Possono viaggiare nell’aria percorrendo molti chilometri e raggiungere zone ritenute incontaminate, lontane da centri urbani ed industriali. Ma quali gli effetti sulla salute umana ed animale? Pagina a cura di Gennaro Esposito
I rifiuti in plastica sono oggi uno dei problemi più urgenti a livello mondiale, una delle principali sfide ambientali, in particolare per la presenza di microplastiche nei mari di tutto il mondo. Ad eccezione di Parigi e della città cinese di Dongguan, dove sono state svolte ricerche sulla ricaduta atmosferica delle microplastiche, ad oggi non ci sono molti dati sulla presenza o sul trasporto di tali particelle in aria. Uno studio, condotto dalle Università di Strathclyde in Scozia e di Orléans e Tolosa in Francia e da EcoLab di Tolosa durante l’inverno 2017-2018, va a colmare proprio questo deficit, studiando la deposizione di microplastiche atmosferiche in una zona montuosa remota, incontaminata e scarsamente abitata. Il sito di studio si trova più precisamente presso la stazione meteorologica di Bernadouze, a 1.425 m sul livello del mare, sui Pirenei francesi. La zona è scarsamente popolata, priva di attività industriali e commerciali ed è principalmente utilizzata per attività ricreative (escursionismo, sci, educazione ambientale e ricerca scientifica). In questo sito di studio erano state ritrovate microplastiche sia nei corsi d’acqua che sul suolo; i ricercatori hanno quindi voluto capire quale fosse la fonte di tali ritrovamenti, andando a ricercare tali particelle anche in aria. Sfruttando l’attrezzatura di misurazione già presente presso la stazione meteorologica di Bernadouze, gli scienziati hanno analizzato i campioni d’aria, raccolti in cinque mesi, che rappresentano la deposizione atmosferica, umida e secca. I processi di deposizione comprendono infatti le “deposizioni umide” che avvengono attraverso le precipitazioni atmosferiche (pioggia, neve, nebbia) e le “deposizioni secche” che avvengono per azione della sedimentazione gravitazionale.
Sono stati dunque ritrovati frammenti di microplastiche, fibre e film in tutti i campioni di deposizione atmosferica raccolti. Il conteggio dei campioni è stato normalizzato per rappresentare la deposizione atmosferica giornaliera in quanto le limitazioni di accesso al sito hanno portato a tempi di monitoraggio incoerenti nei diversi mesi di studio. La media giornaliera di microplastiche ritrovate ogni metro quadrato è di 365, numeri che si possono paragonare alle deposizioni atmosferiche di megaplastiche delle zone più urbanizzate. Il conteggio medio giornaliero parla di di 249 frammenti, 73 film e 44 fibre per m2. La lunghezza predominante delle fibre di plastica trovate nei campioni è tra i 100 e i 300 μm; i frammenti per la maggior parte sono ≤ a 50 μm.
Il tipo di plastica trovata nei campioni è prevalentemente il polistirolo (PS 41% dei campioni), seguito da vicino da polietilene (PE 32%) e poi da polipropilene (PP 18%), tutti utilizzati in molti articoli monouso e in materiale di imballaggio (borse e contenitori per alimenti). I dati raccolti nel corso della ricerca suggeriscono che pioggia, neve, velocità e direzione del vento potrebbero essere stati i fattori determinanti per la deposizione di microplastiche in questo sito. Proprio il vento potrebbe essere stato il “motivo” del trasporto delle microplastiche da un luogo all’altro; un’analisi della traiettoria e della direzione della massa d’aria ha rilevato infatti come queste plastiche abbiano “viaggiato” in aria fino a 95 km di distanza. L’area di origine delle microplastiche ritrovate si estenderebbe cioè fino a 95 km dal sito, raggiungendo diverse città. I dati raccolti non possono dimostrare il trasporto di tali particelle sul lungo raggio; tuttavia i risultati dello studio suggeriscono che le fonti di emissione devono essere almeno regionali (> 100 km), data la densità della popolazione all’interno di questa area e l’assenza di depositi di plastica di grandi dimensioni. Lo studio ha quindi dimostrato come le microplastiche, trasportate dal vento, possono raggiungere e colpire aree remote, scarsamente abitate, dove non ci si aspetterebbe di trovare della plastica, almeno non in tali quantità. Gli autori dello studio raccomandano di effettuare ulteriori monitoraggi ed analisi per comprendere meglio l’influenza delle precipitazioni sulla deposizione di microplastiche in aria e l’impatto della traiettoria del vento sulla quantità e composizione della ricaduta atmosferica di tali particelle.
Microplastiche: le conseguenze sulla salute e sull’ambiente.
Le microplastiche sono particelle di plastica più piccole di 5 mm. Vengono usate in alcuni cosmetici e prodotti per la cura personale, come Scrub, dentifrici e shampoo (i famosi “microgranuli”), oppure possono essere generate involontariamente, per esempio mediante la sabbiatura abrasiva. Si stima che un totale di 15-51 miliardi di particelle microplastiche si siano accumulate nell’oceano e si stima che nei mari europei entrino tra le 80.000 e 219.000 tonnellate di microplastiche all’anno. I microgranuli forniscono il maggior contributo all’inquinamento da microplastiche. Le piccole dimensioni fanno sì che possano essere ingeriti dalle specie marine e hanno il potenziale di trasferire sostanze chimiche da e verso l’ambiente marino. Mangiare sei ostriche può essere l’equivalente di ingerire 50 particelle di microplastica. Questa è ancora un’area di ricerca relativamente nuova e soggetta a incertezze. Finora sono state effettuate relativamente poche ricerche sia sui potenziali impatti sulla salute umana o sull’economia marina. Le piccole dimensioni delle microplastiche fanno sì che possano essere ingerite dalle specie marine. È difficile fare previsioni sui rischi da ingestione di microplastica a causa della varietà di composizione, forma e dimensione. La tossicità potrebbe essere causata dal polimero plastico stesso, dagli additivi che contiene, o da altre sostanze chimiche che si associano alle microplastiche quando sono nell’oceano. Non è sicuro se le microplastiche che vengono ingerite dall’uomo possano essere trasportate nei tessuti. Sappiamo però che le microplastiche sono ampiamente utilizzate come trasportatori di medicinali e possono trasferirsi nei diversi tessuti dell’uomo. Le microplastiche sono presenti nei frutti di mare venduti per il consumo umano, come le cozze del Mare del Nord. È possibile che la parete dell’intestino possa impedire alle microplastiche di entrare nei tessuti, ma potrebbero passare particelle più piccole. Le prove presentate dal DEFRA hanno dimostrato che le particelle più piccole, conosciute come nanoplastiche, possono persino permeare le membrane cellulari, così come nei tessuti intestinali. Una volta all’interno dei tessuti, è teoricamente possibile che le microplastiche interagiscano con i tessuti biologici in modo tossico, ma questo non è ancora stato testato. Un fattore essenziale che determina se le microplastiche presentano una minaccia fisica e/o agiscono come vettore per il trasferimento di sostanze chimiche è la capacità di assorbimento di tali particelle. Visto che le micro e nanoplastiche sono in grado di bioaccumulare, presentano una fonte a lungo termine di sostanze chimiche che possono riversarsi nei tessuti e nei liquidi corporei. Ciò è preoccupante poiché alcuni additivi utilizzati per la produzione di microplastiche hanno effetti tossici sulla salute umana.
Conclusioni
Gli esperti hanno stimato che circa 680 tonnellate di microsfere di plastica vengono utilizzate ogni anno nel Regno Unito. Una singola doccia può causare l’ingresso di 100.000 particelle di plastica nel sistema fognario. Si ritiene che le microplastiche contenute nei prodotti cosmetici rappresentino dallo 0,01% al 4,1% delle microplastiche totali che entrano nell’ambiente marino. È necessario uno sforzo da parte delle industrie e dei consumatori per ridurre o eliminare questa fonte inquinante. I microgranuli sono considerati particolarmente controversi a causa dell’esistenza di diverse alternative, a più basso impatto ambientale. Laddove le alternative siano di origine naturale, le aziende dovrebbero garantire che abbiano una provenienza sostenibile. Laddove vengano prodotte artificialmente, dovrebbero garantire che venga effettuato un appropriata valutazione sull’impatto ambientale. Il governo dovrebbe includere queste condizioni nella sua legislazione. L’industria non è in grado di etichettare chiaramente i prodotti contenenti microsfere e le società si sono dimostrate riluttanti nel cambiare le loro pratiche di etichettatura. Anche le normative relative all’etichettatura non forniscono ai consumatori la chiarezza del quale hanno bisogno. In assenza di azioni significative da parte delle aziende, è necessario che i consumatori si prendano carico della responsabilità individuale legata all’utilizzo di prodotti contenenti microsfere/microgranuli.
Bibliografia
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Microplastics cause neurotoxicity, oxidative damage and energy-related changes and interact with the bioaccumulation of mercury in the European seabass, Dicentrarchus labrax (Linnaeus, 1758).
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Microplastics and nanoplastics: would they affect global biodiversity change? Hu D, Shen M, Zhang Y, Li H, Zeng G. Environ Sci Pollut Res Int. 2019 May 17. doi: 10.1007/s11356-019-05414-5. [Epub ahead of print]
Microplastiche: le conseguenze sulla salute e sull’ambiente.
(Dal sito Arpat: http://www.arpat.toscana.it/notizie/notizie-brevi/2019/trovate-microplastiche-in-aria).
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