L’inchiesta trasmessa da Report nella puntata di domenica 2 febbraio ha sollevato nuovi interrogativi sulla gestione finanziaria dell’Inter. L’indagine ha portato alla luce presunte sponsorizzazioni fittizie e un assetto societario opaco, oltre a possibili pressioni sulla Covisoc per evitare sanzioni che avrebbero potuto compromettere la partecipazione del club alla Serie A.
Un assetto societario poco trasparente
Prima dell’intervento del fondo Oaktree, la proprietà dell’Inter era suddivisa tra due entità offshore: una con sede in Lussemburgo e l’altra nelle Isole Cayman. La maggioranza, il 68%, era detenuta da Grand Tower in Lussemburgo, mentre il restante 31% apparteneva a International Sports Capital, una società formalmente milanese ma legata a LionRock, fondo con sede nelle Cayman di cui si sa poco. La mancanza di trasparenza attorno a LionRock ha sollevato dubbi, ma nessuna irregolarità è stata segnalata dagli organi di controllo del calcio italiano.
Oltre all’opacità della proprietà, un altro nodo critico riguarda la situazione finanziaria del club. Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia, ha descritto i conti dell’Inter come disastrosi: nel 2020 il club aveva accumulato debiti per 871 milioni di euro, a fronte di ricavi per 370 milioni. Anche nel 2023 e 2024, il bilancio presentava un capitale negativo rispettivamente di 162 e 100 milioni di euro. Secondo Bellavia, una situazione simile avrebbe dovuto portare alla liquidazione della società.
Le sponsorizzazioni sospette
Un altro elemento critico riguarda le entrate derivanti da sponsorizzazioni. Secondo quanto emerso nell’inchiesta, l’Inter avrebbe inserito nei propri bilanci cifre elevate – nel 2019 si parlava di 230 milioni di euro – provenienti da aziende riconducibili a Suning, la società cinese che controllava il club. Un’analisi condotta da esperti finanziari a Londra aveva già segnalato anomalie, evidenziando che i reali ricavi del club erano inferiori a quelli dichiarati e che la differenza veniva colmata da accordi pubblicitari poco chiari. Secondo gli analisti, molte delle aziende coinvolte non avevano attinenza con il settore sportivo e i contratti risultavano poco credibili. Nonostante ciò, tali informazioni erano note anche alla UEFA, alla FIGC e alla Covisoc, senza che vi fossero conseguenze concrete.
Pressioni sulla Covisoc: la confessione di un ex membro
L’operato della Covisoc, l’ente che monitora i bilanci delle squadre di calcio, è finito al centro delle polemiche dopo la denuncia della Fondazione Identità Bianconera. Il presidente dell’organismo, Tommaso Miele, aveva dichiarato che l’Inter era stata sottoposta a tutti i controlli necessari e che non c’erano irregolarità tali da giustificarne l’esclusione dal campionato.
Tuttavia, un ex membro della Covisoc ha rivelato a Report di aver ricevuto pressioni nel corso degli anni affinché determinate questioni venissero gestite con discrezione. “Ogni volta che si sollevavano dubbi, arrivavano segnali per farci capire che stavamo sbagliando. Con il tempo diventava chiaro che c’erano limiti da non superare. Mi dissero di non mettere in difficoltà un sistema che garantisce benefici a molti”, ha raccontato l’ex dirigente.
L’ex funzionario ha anche dichiarato di aver segnalato alla procura federale le anomalie nelle sponsorizzazioni dell’Inter, ma che il problema non riguardava solo il club nerazzurro.
Le rivelazioni di Report sollevano dunque interrogativi importanti sulla gestione finanziaria dell’Inter e sul ruolo degli organi di controllo. Resta da capire se le istituzioni calcistiche prenderanno provvedimenti o se tutto finirà nel dimenticatoio come tante, troppe, volte accaduto già in passato.
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