Pomigliano d’Arco. ”Se non troviamo l’accordo sono disposto a non
investire”. Lo ha detto l’Ad di Fiat Sergio Marchionne che è tornato a
“minacciare” il sindacato sulla necessità di trovare un accordo sulla
flessibilità del lavoro per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco.
Insomma se nel giorno dell’Investor day il futuro della fabbrica
“Gianbattista Vico” sembrava roseo, l’indomani le acque tornano ad
agitarsi. “A Pomigliano bisogna chiudere e se non si chiude
l’investimento non parte”, ha ripetuto Marchionne riferendosi ad
un’intesa. L’Ad fa il braccio di ferro con la Fiom, che per il momento
è l’unica ad essersi opposta ad un Piano che reputa senza giuste
condizioni. E alla domanda se sia disposto a chiudere il pacchetto
pronto e confezionato per Pomigliano, anche senza la Cgil, si limita a
rispondere: “La cosa importante è trovare l’accordo. Senza l’accordo
non si possono fare gli investimenti: ci sono 700 milioni che stanno
aspettando che qualcuno decida di mettersi d’accordo”. Un tono acceso,
quello di Marchionne, che ha suscitato polemiche anche dal mondo
politico. “No ad accordi obbligati e a toni di `ricattò sulla pelle
dei lavoratori”. E’ quanto afferma il vice presidente uscente del
Consiglio Regionale della Campania, Salvatore Ronghi (Mpa), secondo il
quale “il piano industriale presentato da Fiat sembra promettere bene
per quanto riguarda il rilancio della produzione, con particolare
riferimento agli stabilimenti italiani e di Pomigliano D’Arco, ma il
Lingotto deve impegnarsi a garantire la certezza e le condizioni di
lavoro degli operai”. L’esponente del centro destra sottolinea:
“Condivido le perplessità espresse dai sindacati e dai lavoratori
circa l’ipotesi di eccessiva flessibilità del lavoro che il piano
potrebbe comportare e auspico che il neo presidente Fiat e i vertici
amministrativi proseguano il confronto con il sindacato con
l’obiettivo di valorizzare la produzione, ma garantendo il
mantenimento dei livelli occupazionali e delle condizioni di lavoro”.
Nel frattempo tra le tute blu del “Vico” sembra esserci ottimismo, il
piano industriale che per il momento detta solo condizioni, ma nessuna
grande certezza, appare ancora manna dal cielo per gli operai stanchi
ed assuefatti dalla Cig. Una vicenda che potrebbe intitolarsi Nuova
Panda tra miraggio e realtà. “Stanchi di stare a casa”: E’ così che i
metalmeccanici commentano il piano, alla luce di quanto appreso da
giornali e sindacalisti.Lo spiega, ad esempio, Nunzio Palmese, 33
anni: “Vogliamo dimostrare che il nostro è davvero uno stabilimento di
eccellenza e farlo diventare ‘pilota’ nel progetto generale della
Fiat. Siamo stufi di restare a casa, in quanto non è vero che i
lavoratori del Giambattista Vico non hanno voglia di far nulla, e
vinceremo la sfida che ci ha lanciato la Fiat”. Qualche perplessità
viene avanzata, invece, da parte di alcuni operai sulla flessibilità.
“Il piano è sicuramente positivo per noi operai – spiega Gennaro
Liguori, 36 anni – e speriamo che ci riporti alla ribalta delle
produzioni di eccellenza, come è stato in passato. Ma crediamo anche
che i sindacati possano trovare margini di trattativa sulla
flessibilità chiesta dall’azienda, e per far ottenere ai lavoratori
qualche incentivo salariale in più”. Ma non mancano coloro i quali non
vedono in maniera positiva il “pacco Marchionne”. Intravedono la vena
del ricatto da parte di Fiat e il tutto sembra far calare il velo del
malinconico su tutta la vicenda. “Quello illustrato da Marchionne –
afferma Giuseppe Di Lorenzo, 29 anni – è un piano capestro, in quanto
o accettiamo quello che viene posto sul tavolo, o torniamo tutti a
casa. Ci sembra che ad essere tutelati, al momento, non siano gli
interessi dei lavoratori, ma solo quelli dell’azienda”. Un giudizio
positivo al Piano arriva dal presidente dell’Unione degli Industriali
di Napoli, Gianni Lettieri. “Il Piano Fiat per l’impianto di
Pomigliano d’Arco”, ha detto, “rappresenta un impegno concreto per il
rilancio e il consolidamento di una delle più importanti realtà
produttive della Campania e di tutto il Mezzogiorno. “Perdere questa
opportunità equivarrebbe a dire addio alla possibilità di mantenere
gli attuali livelli occupazionali e a sfruttare le ricadute positive
in termini di sviluppo per tutto l’indotto. L’intenzione di
concentrare la produzione della Panda, con la previsione di 250 mila
vetture l’anno entro il 2014, si tradurrà in un maxi investimento in
innovazioni tecnologiche e impiantistiche – ha continuato il
presidente dell’Unione Industriali – che faranno dello stabilimento di
Pomigliano un polo produttivo di eccellenza, nonché un modello di
riferimento per tutte le aziende del settore auto motive. In un quadro
contraddistinto da una crisi economica largamente diffusa occorre
prendere esempio da quanto succede all’estero, dove, proprio in questo
momento si stanno effettuando grandi sforzi per la realizzazione di
investimenti produttivi capaci di invertire la tendenza in atto”.
E conclude: “La sfida lanciata dalla casa di Torino è accolta e
sostenuta attivamente da tutta l’Unione industriale di Napoli”.
Isabella Esposito
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