Nato a Lizzano (Ta), Mimmo forgia la sua vena artistica trasferendosi prima a Torino, poi a Roma. Il suo esordio è del 1980 con l’album ‘Siamo Meridionali’ che rappresenta un modo nuovo, soprattutto vitale, di parlare del Sud. La particolarità della sua musica e dei suoi testi, una miscela di rock ironico e graffiante unito a ballate dolcissime, ne fa subito un cantautore originale. In seguito vengono pubblicati ‘Uh mammà’ e ‘Stancami stancami musica’. Scrive con Enzo Biagi ‘Ma che storia è questa’ ed è autore di canzoni cantate da Mia Martini, Ornella Vanoni, Fiorella Mannoia e Gianni Morandi. Dopo qualche anno di silenzio dovuto alla rottura verso un “certo mondo discografico” incide ‘Non voglio essere uno spirito’. L’ultimo suo disco è l’autobiografico ‘L’incantautore’.
Nel corso della tua carriera sei stato accostato a Rino Gaetano e Giorgio Gaber. In che misura questi grandi artisti hanno influenzato le tue scelte e i tuoi gusti musicali?
Cercando di rispondere in maniera più esplicita e sincera (evitando estetica e diplomazia) ti dirò che gli accostamenti ad altri artisti sono stati molto più numerosi. Oltre a Rino Gaetano e Giorgio Gaber ricordo di essere stato accostato a Edoardo Bennato, per esempio.
Credo però che questo sia un peccato veniale che commettiamo un po’ tutti di fronte alla novità, abbiamo bisogno di comprendere il nuovo, di incasellarlo, di mettergli una cornice attorno e inconsciamente, riconducendolo al nostro vissuto, operiamo certi accostamenti. Nello specifico penso di avere di Rino Gaetano l’ironia e un certo “catrame” in gola, nella voce. Per altro il sociale di Gaber e certe sue dolcissime ballate mi hanno sicuramente influenzato.
Da piccolo amavo la canzone napoletana (quella storica) il primo rock, Carosone, Modugno, insomma quello che la radio trasmetteva nell’aria che oggi chiamano “etere” (lottizzata, Capisciammé!?).
La tua carriera è anche caratterizzata da collaborazioni prestigiose con grandi nomi della canzone italiana quali Mia Martini, Ornella Vanoni, Fiorella Mannoia e Gianni Morandi. Che cosa hanno rappresentato per te questi incontri?
Beh, grandi eventi, emozionanti.
Da piccolo seguivo, in tv, il Cantagiro (quando i programmi andavano ancora in bianco e nero) e già Morandi era un mito con Mimì, la Vanoni, ecc. Ritrovare quei miti fisicamente lì davanti a me fu qualcosa d’indescrivibile!
A questo proposito voglio raccontarti un aneddoto: una sera a cena con altri artisti mi ritrovo di fronte a Paola Pitagora (la mitica Lucia dei Promessi Sposi televisivi!) beh, io non c’è l’ho fatta a resistere e, rivolgendole la parola, ho cominciato a toccare i tasti dell’amarcord di quel filmato (ormai per lei bell’e sepolto)… infatti, dallo sguardo che mi ha rivolto, ho capito di aver fatto la figura del “provinciale”. Giuro che è stato più forte di me!
Un altro avvenimento molto interessante è stato la collaborazione con Enzo Biagi per la scrittura del brano ‘Ma che storia è questa’ sigla del programma televisivo omonimo dell’incommensurabile giornalista scomparso. Che ricordo hai di quell’esperienza?
Un altro momento storico per me. L’incontro fu combinato dalla mia casa discografica. Biagi mi parlò del suo progetto ‘La Storia d’Italia a fumetti’ del quale io avrei dovuto scrivere la sigla. Ci incontrammo a cena ‘Al Vecchio 400’ (vicino a Milano) e parlandomi più nel dettaglio mi consegnò il testo da musicare. Fui molto colpito dalla sua umiltà e dalla sua umanità. Mostrava oltre a una sapienza infinita, un entusiasmo giovanile, specie quando raccontava dei suoi progetti, dei suoi libri e dell’ultima intervista (uno scoop mondiale) a un personaggio top secret… Chissà chi era!
Il tema della guerra (purtroppo sempre attuale) è stato affrontato nel brano ‘Uh mammà!’ presentato al Festivalbar nel 1981. Sei riuscito con un pezzo orecchiabile, dall’arrangiamento accattivante e dal testo molto ironico a trattare un tema drammatico. Ascoltandola oggi questa canzone fa venire i brividi e sembra scritta apposta per bollare a fuoco con feroce sarcasmo l’invasione americana all’Iraq del ’91 e del 2003. Cosa si prova a essere stato così profetico?
Ecco, questa della profezia è una cosa che già mi è stata fatta notare. A parte la guerra (profezia fin troppo facile) in ‘Siamo Meridionali’ c’è quella delle centrali nucleari! Era il 1980, di lì a poco il governo avrebbe avviato la ricerca di siti per la costruzione di centrali nucleari! Senza parlare de ‘Il sud del pianeta’ (dall’ album L’incantautore del 1991) dove profetizzo fra venti anni… un papa nero; beh… intanto è arrivato un presidente degli U.S.A. di colore! Aspettiamo il prossimo Papa e… dovessi azzeccarci… faccio un business e apro un “oracolo”… (ride).
Gli album ‘Siamo meridionali’ del 1980, ‘Uh mammà!’ del 1981 e ‘Stancami, stancami musica’ del 1982, oltre a essere terribilmente attuali per i temi affrontati, sono caratterizzati da sonorità rock e ballate d’autore, da brani ironici e pungenti attraverso i quali fai a pezzi i vizi della nostra società e metti a nudo tutte le sue contraddizioni. Quanto ha compromesso la tua carriera questo tuo essere libero da convenzioni e padroni?
Devo dire che nei miei album ho goduto sempre della più completa libertà, in tutti i sensi. Il fatto che siano rimasti così “tosti” dimostra che tutto quel lavoro non è stato solo un fuoco di “puglia” (sono attaccato come una zecca alla carne dei miei luoghi) e il mio più grande desiderio resta sempre quello di vivere all’altezza dei miei testi, di continuare a essere un “irregular”…
Ai giovani che fanno musica, raccomando di vivere “diffidando dalle limitazioni”, di “alto locarsi”, di apparire alla madonna, di uscire, insomma, fuori dalla propria bolla d’aria (la solitudine). Tutto questo può comportare la non compatibilità col mercato ma è nei patti…
Per quanto mi riguarda, ho sempre pensato di “sopravvivere” con la musica, non altro e finché mi riesce… Se non avessi la sicurezza della S.I.A.E. cambierei lavoro. Insomma se da un lato è vero che ho un bisogno fortissimo di esprimermi, di tirare fuori tutti i “tumori” che ho dentro, dall’altro non voglio esserci a tutti i costi con i dischi e le serate visto che attualmente non c’è mercato e che vanno avanti i faccendieri cioè quella gente che sa solo di partita I.V.A. Penso che la forza di un artista è inversamente proporzionale alla voglia di successo.
Il tuo pubblico di affezionati estimatori che in questi anni non ha mai smesso di seguirti nei tuoi concerti chiede a gran voce una ristampa su cd di questa splendida trilogia di album. E’ possibile che ciò avvenga anche a seguito della compilation della Warner del 2005?
Occorrerebbe uscire quanto prima con un nuovo lavoro, poi potrà ripartire un certo meccanismo che adesso è inceppato per tante ragioni.
C’è un mercato che ogni tanto “riesuma” qualcuno, ma è mercato e basta. Occorre una spinta nuova, un nuovo cd (che io ho già pronto)… Vedremo.
Oggi più che mai si avverte la mancanza di voci fuori dal coro come la tua. Lo squallore del quadro politico e l’involuzione culturale del nostro paese sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto di quelli internazionali. Inutile dire che i potentati della musica ci penserebbero bene prima di farti ritornare sulle scene. E’ possibile che ciò avvenga con qualche etichetta indipendente “illuminata”?
Etichette indipendenti e “illuminate”? E come pagano l’Enel!? Oggi di musica non si campa e promuovere un disco costa. Gli indipendenti, comunque, hanno un loro circuito alternativo interessante… non so… chissà…
Adesso vado… ho sottomano due brani fortissimi da chiudere… Non so chi li canterà… Io scrivo sempre e comunque e, come ha scritto un bimbo alle elementari, la musica “è di chi è sua”.
A questo punto non ci resta che salutarti e da parte di tutta la redazione e dei lettori della Provinciaonline.info farti gli in bocca al lupo per le tue creazioni. A presto!
Crepi il lupo. Bye bye a tutti e a presto!
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