MILANO. Ricaricare il cervello come una batteria o un telefonino. No, non è fantascienza. Hanno provato a farlo i ricercatori del Policlinico Ospedale Maggiore di Milano guidati da Alberto Priori, in collaborazione con la Clinica Villa Santa Chiara di Verona. L’obiettivo è nobile. Trovare una cura per la depressione che sia alternativa, o complementare, all’uso dei farmaci. L’esperimento, pubblicato questo mese sul Journal of affective disorders, è stato eseguito su 14 pazienti gravemente depressi e sui quali i farmaci non avevano sortito alcun effetto. Due elettrodi, collegati a un dispositivo che rilascia una corrente continua a bassa intensità, sono stati applicati sulla fronte dei pazienti due volte al giorno per cinque giorni consecutivi. “E già dopo il quinto giorno -dicono i ricercatori- sono stati riscontrati marcati miglioramenti”. Un risultato non da poco se si considera che la depressione colpisce in Italia circa 5 milioni di persone, con maggiore percentuale tra le donne. Una malattia che può essere invalidante dal momento che essendo una patologia dell’umore è caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi che, nel loro insieme, sono in grado di compromettere le abilità di una persona ad adattarsi alla vita sociale. Ad essa poi si possono accompagnare anche deficit dell’attenzione e della concentrazione, insonnia, disturbi alimentari, estrema ed immotivata prostrazione fisica. Ovviamente la tecnica sperimentata dai ricercatori milanesi non va confusa con gli elettroshock. La terapia elettroconvulsivante (TEC), questo è il loro vero nome, è tutt’altra cosa. Tecnica terapeutica, basata sull’induzione di convulsioni successivamente al passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello, fu sviluppata negli anni trenta proprio da due scienziati italiani, Ugo Cerletti e Lucio Bini, e attualmente viene usata solo in particolari casi. Niente a vedere dunque con la famosa scena del film “Qualcuno volò sul nido del cuculo” dove Jack Nicholson dopo una lite tra pazienti ed infermieri viene sottoposto a una serie di elettroshock. Niente da spartire, certo. Ma rivedere quel film non sarebbe male.
Ferdinando Gaeta
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