Pomigliano d’Arco. Le strade di Pomigliano si sono riempite di cori, musica, interventi amplificati da microfoni e megafoni. Dietro c’erano i sindacalisti e lavoratori aderenti alla FIOM, CGIL, UdS, gli iscritti di Rifondazione, qualche bandiera di Sinistra Ecologia e Libertà, gli studenti medi delle scuole di Pomigliano, tutti a riempire la piazza organizzata dalla FIOM per lo sciopero generale. Ma c’erano anche i Cobas, i movimenti per la difesa dell’ambiente, da Terzigno alla Val di Susa, i Carc, gli Operatori sociali, gli studenti autorganizzati medi e universitari di Napoli, che hanno costruito una piazza “dei movimenti sociali”. I due spezzoni sono partiti separatamente, per poi congiungersi durante il percorso e per poi dividersi ancora sul finale, che per la FIOM è stato in piazza Primavera e per Cobas e movimenti sociali all’entrata della villa comunale. La differenziazione dei due spezzoni non è di sicuro riconducibile a “faide tra bande”, ma è sintomo di sostanziali divergenze politiche. “La FIOM sta subendo un forte attacco, ma non dimentichiamo che è lo stesso che da più di 10 anni subiamo noi, sindacati di base.” –afferma in merito Tullio Coppola del Cobas- “Siamo qui per difendere la democrazia sindacale, i diritti sindacali di tutti. Oggi è stato dato un segnale positivo, il segnale che la vertenza FIAT, l’accordo di Mirafiori riguardano tutti i lavoratori, non solo i metalmeccanici, riguardano gli studenti e infatti eravamo qui, insieme, a protestare. È proprio per questo che tenteremo di costruire un reale sciopero generale, che quindi inglobi tutte le categorie e che sia costruito dal basso, magari concentrato a Roma”. Anche uno studente si esprime in merito a questa diversa caratterizzazione della giornata: “Noi siamo con i lavoratori, non con la FIOM. O meglio, siamo con la FIOM in quanto sindacato momentaneamente sotto attacco, ma non dimentichiamo il fatto che si sia dissociata dal movimento studentesco in merito al 14 dicembre, giorno che vide l’espressione di una rabbia e insoddisfazione ormai insostenibili.”.
Maria Celeste Annunziata
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