Torino. Era partita nel migliore dei modi, una grande manifestazione popolare con oltre 800 lavoratori arrivati a Torino da Pomigliano d’Arco. Era cominciata con un viaggio carico di ottimismo e sogni: “Il treno cammina e con esso le speranze di 800 uomini, padri, giovani, operai che in questo treno hanno scoperto il senso d’appartenenza: la classe operaia”. Così, infatti, scrivevano dal treno le tute blu di Pomigliano diretti a Torino. A sporcare speranze e lotte l’aggressione al segretario nazionale della Fiom Gianni Rinaldini da parte dei Cobas, il sindacalista è stato strattonato e colpito con dei calci fino ad essere buttato giù dal furgone che fungeva da palco. Un episodio che non poteva non colpire chi a Torino c’è andato per tutelare il proprio lavoro, la propria vita. E così finito il corteo i sindacalisti e i lavoratori del “Giambattista Vico” sono stanchi per le undici ore di treno, per la lunga marcia per le strade del capoluogo piemontese, ma sono soprattutto rattristati per quello che è accaduto al comizio di chiusura. “Siamo venuti qui per parlare di lavoro, per il nostro futuro”, spiega Gerardo Giannone operaio, “e qualcuno ha provato a sporcare tutto questo, ma non ci sono riusciti del tutto”. A non svilire con quel brutto episodio tutto il significato della manifestazione nazionale è concorde anche Giovanni Orlando Rsu Fim. “Va registrata una massiccia presenza di operai di Pomigliano”, dice, “è andato tutto bene fino al momento del comizio. Qualcuno ha provato a sporcare la nostra lotta. Ma questo non significa dover buttare via tutta una giornata che è invece stata storica. Noi eravamo in tanti dietro lo striscione ‘Pomigliano non si tocca’ ed eravamo qui per avere notizie sulla nostra fabbrica e non ci fermeremo fin quando non le otterremo e saranno positiva”. Inizialmente si era appreso che ad aggredire Rinaldini era stato un gruppo di aderenti ai Cobas, molti dei quali con le bandiere dello stabilimento di Nola. Un’ipotesi smentita dallo stesso Orlando. “Non si trattava dello Slai Cobas di Nola”, aggiunge, “quelli che hanno cominciato erano proprio di Torino”. Soddisfatti di come è andata la manifestazione la Cgil Campania che in nota afferma: “La grande manifestazione unitaria dei lavoratori Fiat che si è svolta a Torino in maniera pacifica e tranquilla ha visto una forte e significativa partecipazione degli operai di Pomigliano che hanno fatto sacrifici per essere presenti e testimoniare la loro volontà di costruire una prospettiva per il gruppo e per lo stabilimento di Pomigliano”. E poi riguardo l’aggressione al segretario Fiom: “Al termine della manifestazione un gruppetto di persone, per pura visibilità, ha inscenato una gazzarra, prontamente respinta dai lavoratori di Pomigliano. Esprimiamo solidarietà al compagno Gianni Rinaldini per quanto avvenuto e ribadiamo la necessità, in una fase così delicata, della massima unità nel condannare questi episodi di stupida
violenza ed isolare i responsabili”. Ma come continuerà la lotta il giorno dopo lo sciopero? “La speranza è che Marchionne (amministratore delegato Fiat, ndr) si sieda finalmente ad un tavolo con i sindacati”, continua Orlando, “Le fabbriche che sembrano rischiare di più sono Pomigliano d’Arco e Termini Imerese, l’azienda deve dire in maniera chiara, a noi e al Governo, che cosa intende fare, perché il lavoro di queste fabbriche ha delle ricadute sull’apparato industriale di intere regioni. Finora abbiamo condotto la nostra lotta per il lavoro in maniera pacifica, ma se Marchionne continua ad ignorare i nostri appelli allora rompe la pace sociale”. Forse quest’incontro si farà, almeno stando alle dichiarazioni dell’Ad del Lingotto. Ma i dubbi restano. “E’ apprezzabile che la Fiat abbia deciso d’incontrare i sindacati per discutere del futuro degli
stabilimenti di Pomigliano d’Arco e Termini Imerese”, commenta Francesco Boccia, deputato Pd, componente della commissione Bilancio, “ma Sergio Marchionne prima di sedersi al tavolo per favore si faccia portare un semplice foglio di carta sul quale siano segnate le date delle migliaia di miliardi avuti dalla Fiat come aiuti di
Stato per sostenere l’occupazione al Sud nel corso degli ultimi cinquant’anni. E poi si metta la mano sulla coscienza”. E il consigliere regionale del Pd, Michele Caiazzo che era alla manifestazione aggiunge: “Non sono sufficienti le ultime dichiarazioni “rassicuranti” di Marchionne . La Fiat deve cominciare a dire quali nuovi modelli di auto saranno prodotti a Pomigliano D’Arco. Solo con risposte chiare si può abbassare lo stato di tensione che si è diffuso tra i lavoratori”. A Torino c’era anche il presidente del Consiglio comunale di Napoli, Leonardo Impegno per il quale “Pomigliano è non solo una fabbrica che produce ma è anche una risorsa economica ed un cardine produttivo dell’intera Campania. Per questo è un dovere che l’azienda, i sindacati ed il Governo percorrano tutte le soluzioni possibili per scongiurare la chiusura dell’impianto di Pomigliano”.
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