venerdì 20 Settembre 2024
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“La Tela” festeggia il diciottesimo lavoro in pubblico con “Caviale e lenticchie”.

Chi sostiene che il teatro amatoriale è uno strumento che tutti possono utilizzare potrebbe restare molto sorpreso dalle performances di alcune compagnie che, composte da “attori per amore”, si distinguono dalle altre e rendono bene l’idea della squadra compatta dimostrando di aver assorbito con maestria la caratteristica dei personaggi. E’ il caso de “La Tela”, un gruppo nato nel 1991 in seguito al distaccamento da altre compagnie di Raffaele Ariola, Sabato Romano, Gennaro Rossi e Imma Albarano.

Un percorso che unisce da vent’anni partecipanti di ruolo e include nuovi volti se le esigenze lo richiedono, come per “Caviale e lenticchie”, la commedia in tre tempi di Scarnicci e Tarabusi riproposta al Teatro Comunale di Scisciano in seconda replica la scorsa domenica. La prima delle tre serate, infatti, rientra nel programma della rassegna che parte a settembre e termina a maggio; le successive due hanno convalidato il consenso per “La Tela”, seguita con grande partecipazione dal pubblico non solo locale, registrando il “tutto esaurito”. Un traguardo accolto con entusiasmo dalla compagnia, soprattutto in occasione della diciottesima recita con un lavoro d’impatto, che ha saputo coinvolgere da subito la platea.

“Salvatore Lamanna vive nell’indigenza. Forte della sua fantasia riesce a sopravvivere con la sua professione di finto invitato”, scrive nella lettera di accompagnamento alla commedia Giuseppe La Rezza, assessore alle Politiche sociali del Comune di Scisciano in veste di coordinatore della regia di “Caviale e lenticchie”.

E’ Salvatore (Raffaele Ariola) a decidere il destino delle donne in casa: la rigorosa moglie Valeria (Imma Albarano), l’energica sorella Matilde (Rosa Franzese) e la sognatrice figlia Fiorella (Angela Terracciano).

La miseria e il desiderio di riscatto sociale spingono gli attori a cambiare identità, mentre Salvatore e l’imposto finto marito di Valeria, Antonio (Carlo Ambrosino), fittano per una notte il cadavere di Alessio (che si rivela ancora vivo); Raimondo (Paolo Candela) si occupa di gestire al meglio per sé gli affari della ricca Ilona (Antonietta Falco) e del barone (Gennaro Rossi); il vecchio e pluriafflitto bersagliere, nonno Simeone, canta “Faccetta nera”, e la storia d’amore tra Fiorella e il giovanotto aristocratico Roberto (Livio Catanese) fa da cornice alla commedia degli inganni e della finzione.

La gestualità è vigorosa, le voci arrivano piene di volontà di cambiamento rispetto alla condizione sociale di partenza, e le musiche sono adattate al movimento accelerato dei personaggi sul palco. Un ritmo che si risolve alla fine del terzo atto con la “verità” che Salvatore ha compreso, con l’agnitio che vede ogni pedina tornare al proprio posto. Tutto viene spiegato, come nella vita di ogni giorno.

E’ evidente, Scisciano possiede intrinseca l’arte della rappresentazione teatrale tanto da avvertire la necessità di fondare ben cinque gruppi amatoriali, un totale di cento persone impegnate, e l’iscrizione all’E.A.T. (Ente Autonomo del Teatro).

L’assessorato alla Cultura con l’amministratore Ambrosino sono fieri di diffondere uno strumento di veicolazione dei principi e valori italiani a due passi dalla celebrazione del 150° anniversario dell’Unità. Così si supporta quella tela che nel periodo buio, di assenza del teatro a Scisciano, voleva rappresentare una nuova luce e che ha promosso anche i dogmi sinceri della famiglia.

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