NOLA. Per la prima volta in mostra e per la prima volta insieme, i Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, i Candelieri di Sassari, “Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane” Patrimonio dell’Umanità e simbolo della tradizione mediterranea, saranno al centro di una imponente installazione, che inaugura il 17 dicembre alle ore 18.00 allo Studio Museo Messina.
Costruzioni monumentali, manufatti antichi, o frutto della creatività contemporanea, passeranno dunque dal clamore delle rispettive piazze in festa all’atmosfera sospesa di questa peculiare sala museale nel centro di Milano. Si tratta infatti del Museo, nella chiesa sconsacrata di San Sisto, che fu atelier di uno dei più rappresentativi maestri della scultura figurativa del Novecento, Francesco Messina. Uno spazio dell’arte “accademica” dove lo stesso homo faber è al servizio del sacro, della comunità, o della propria ispirazione d’artista e dove entreranno a pieno titolo queste opere storiche, forgiate da artigiani, architetti e scultori. Torri come il Giglio di Nola che svetterà dal piano inferiore fino alla cupola, “Spirale di Luce” che riproduce una storica Macchina di Santa Rosa, la struttura “svestita” della gigantesca Varia di Palmi sulla cui cima il giorno della festa “vola” una bambina, i Candelieri di Sassari con i loro nastri colorati e, infine, i Ceri di Gubbio, “Ceri mezzani” in arrivo dalla gloriosa “Corsa” eugubina, ricongiunta alle altre quattro feste in attesa dell’estensione della candidatura UNESCO della Rete, in corso di definizione. Alle strutture “a riposo”, private delle centinaia di corpi che le sostengono e le animano durante il faticoso percorso, rispondono le “macchine vive” nelle opere filmiche che, con un complesso sistema di proiezione sulla volta, offrono al pubblico l’affresco digitale di questo straordinario trasporto.
A cura di:
Patrizia Nardi, Responsabile Tecnico Scientifico progetti UNESCO Rete delle Macchine
Maria Fratelli, Dirigente Servizio Case Museo e Progetti Speciali Comune di Milano
Patrizia Giancotti, antropologa
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