrici, in lotta come due donne che fanno la scherma. Ho immaginato questa parte centrale con un impianto teatrale, una regia tutta di pancia e tutta giocata sulle sensazioni della macchina in quel momento. Inoltre, ho dato delle direttive precise per le riprese poiché non volevo che le attrici fossero limitate ma volevo lasciarle libere sulla scena.

In merito al personaggio di Ciro, il killer che nel tuo corto è un ragazzo, a cosa hai attinto?

Non mi sono ispirato al killer di Lino Romano ma ai ragazzi dei quartieri che girano con i motorini e sparano all’impazzata i cosiddetti ”moschilli”.

Veniamo ai tuo progetti futuri, è in uscita per la fine di gennaio una tua raccolta di racconti e poesie ma le tematiche sociali tornano nel tuo nuovo laboratorio di scrittura letteraria. Qual è il titolo del volume?

Sta per uscire una raccolta di poesie e 4 racconti brevi, dal titolo“Qualche volta eri felice” tratto dalla canzone di Piero Ciampi.

Quali sono i modelli letterari a cui ti ispiri e in particolare a quale opera? E chi sono i personaggi della tua raccolta?

Un autore al quale mi sono ispirato a livello narrativo autore a cui mi sono ispirato a Peppe Lanzetta perché racconta il sottoproletariato affascinante della Napoli est, Ponticelli, ragazzi di borgata, in particolare a Messico napoletano.

Racconto di personaggi disperati, perversi nella loro sete di arrivismo che fuggono dalla felicità, cercano in tutti i modi di raggiungerla nonostante si trovino in un contesto molto avverso. Che si abbracciano nella loro fragilità che li unisce,trovando in questa loro debolezza, il loro grande punto di forza.trovando in questa loro debolezza, il loro grande punto di forza.           

 

 

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Rosa Auriemma
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Ha conseguito la laurea triennale in Lettere e Magistrale in Filologia Moderna presso L'università degli studi di Napoli "Federico II" con il massimo dei voti, discutendo una tesi in Storia della lingua italiana su un autore napoletano secentesco. Sin da piccola ha coltivato la passione per la scrittura e il giornalismo. Appassionata di linguistica e dialettologia, per scopi di ricerca ha fondato un blog tematico "La Lingua Langue", corredato da canale youtube al fine di divulgare contenuti multimediali e multiculturali.

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