Somma Vesuviana: Di seguito pubblicheremo una serie di lettere che professori, cittadini e studiosi delle tradizioni sommesi hanno scritto per celebrare la XXesima edizione del Palio di Somma Vesuviana.
Ed ecco la lettera del Professore Ciro Raia:
Non so perché, ma il tema di quest’ultima edizione del Palio di Somma Vesuviana -“Una continua Meraviglia”- mi ha fatto venire in mente, d’incanto, due immagini: un fiore (Mirabilis jalapa) e un dolce. Sì, la prima immagine mi ha riportato alle belle di notte, ai loro colori -delicati o forti o striati o maculati-, all’evocazione di un fiore, che schiude i suoi petali nelle notti d’estate, al suo repentino ritrarsi ai primi raggi di sole (quasi un volersi sottrarre alla vista del mondo). O anche all’allegria di vivere in posti senza sfarzo come in un’aiuola di un giardino o in un cespuglio ai bordi di una strada, nella feritoia in un muro di pietre vesuviane o ai piedi di un cancello di un cimitero tra ruggine, erba dei gatti (il maro) e nidi di formiche. E, poi, ho pensato alle meraviglias, ai dolci di carnevale (una sorta di chiacchiere) tipici della terra sarda, per la loro semplicità (farina, uova, zucchero e acqua tiepida), per la loro allegria, per la loro rappresentazione di una innocente trasgressione.
Mirabilia, cose degne di ammirazione! Meraviglia! Che è una sensazione di sorpresa, spesso, piacevole ma, talvolta, anche di turbamento, mistero inspiegabile.
Mirabilia, metafora della nostra terra e della nostra città.
Una terra e una città, onuste di storia, il cui suolo è stato teatro di azione delle gentes romanae, dei gladiatori ribelli, dei reali angioini e aragonesi, dei baroni e dei feudatari, delle belle castellane e delle indomite popolane, di pseudo malandrini e di infaticabili lavoratori, fedeli, di volta in volta, a uno stemma, a un casato, a un’idea, a un partito e, sempre, a una speranza di futuro.
Una terra e una città cresciute nelle strategie militari di un Quinto Fabio Labieno, nelle storie delle tante regine Giovanna, nella festa di nozze di Ferrante II, negli intrighi di palazzo, negli odori di incenso delle celle di umili frati, nell’innalzamento di alberi della libertà, nelle visite di eredi al trono, di gerarchi in orbace, di ministri della Repubblica.
Una terra e una città intrise di inchiostro e di fascino nelle parole vergate da Cicerone (De officiis), Valerio Massimo (Memorabilia), Domenico Gravina (Cronica de rebus in Apulia gestis ab a. 1333 ad a. 1350), Domenico Maione (Breve descrizione della Regia Città di Somma), Giovanni Villani (Chronica de Parthenope), Candido Greco (Fasti di Somma), Fabrizia Ramondino (Althènopis e Star di casa), Maria Orsini Natale (La bambina dietro la porta), Angelo Di Mauro (Fiabe del Vesuvio), Guido D’Agostino (Ritratto di città).
Una terra e una città posate ai piedi del Somma-Vesuvio, rigogliose, ubertose (Campania felix), timorose di ogni cruccio del vecchio vulcano, votate alla devozione della Madonna di Castello, incastonate nella tradizione di una festa delle lucerne, come di una tammurriata o di un canto a figliola o di un coraggioso palio.
Somma Vesuviana, una continua meraviglia!
Eppure, prevalgono ancora gli stereotipi di una città e di una terra incattivite, martoriate, deluse, indifese. Lo dicono i cittadini che non vanno più a votare, quelli che hanno perso fiducia nelle istituzioni; lo ribadiscono i centri storici abbandonati, le malattie letali in un nuovo triangolo della morte, l’edilizia selvaggia, lo spaccio di droga, i pregiudizi xenofobi e, pasolinianamente, la scomparsa delle lucciole. Tutti elementi che costituiscono una continua meraviglia, questa volta, però, come un turbamento che toglie il sonno, impedisce la crescita civile. Quasi un mistero inspiegabile.
È qui che il palio (pallium) diventa occasione, momento, mediazione per restituire la speranza, la fiducia, la voglia di ripartire. Perché il palio è animato da una voglia di essere in mezzo alla gente, perché è la gente stessa.
Nelle sue ormai venti edizioni il Palio di Somma Vesuviana, andando molto oltre i giochi tra i rioni, ha sempre costruito un percorso di riflessione e di proposta centrato sul territorio e la città. Ne testimoniano i titoli di ciascuna delle edizioni. Alcuni veramente suggestivi, poetici, intriganti: “La città viva, costruiamola insieme”, “La città sul monte”, “Raccontami un nuovo mattino”…
Il tema di quest’anno è “Una continua meraviglia”. Come quella di una terra capace di rigenerarsi, sopravvivere alle ferite, ritrovare la forza e la voglia per non soccombere ai disegni di un Fato malevolo o, meglio, di “uomini che a se stessi i mali fabbricano e la stoltezza loro chiama Destino”.
Una continua meraviglia, allora. Ecco perché ho pensato subito alle belle di notte e ai dolci della Sardegna. Perché essi, come il palio, conservano l’innocenza, un po’ di violazione (quella propria del carnevale) e l’incommensurabile speranza di ritrovarsi, sopravvivere al giorno e alla notte, riproporsi, uscire dai luoghi angusti e portarsi in tutti i luoghi: quelli di gioia, di dolore, di riflessione, di crescita collettiva.
Insomma, ovunque ciascuno possa avere l’orgoglio di dire “civis summanus sum”!
Ciro Raia
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