Somma Vesuviana. Diamo voce alla testimonianza di una donna, madre e lavoratrice, attualmente positiva al COVID-19, di una mancata comunicazione tra lei e il suo medico di famiglia; tanto da essere “stata costretta a cambiare medico, anche psicologicamente non mi ha aiutato tanto.
Positiva e sintomatica dal 22 ottobre, chiama il medico per far partire la richiesta di tampone perché in contatto con dei casi positivi; dopo una breve cura di qualche giorno suggerita dal medico decide di fare il tampone molecolare privatamente e la stessa sera le arriva il risultato di positività. Dopo diversi tentativi telefonici al medico, senza risposta, si rivolge ad un altro medico perché di base ha un’altra patologia e segue ciò che le è stato consigliato.
Successivamente il medico in questione le risponde facendo partire le richieste per tutta la famiglia; più volte ha ribadito il suo malessere e le non risposte da parte del medico.
Nei giorni successivi scrive al medico senza ricevere risposta ne a messaggi ne a chiamate; dopo tutto questo gli scrive “Buongiorno, grazie per l’assistenza che mi state dando, capisco che è impegnato, ma non si trattano i pazienti così, tra l’altro con patologie gravi (asma)” ricevendo come risposta un messaggio dove spiega che non è la sola in questa emergenza, che ognuno di loro lavora più di 12 ore al giorno e che se non la soddisfaceva poteva cambiare medico; la donna manda, infine un vocale dicendo “adesso faccio lo screenshot lo mando al sindaco e lo mando anche ai carabinieri, vi denuncio” senza ricevere risposta.
Il marito della donna continua a mantenere comunicazione con il medico; in data del 16 novembre la signora continua a non sentirsi bene e il medico le dice che le darà solo altri 3 giorni di malattia, senza voler sapere più nulla. In seguito alla telefonata la donna manda un messaggio al medico scrivendo “Dottore mio marito mi ha riferito la telefonata che oltre tre giorni di malattia non me ne può prescrivere più, nonostante oggi ho fatto il tampone di controllo non sto ancora bene, sono allettata, con crampi alle gambe, tosse, asma e tachicardia e nonostante la positività dei miei figli, mi dá il consenso di poter riprendere il lavoro? Quindi tra tre giorni verrò fisicamente allo studio, nonostante io non stia bene, a farmi visitare e accertare che io possa andare anche a lavoro. Buona serata” , dopo questo messaggio viene rinnovata la malattia, ma il 23 novembre scade di nuovo, lo richiamano senza risposta è infine mandano un messaggio per il prolungamento, ma il medico risponde che da normativa, dopo 21 giorni, si interrompe isolamento anche con tampone positivo, ma il problema posto è che la donna risulta ancora con sintomi, 37.3 di temperatura, 88 ossigenazione più crampi a gambe e braccia.Il medico si presenta a casa della donna mettendo in dubbio la realtà dei sintomi dicendo “non si può mai sapere”; prescrizione di altri 3 giorni di malattia con tampone privato, la donna riporta testuali parole del medico “se mi vuoi venire incontro lo fai in privato”.
Alla fine la donna ha deciso di cambiare medico, però ci tiene a dire che “ci sono dei medici di Somma che chiamano i loro pazienti, giorno per giorno, per sapere come stavano e lui invece nemmeno una risposta quindi la differenza tra chi è premuroso e chiama e chi è disinteressato”.
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