martedì 3 Dicembre 2024
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La sanità doppia faccia del Monaldi. Paghi e superi le lista d’attesa. Ecco l’odissea di un anziano malato di cancro

La storia è una di quella comuni, di tutti i giorni. Purtroppo un ripetersi di dolori, sofferenze, attese e disservizi della sanità pubblica ormai ridotta allo sfascio più totale dai baroni del privatizzazione, dai demoni del lucro a tutti i costi.

E’ il racconto di un padre di famiglia ultraottantenne, cardiopatico, al quale viene diagnosticato un problema oncologico alla vescica urinaria, presso l’ospedale Pascale di Napoli.  La prima diagnosi richiede ulteriori accertamenti, piuttosto invasivi che devono essere assolutamente effettuati in anestesia epidurale o totale. Gli viene prospettato al Pascale un tempo di attesa di circa 4-5 mesi! Quasi una condanna al patibolo, il paziente accetta. Non ha alternative. Senonché a poco tempo dalla conferma del fatidico intervento diagnostico gli viene spiegato che a causa delle sue problematiche cardiologiche la biopsia non può essere effettuata presso il Pascale, in quanto il nosocomio è privo di unita Utic, di rianimazione cardiovascolare, necessaria in caso di effetti collaterali da anestesia per un paziente sofferente di cuore.

Quindi gli viene consigliato di rivolgersi al Monaldi, Dove il paziente si reca, e prenota una prima visita urologica e si scontra ancora con la logica affaristica della sedicente “sanità pubblica”. La visita col primario del reparto urologico richiederebbe l’ennesima interminabile attesa, ma per ottenerla in tempi stretti basta una slot con la carta di credito:  effettuarla dall’oggi al domani in intramoenia, un termine da brividi e da repubblica delle banane, che se ricercata on line su google viene definita come la “nuova disciplina”, certo. Per far fare soldi alle strutture sanitarie e ai medici, nitida come un’alba ai tropici. Un sistema che privilegia coloro che possono accollarsi onerosi costi di interventi del tutto privati e penalizza i poveracci, quella della terza classe del Titanic, destinati ad affondare con la nave.

Dopo la visita dal primario “Serbelloni Mazzanti vien dal mare”, pagata circa euro 200, viene prospettata alla vittima una lista di attesa per l’accertamento di almeno 2-3 mesi che sommati ai già 4-5 di attesa al Pascale fanno un tempo interminabile, e ad alto rischio, per un paziente oncologico. A meno che. A meno che il fascino del Dio Denaro non compia ancora una volta il miracolo di Lazzaro. Gli viene proposto un trattamento intramoenia, al compassionevole costo di 5 mila euro. In questa caso l’intervento verrà effettuato in appena 24 ore lavorative. E così è. Prenotazione effettuata il venerdì e lunedì si è già in sala operatoria. Una fiaba dell’affarismo, stile New York Presbyterian Hospital, con la piccola differenza che negli Stati Uniti la Sanità è del tutto privata e si paga un minimo in tasse per sostenerla, qui da noi è un salasso mensile per mantenere in attività che si proclama “pubblica e gratuita”, ma in realtà è un baraccone che fa acqua da tutte le parti ed è ormai allo sbando per gli interessi delle stesse strutture che con l’intramoenia incassano denaro a flusso continuo, e dei medici e personale sanitario che arrotonda sul posto di lavoro senza doversi sfiancare nel reperire una clinica privata.

Una nota: l’intervento al paziente in questione è stato effettuato in un tardo pomeriggio di un recente lunedì, ovvero dopo che l’ospedale Monaldi aveva svolto le consuete funzioni da servizio pubblico. Una riflessione: non si potrebbe, magari assumendo nuovo personale, protrarre il tempo degli interventi fino a tarda sera, se non addirittura h24 come negli Usa. Ad esempio, in Germania dove la sanità è forse la migliore del mondo, tutta pubblica non si paga un euro con tempi di attesa ed assistenza a cinque stelle, si effettuano interventi anche alle 21-22 di sera. C’ personale e volontà politica di far funzionare al meglio un servizio pagato dai cittadini.

In conclusione, la sanità pubblica italiana sbanda delittuosamente sempre di più verso uno strafottente e dispendioso servizio a pagamento, perché ognuno, o quasi, di quelli che ci stanno dentro, dalle aziende ospedaliere stesse all’ultimo portantino, hanno interessi nello smantellare il servizio pubblico per tramutarlo in una giro di giostra a soldon battenti. Quello che i cittadini pagano profumatamente ogni mese con i rispettivi tributi finisce chissàdove e l’assistenza medica la devi pagare a meno che non vuoi rischiare le penne in interminabili e colpevoli liste di condanna a morte.

 

 

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Vincenzo Famiglietti
Vincenzo Famiglietti
Ha iniziato la carriera giornalistica a metà degli anni novanta presso il quotidiano sportivo, di breve vita, Sport in Campania, per poi approdare alle redazioni della Verità-Napoli più e successivamente del Corriere del Pallone. Negli anni più recenti ha collaborato per varie testate on line, scrivendo di sport, costume, politica interna ed estera, spettacolo e dei temi più disparati. Si reputa un giornalista completo, versatile nel trattare argomenti di vario genere. E’ spesso ospite come opinionista in molte trasmissioni sportive locali. Ama definirsi una “penna tagliente”, spesso anticonformista e in controtendenza, poco politically correct, sempre impegnato alla ricerca di verità scomode.

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