sabato 21 Settembre 2024
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Ottaviano. A 31 anni dalla morte, il ricordo di Mimmo Beneventano, per noi della Provinciaonline è tra le pagine di quei libri “scandalo di verità”

Fino a quando non hanno ucciso Mimmo Beneventano, la camorra non ci interessava, poi quando vedi che ti uccidono un amico, le cose cambiano”. Era il 7 novembre del 1980 ed io ancora non ero nata. Forse ero nei progetti e nei desideri dei miei genitori, ma ancora non conoscevo cosa fosse la vita. Ignoravo che fuori da quel grembo materno, avrei trovato la luce si, ma anche il buio. Eppure inevitabilmente, senza chiederlo, due anni dopo sono nata, e da quel momento ho dovuto ereditare da cittadina ottavianese ( e da giornalista) questa irragionevole ed inaccettabile storia. La storia di un uomo si, ma che fu martire a causa delle sue idee. “Mimmo era una persona eccezionale, di una bontà straordinaria, e l’hanno ucciso. Qualcuno di loro ha fatto il discorso “ci dividono il potere” e questo è sbagliato. In questo senso io la camorra non la condivido. La lotta alla camorra va fatta, ma non per non metterci niente al posto. Mimmo è una vittima, ma chi l’ha ucciso è un’altra vittima”. Le ho lette e rilette mille volte quelle parole, ho sottolineato in rosso le parti più crude, quelle che di solito mi piace portare sempre con me, e in blu, quelle che raccontano quegli anni “di piombo”. Sono parte integrante di un libro, pubblicato nel gennaio del 1983. A scriverlo, fu Luca Rossi, giornalista milanese. Arrivo’ ad Ottaviano per raccontare quegli anni di camorra, ma la sua raccolta di notizie gli permise di non limitarsi ad un solo pezzo, ma alla stesura un libro, il suo primo libro. Titolava “ Un mese a Ottaviano, il paese in cui la vita di un uomo non vale nulla”. Le testimonianze che raccolse gli lasciarono il segno, e lo lasciarono anche a chi, si vide diventare protagonista del suo manoscritto. Quel librò ando’ a ruba. Nessuna copia oggi è in vendita ma chi ha la fortuna di aver sempre amato e rispettato la propria terra non può non custodirne una gelosamente. In quel libro, la verità porta nomi e cognomi, la camorra e i camorristi, portano nome e cognomi, i delitti, gli agguati portano nomi e cognomi. E in quelle pagine che io per la prima volta ho letto qualcosa di diverso su Mimmo Beneventano, a raccontarlo fu una studentessa di 20 anni, un’amica di Mimmo “ La differenza tra il camorrista e il politico dei nostri paesi è che il camorrista, quando ruba, te lo dice in faccia. Sai che cosa ha detto la madre di Mimmo dopo che l’avevano ucciso? Ha detto “non auguro nemmeno a chi l’ha ucciso di provare quello che provo io. Hanno da campà felici pure loro. Io ho sofferto per Mimmo, e anche per gli altri. Ma il problema sai quando sorge? Quando sei contro. Anch’io posso essere contro, ma allora c’è l’altro problema. Rifiuti certe idee, ma te ne servi a livello pratico, di azione. La gente deve difendersi. Allora io non condivido, ma devo difendermi e per difendermi uso quello che non condivido”. Mimmo Beneventano era un medico e consigliere comunale del Pci, aveva 32 anni e la sua morte rappresentò il primo delitto di camorra nei confronti di un esponente politico comunista. Due anni prima, sempre ad Ottaviano, era stato ammazzato l’avvocato Pasquale Cappuccio del Psi, che assieme a Mimmo svolgeva una dura e incisiva opposizione in consiglio comunale. Poco tempo prima il pretore Morgigni era sfuggito ad un attentato mortale, e sei mesi dopo l’assassinio di Beneventano il segretario della sezione del Pci di Ottaviano, Raffaele La Pietra, riusciva miracolosamente a salvare la vita dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola in un agguato, fu costretto ad andare via dal paese con tutta la famiglia emigrando al Nord “Mimmo Beneventano è uscito di casa alle sette meno un quarto, ha posato la borsa sul sedile della sua Simca verde perché la portiera anteriore era bloccata e bisognava sempre aprirla dall’interno. Non ha visto che una 128 blu si è mossa lungo via Crocerossa. Era voltato. – Dottore – gli hanno detto da dentro alla macchina. Solo dottore, hanno detto. Beneventano si è girato, e i proiettili gli hanno passato la gola ed il cervello. A terra ha aperto due volte la bocca e ha fatto un gesto, come per slacciarsi la cravatta”. Un’ immagine che dieci, cento, mille volte noi ottavianesi rivediamo simbolicamente davanti ai nostri occhi. La morte di un uomo, il sacrificio per un ideale di verità, per principi di trasparenza che puntualmente rimangono, ancora oggi utopia. Ma a cosa è servita davvero la morte di Mimmo? Nemmeno Rossi se lo sa spiegare quando chiude il capitolo e ricorda la passione musicale di Mimmo per le canzoni di Fabrizio De Andrè “La partecipazione a lutto di Mimmo Beneventano è un foglietto color crema, con una foto e un pezzo di una vecchia canzone di De Andrè “Dio di misericordia, il tuo bel paradiso, l’hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso, per quelli che hanno vissuto con la coscienza pura, l’inferno esiste solo per chi ne ha paura”. Ho 29 anni, e mi chiedo ancora: a cosa è servita la morte di Mimmo Beneventano? Lo chiedo a voi, ma forse dovremmo chiedercelo tutti. Mimmo, come Peppino Impastato a Cinisi, non aveva accettato che a Ottaviano fosse negato il diritto elementare alla parola e al dissenso. “Confidiamo nella giustizia e nelle forze dell’ordine” commentarono i familiari all’epoca. Ma gli assassini di Mimmo Beneventano e Pasquale Cappuccio (e gli attentatori di Raffaele La Pietra) non hanno ancora pagato i loro crimini, e su quelle storie di autentica “resistenza civile” che ci furono a Ottaviano da parte di una generazione di sinistra è calato il silenzio, interrotto da un altro bellissimo libro di Bruno Arpaia “Il passato davanti a noi”, dal libro di Raffaele Sardo sulle vittime innocenti della criminalità, e dalle attività della fondazione che porta il nome di Mimmo Beneventano. “Fu una ferita tremenda, tutto il paese stava in lacrime. Perchè Mimmo gli volevano bene. Al funerale tutti piangevano dietro ai vetri, ma non scendevano in strada“. Cosi conclude Rossi, ma forse qualcosa da quel maledetto giorno è cambiato: in strada per Mimmo ora scendono tutti, perchè ricordare uomini e persone perbene coem lui non è un atto dovuto, ma una responsabilità, è un fatto di coscienza, di esempio, un appello che porta il nome di “Legalità”.

Domani mattina, (7 Novembre, anniversario della sua morte), una serie di manifestazioni verranno messe in campo proprio dalla Fondazione Mimmo Beneventano, con numerosi partner come Legambiente, Sloow Food, Libera, il circolo didattico che porta il suo nome, l’ente Parco, e il Parco della Lucania, il Comune di Ottaviano, la Fondazione Polis e molte altre. Si partirà alle 9,00 con studenti delle scuole che racconteranno, disegneranno e attraverso laboratori di gruppo scopriranno la figura di Mimmo Beneventano, alle 10,30 al Palazzo del Principe: grazie alla disponibilità dell’ Ente Parco nazionale del Vesuvio i volontari di Legambiente, insieme ai rappresentanti della Rete dei comitati vesuviani antidiscarica, Slow Food, CSV e Libera, cureranno la messa a dimora di essenze vegetali negli “Orti di legalità” e negli spazi aperti del “Parco della Memoria e dell’impegno civile”. Alle 18,00 invece presso il Circolo “A. Diaz”, Piazza S. Lorenzo: il Presidente del Circolo, prof.
Francesco D’Ascoli e la prof.ssa Liliana Summo Borriello presenteranno il libro di poesie di Geppina Casillo “L’Albero rosa. Trucioli di speranza e di malinconia” . La manifestazione si concluderà alle ore 20.00 presso il luogo dell’agguato camorristico in via Domenico Beneventano, con una fiaccolata.

Non manchiamo, partecipare è un dovere, un obbligo morale e civile

Giovanna Salvati

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