“I selvaggi abitano nella città, non più nelle foreste”, ha esordito citando crepe il dr. Nunziata,
ospite di eccezione dell’ultimo incontro dell’iniziativa “La settimana contro la violenza”, promossa dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini e delle pari opportunità Mara Carfagna e che ha visto l’adesione di diversi istituti scolastici. Con l’ausilio dei docenti, impegnati in prima linea nel contrasto a gesti e atti di violenza, fisica o psicologica, gli alunni hanno affrontato il tema in questione, hanno imparato a parlarne senza remore, realizzato disegni e scritto poesie a riguardo.
Lo slogan “No alla violenza!” compare sotto i vari disegni. I colori sono quelli dell’arcobaleno. Il cartellone recante la scritta “Peace and Love” realizzato per dare un ultimo saluto a Sara, la ragazza pugliese uccisa dallo zio, una vittima innocente di un gesto cruento difficile da capire ed accettare.
Ed è proprio dalla vicenda di Sara che il giudice è entrato nel vivo del discorso parlando concretamente della violenza, delle varie forme in cui si manifesta, dell’ansia e della paura che colpisce chi è vittima di discriminazione e brutalità. Sono stati citati anche altri casi mostruosi che hanno occupato le pagine dei giornali quali quello dell’infermiera rumena morta a causa di un pugno, il taxista ucciso e gli episodi teppistici della partita Italia-Serbia, poi non giocata. Tutti episodi verificatisi in pochi giorni, che inducono a riflettere e a chiedersi come sia stata possibile tanta ferocia, tanta malvagità da parte di uomini. Nel corso del dibattito non sono stati risparmiati nemmeno i programmi televisivi trasmessi durante il pomeriggio e che sono caratterizzati da scontri verbalmente violenti tra esponenti del pubblico all’uopo di “aumentare l’audience”, e che ‘fanno compagnia’ ai i ragazzi mentre i genitori sono impegnati con il lavoro.
Non bastano i numeri telefonici creati per dare un supporto psicologico alle donne e ai minori o le campagne di sensibilizzazione delle diverse associazioni, occorre un impegno concreto sia da parte della famiglia che deve vegliare di più si ragazzi, ascoltarli, imparare a decodificare i loro gesti e lasciare spento il televisore, sia dell’istituzione scolastica che deve fornire docenti idonei all’insegnamento, sia dello Stato che dovrebbe intervenire attivamente anche sui programmi televisivi, esortando gli ideatori ed conduttori al rispetto della dignità umana.
“Occorre debellare la violenza” – ha affermato il Nunziata- “attraverso la denuncia, l’impegno individuale ed il rispetto delle regole. Educare alla legalità significa imparare a rispettare le leggi per garantite e tutelare la vita del cittadino.”
La legge del più forte, la violenza fisica o ancora quella psicologica, non garantiscono nulla, ma generano odio, disprezzo per gli altri e per sé stessi. Non importa se i tratti somatici sono diversi, non conta il colore della pelle, l’età, il sesso o il paese di origine: siamo tutti uguali, tutti umani con stessi diritti, primo fra tutti è il diritto di vivere.
Dopo il discorso sulla violenza e le sue varie forme, il giudice Nunziata ha raccomandato ai ragazzi di denunciare chi commette discriminazioni o compie atti violenti, poiché solo così si può tentare di ricostruire una società nuova, basata sul rispetto, sulla tolleranza e sull’amore fra uomini.
Il dibattito ha visto la partecipazione attiva degli alunni delle medie e delle elementari che hanno rivolte domande al giudice ed hanno recitato poesie contro la violenza.
“Ragazzi, la Tv non parla a singoli individui, ma alla massa. Chi fa TV non vi conosce, non sa chi siete, dunque non prestate ascolto a chi parla senza conoscervi, piuttosto ascoltate chi vi conosce singolarmente, chi parla guardandovi negli occhi. Sono quelle le persone che possono capirvi, aiutarvi a denunciare e debellare ogni forma di violenza”. Con queste significative parole un docente ha concluso l’ultimo incontro dell’iniziativa “La settimana contro la violenza”.
Raffaella Roselli
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