«La medicina è profondamente cambiata, incontrare i colleghi che nel 1970 si sono iscritti al nostro Ordine ci consente di guardare ad uno spaccato importante della nostra storia. Noi portiamo il testimone di personaggi che hanno fatto la storia, come Antonio Cardarelli, Domenico Cotugno o Giuseppe Moscati, un retaggio pesante del quale siamo molto orgogliosi». Queste le parole del presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, Bruno Zuccarelli, in occasione della consegna delle medaglie ai 50 anni di carriera tenutasi al teatro Augusteo. Un evento finalmente in presenza, al quale ha preso parte una generazione di medici di altissimo spessore. A tratteggiare questo spaccato anche Gianfranco Tajana, ex ordinato di istologia ed embriologia. «Rendiamo onore ai colleghi del ’71 – ha spiegato – dimostrando come loro, nonostante i cambiamenti, non hanno mai rinunciato ad essere protagonisti con grande senso di responsabilità, senza mai abdicare al proprio ruolo».
A spendere parole di elogio nei confronti dell’Odontoiatria ci ha pensato poi la presidente dell’Albo Odontoiatri, Sandra Frojo. «La pandemia – ha sottolineato – ci ha messo a dura prova, ma abbiamo saputo rispondere bene e con rapidità. Ancora oggi abbiamo da gettare il cuore oltre l’ostacolo, ma gli odontoiatri sapranno farlo nel migliore dei modi, dando il meglio di quella cultura che da sempre ci ha portati ad essere un fiore all’occhiello a livello nazionale».
Critica la posizione di Filippo Anelli (presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici) che ha anche messo in luce il ruolo della medicina nel corso della pandemia. «E’ stato uno stress test enorme – ha detto -, la pandemia ci ha aperto gli occhi su politiche di tagli e blocco del turn-over che in 20 anni hanno depauperato il sistema. Abbiamo potuto raddoppiare il numero di respiratori con una legge, ma non abbiamo potuto raddoppiare il numero degli anestesisti. In un attimo ci siamo trovati a vivere una situazione drammatica. Ad oggi 4 milioni e mezzo sono gli italiani che si sono infettati, una cifra enorme. Buona parte di questi, oltre il 90% sono stati curati a casa, in una situazione ovviamente deficitaria, come è stato testimoniato anche dal dramma vissuto in Lombardia nel corso della prima ondata.
La medicina ha pagato un tributo altissimo – ha concluso – con oltre 363 morti. Oggi abbiamo bisogno di invertire il processo, di investire sui professionisti. Farlo significa riconoscere il loro sacrificio e il loro impegno. Ancora oggi siamo a chiedere al Governo di aprire un tavolo, e soprattutto di trovare le risorse per aumentare il numero dei medici e migliorare le loro condizioni di lavoro. In altre, parole chiediamo che sia data dignità alla professione anche cambiando un sistema sanitario aziendalistico che deve tramontare per lasciare il posto a una medicina che ha come obiettivo la salute della gente».
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