Intervista allo scrittore Giancarlo Marino a cura di Emilia Ferrara
Giancarlo Marino e la sua raccolta di racconti dove tutti c’entravano. “E pensare che c’èntravamo tutti” è una raccolta di racconti dello scrittore Giancarlo Marino, edito dalla casa editrice Homo Scrivens. Il libro è avvincente, la scrittura scorrevole ed elegante, ma senza fronzoli. Altro aspetto significativo di questa raccolta sono le tante immagini che l’autore ci trasmette, spesso horror, in una sequenza che potrebbe sembrare casuale, ma che rientrano nella progettazione dello scrittore, come l’asimmetricità della lunghezza dei racconti. Tantissimi i temi ed i contrasti trattati nel testo, ma amalgamati alla perfezione, non esiste un confine netto, una linea di demarcazione tra bene e male, bellezza e orrore. È chiaro quindi è un libro per Tutti, come dice anche il titolo.
Che sensazione ti ha fatto rincontrare personaggi che hai conosciuto nell’arco di un quindicennio?
Questo libro rappresenta un vero e proprio bilancio della mia scrittura dagli esordi fino ad oggi. È stato interessante riscontrare quali sono i temi ricorrenti, gli stilemi prediletti, le modalità di scrittura che contraddistinguono la mia prosa. Insomma, un effetto sotto certi aspetti straniante, ma tutto sommato di conforto: qualcosa di buono fin’ora si è fatto.
La bellezza ha a tuo avviso un prezzo da pagare?
Forse la bellezza no, è qualcosa di oggettivo (almeno relativamente ai differenti canoni estetici e culturali che si susseguono nel tempo). Molto spesso, invece è il piacere, l’essere felice che viene controbilanciato, in una sorta di karma che prescinde anche le vite individuali. Mi spiego meglio, pur non credendo in nessuna entità superiore, a volte ho l’impressione che la felicità, e forse anche il bello, sia presente nella nostra realtà in un certo quantitativo, per goderne e farla propria, c’è sicuramente un prezzo da pagare, e spesso molto salato.
Sei un lettore onnivoro, ma c’è un genere che ti piace di più? Quali sono i tuoi scrittori o libri preferiti e perché?
Leggo davvero di tutto, ma forse che c’è una caratteristica nelle storie che prediligo è l’avventura, intesa come scoperta, approssimarsi all’incognito. Caratteristica che può abbracciare diversi generi, dal fantastico al giallo fino a storie più intimistiche dove la sete di conoscenza è tutta proiettata in un orizzonte interiore.
Scrittore si diventa, ma quali sono le caratteristiche di un buon scrittore?
Credo che fondamentale sia la curiosità, uno scrittore non deve adagiarsi nel ripetere gli schemi e adottare gli strumenti di cui è già padrone. Bisognerebbe tentare di migliorarsi ogni giorno. Pensando che la migliore frase sia sempre la prossima.
Giancarlo, del tuo libro ho apprezzato come sai la scrittura elegante ma allo stesso tempo semplice, fruibile, e con quella ironia intelligente che ti contraddistingue, senza fronzoli. Ma non è cosa semplice, cosa ne pensi?
Per quanto riguarda lo stile, ho cercato di trovare una certa varietà di soluzioni, nel cui ambito l’ironia si inserisse come voce di sottofondo di tutto il dettato dell’opera. Forse perché sono uno scettico disincantato e non riesco a prendere troppo sul serio la materia letteraria di cui mi occupo, per quanto a volte sia tragica o scarsa.
Mi sono piaciuti anche i luoghi, che fai vivere attraverso i tuoi racconti e immancabile Napoli, quasi un tour operator sapiente, quale città ti è piaciuto raccontare di più e a quale sei rimasto più legato?
Napoli, verso cui ho un rapporto di odio/amore è sfondo immancabile, benché spesso celato dei miei testi. Diverse sono le città che mi hanno colpito come Parigi o Lisbona e che ho trasfigurato nei miei racconti, così come il mio romanzo Ragazzi straordinari è in diretto rapporto con Berlino. Insomma sono sicuramente un narratore metropolitano.
Hai scritto un simpaticissimo decalogo del compagno di sbronze, come le è nata l’idea e cosa ami bere?
Il decalogo nasce da un’occasione reale, anni fa accompagnai un caro amico, e valente scrittore peraltro in un viaggio etilico al termine della notte. Una sbronza d’amore, o meglio per dimenticare un amore finito. Purtroppo non sono più il bevitore di un tempo, ad ogni modo prediligo la birra, le mie predilette sono quelle belghe d’abbazia.
C’è un genere che non hai ancora esplorato?
Mi piacerebbe sperimentare ancora tanto, scrivere per la messa in scena magari per un teatro di parola, nel quale mettere in mostra tutto il mio ego profondamente narciso, come per ogni artista che si rispetti.
Con il permesso dell’autore pubbliciamo il racconto “Sostiene Giancarlo”.
“Sostiene Giancarlo, quando t’affaccerai dai merli guelfi e regolari dei bastioni di Sao Jorge, vedrai Lisbona stendersi ai tuoi piedi, come una lingua che si srotola declinando lenta, pietra dopo pietra, fino al Tago. Sentirai la brezza del deserto ascendere fin lì, agli estremi confini del mondo antico.
Sostiene Giancarlo che a Lisbona il fiume si fonde con l’oceano, ampliando gli argini come una donna che concede le sue grazie. Agognerai le sue rive, imprigionato nelle mura monumentali che cingono Praca do Comercio. Ti affretterai a varcare l’arco vuoto del foro cittadino, e ti specchierai in acque salmastre e quasi immote, che sanno di laguna. Ascolterai i gridi dei gabbiani, invidiosi della cannella odorosa dei pasteis de nata che solleticheranno il tuo palato.
Sostiene Giancarlo, seduto al caffè Brasileira udrai la bronzea voce di Pessoa con il suo abito inappuntabile e il capello di pietra, fissato in un eterno fiato di sigaretta. Ti verrà voglia di scrivere mille e una lettera d’amore, e che, mi raccomando, siano una più ridicola dell’altra. Con un bicchiere di quello verde nella mano e una nuvola di grigia mestizia sulla guancia, anche tu chiederai all’oste affaccendato: ≪Dammi altro vino perché la vita è niente≫.
Sostiene Giancarlo che al cospetto del Marchese de Pombal, nella piazza eponima, ti sarà chiara la tua piccolezza di fronte alla lunga Libertade che si lancia per kilometri, come un’Avenida. Allora capirai che le pietre di Lisbona ti sopravvivranno, e che una vita lunga non vale un sampietrino blu di questa città.
Sostiene Giancarlo, che è proprio lì, a Belem, che si fa forte la saudade dell’Atlantico. Alla punta estrema di Lisbona, salirai sulla torre, l’antico faro con la terrazza di pietra dura e fresca, gettando uno sguardo anelante verso Sintra, al di là del fiume. E a nulla varrà percorrere i mastodontici ponti sul Tago, a niente che tu scelga il 25de Abril: puoi liberarti di una costruzione d’epoca fascista, puoi percorrerne gli archi così ocra, eppure così simili a certi attraversamenti californiani, o magari invece puoi amare la democrazia e sopportare l’odore dei garofani rossi. A nulla varrà, per obliare Lisbona.
Sostiene Giancarlo, che tanto meno il ponte Vasco da Gama ti sarà di soccorso, col caratteristico biancore asettico come un viadotto di Calatrava. Ti ricorderà le mille pagine bianche che ancora vorrai scrivere alla foce del Tago.
Sostiene Giancarlo, sotto la volta a sesto acuto del convento do Carmo, anche tu ti sentirai come una chiesa scoperchiata. È questa l’alchimia di Lisbona: mentre ti svela i suoi segreti, non fa che mostrarti il baule della tua anima.
Sostiene Giancarlo, nel gate dell’aeroporto rivedrai il grigio di un padre e gli occhiali neri di una madre intravisti in metropolitana, avrai capito che erano italiani. Ti chiederai dove sia finita quella ragazza dalle labbra rosa e gli stivali lucidi che era con loro. Penserai che, come Pessoa, abbia assunto un eteronimo e sia rimasta lì.
Sostiene Giancarlo, che qualsiasi sia il tuo nome, Fernando, Antonio o Giancarlo, rimpiangerai di non poter sceglierti anche tu un’altra vita e passarla in riva al Tago”.
Giancarlo Marino (Napoli 1984 – vivente ma alquanto insalubre) scrittore e sceneggiatore (in)dubbiamente esistente, ma anche curatore incurabile. Giovane-vecchio membro di Homo Scrivens del cui sito è redattore, dirige con Aldo Putignano la Bottega della Scrittura, il laboratorio di scrittura di Homo Scrivens.
Tra i suoi interessi leciti, su quelli illeciti preferisce sorvolare, predilige la politica e la cultura, che ne fanno un intellettuale impegnato o, a parere dei suoi personaggi, uno “scrittore che si impegna poco”. Suoi racconti sono apparsi nelle antologie Faximile (Frilli 2004), Vedi Napoli e poi scrivi (Kairós 2005), San Gennoir (Kairós 2006), Racconti alla carbonara (Cento Autori 2007). Ha curato l’antologia poetica Dalla bocca del Vesuvio (Giulio Perrone 2007) ed è autore del racconto lungo La parabola dei ciechi (Cento Autori 2008)
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