Trecase. Centinaia di piante di Marijuana, pari a 115 chili di droga che avrebbero portato un profitto superiore a 620.000 euro, tutto questo in un sofisticato laboratorio clandestino scoperto dalla Guardia di Finanza in un bene confiscato a Trecase, una villa su due piani che una volta apparteneva ad un contrabbandiere.
I militari hanno scovato, all’interno di un immobile confiscato a Trecase, al piano superiore ben nascosto un laboratorio clandestino per la coltivazione di marijuana, perfettamente funzionante, con all’interno 369 piante alte circa due metri, poste immediatamente sotto sequestro.
In particolare, nel corso dell’intervento i militari del Gruppo di Torre Annunziata (agli ordini del colonnello Gennaro Pino) hanno sequestrato anche tutti gli strumenti utilizzati per l’attività illecita, tra cui 20 ventilatori industriali, 35 lampade fluorescenti, oltre 300 trasformatori di corrente, una vasca per I’irrigazione di 6 m2, due bilancini, diversi flaconi fertilizzanti e le reti per l’essiccazione.
Nell’estendere le ricerche agli altri locali dell’edificio e al terreno contiguo, effettuato col contributo dell’unità cinofila della Compagnia Capodichino, le Fiamme Gialle hanno rinvenuto, altresi, oltre 5 kg di marijuana già essiccata nonché un involucro confezionato contenente altri 290 grammi della medesima sostanza stupefacente.
Tenuto conto della strumentazione utilizzata, considerata dagli inquirenti “altamente performante”, nonché del conseguente fabbisogno di corrente elettrica e di acqua pubblica, la resa stimata della coltivazione delle piante, trovate già in piena fioritura pronte per essere raccolte, sarebbe stata di circa 110 kg di marijuana, che avrebbe permesso di realizzare, compreso lo stupefacente esiccato, un profitto superiore a 620.000 euro.
All’esito delle attività, “si è proceduto a denunciare alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, contro ignoti”, come si legge in una nota, “la detenzione e coltivazione di sostanza stupefacente, nonché il furto di acqua e di corrente elettrica”. Su disposizione della procura oplontina, la piantagione è stata distrutta, previo campionamento dei prodotti rinvenuti per la successiva analisi.
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