Pomigliano d’Arco. Da mesi gli operai dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco vivono con uno stipendio ridotto all’osso a causa della cassa integrazione, hanno resistito, ma ora chiedono alle istituzioni di intervenire per bloccare le tasse, quelle che più di altre pesano sulle tasche dei contribuenti: della spazzatura, le tasse scolastiche e di circolazione.
Ieri una delegazione di tute blu del “Gianbattista Vico” hanno incontrato il sindaco di Casalnuovo, Antonio Peluso, al quale hanno chiesto di farsi da promotore di un incontro che coinvolga i primi cittadini di diverse città in cui risiedono i lavoratori, sindacati, Fiat, istituti di credito ed enti provinciali e regionali.
La preoccupazione maggiore per loro è “trovare un rimedio alla grave crisi economica che vivono a causa della cassa integrazione, al fine di non finire nel circolo vizioso dell’usura”, come hanno sottolineato in un documento che hanno presentato a Peluso. Il sindaco ha rimandato l’incontro con i lavoratori a qualche giorno per “far diventare reale un tavolo di discussione sulle esigenze economiche degli operai”.
“Possiamo dire che è stata una buona giornata – ha spiegato Gerardo Giannone, rsu Fim nello stabilimento automobilistico – L’amministrazione comunale ha recepito il messaggio di disperazione lanciato dagli operai e si è data alcuni giorni di tempo per incominciare a far diventare reale un tavolo di discussione sulle esigenze economiche degli operai. Peluso, inoltre, ha lanciato alcune soluzioni che potrebbero diventare presto operative tra cui: aumentare i soldi dei buoni libri, anticipare i fondi del bonus bebè e dei 3 figli, sui quali la Regione è in forte ritardo, intervenire presso il Banco di Napoli di Casalnuovo affinchè sia disponibile per prestiti per gli operai della Fiat in CIG”. Alla riunione erano presenti, oltre al primo cittadino e i lavoratori, anche l’assessore al Lavoro Antonio Corcione e il presidente della commissione Politiche Sociali Angelo Giuliano, in rappresentanza dei consiglieri comunali Carmine Romano e Nicola Toscano. Una discussione durata circa due ore al termine delle quali le parti si sono date appuntamento tra 5 giorni per iniziare la procedura di convocazione del Tavolo di discussione utile a “dare ossigeno agli operai”. I lavoratori hanno anche chiesto a Peluso che si discuta anche del blocco di 6 mesi per le tasse relative alla spazzatura, acqua, mense e tasse scolastiche, tassa di circolazione, l’anticipo, senza motivazione, del 70% del Tfr, e la convenzione con banche per un prestito ponte da cominciare a pagare tra 6/7 mesi, data, secondo i lavoratori, del probabile inizio produzione della nuova Panda. Una situazione delicata quella degli operai a rischio usura, come è emerso anche da un’intervista rilasciata ai microfoni dell’emittente del circuito Lunaset. “Temo per la mia vita e per quella della mia famiglia. Con i soldi della cassa integrazione non riesco neppure a pagare le bollette. Sono stato costretto a rivolgermi agli strozzini e così mi sono rovinato”. Ha parlato così, tra le lacrime di disperazione, M. operaio dello stabilimento di Pomigliano d’Arco. “Avevo contattato Istituti di credito e Finanziarie ma nessuno ha voluto concedermi un prestito”, ha raccontato, “La mia busta paga da cassintegrato non dava garanzie. E così, all’insaputa di mia moglie, mi sono rivolto agli usurai. Mi hanno concesso un piccolo prestito ma già dopo un paio di mesi non ero più in grado di fronteggiare la rata del debito”.
Da allora, la situazione è diventata davvero critica e stando al racconto dell’operaio che ha affidato alle telecamere il suo amaro sfogo, sono cominciate le minacce, veri e propri avvertimenti. “Mi hanno fatto capire che se non pago, potrebbe accadere qualcosa di brutto a mia moglie e a mia figlia, i miei unici tesori. Mi sento imprigionato in un vicolo senza via d’uscita. Mia figlia mi chiede di comprarle i libri e io non so come dirle che non ho i soldi neppure per il pane e il latte”.
Di qui l’appello affinché la situazione nello stabilimento Gianbattista Vico di Pomigliano d’Arco torni stabile: “Da venticinque mesi – dice M. – viviamo con metà stipendio. Non ce la facciamo più ad andare avanti”.
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