Sant’Anastasia. Bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti: con queste accuse è finito agli arresti domiciliari Giuseppe Spadaro originario di Sant’Anastasia, noto imprenditore del settore della vendita di elettrodomestici, mentre per Arturo Spadaro, padre di Giuseppe, che lo aveva preceduto nell’amministrazione dell’impresa, e per i membri del collegio sindacale della società, Marino Del Giudice, Raffaele Bruno, Olga Peluso e Nicoletta Cioffi è stato disposto il divieto di dimora nei comuni di Napoli e Provincia. Sequestrati inoltre beni immobili, disponibilità finanziarie e quote di società di quattro degli indagati per quasi 10 milioni di euro. I provvedimenti sono stati eseguiti ieri mattina dalla Guardia di Finanza di Casalnuovo nell’ambito di un’ampia indagine della Procura della Repubblica di Nola, guidata da Paolo Mancuso. La Spadaro Spa, società per azioni capofila di una nota catena di negozi specializzati nel commercio di elettrodomestici ed HI-FI., è stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Nola il 29 marzo 2009, con un passivo, accertato dalla curatela, di circa 50 milioni di euro. Durante la procedura concorsuale, sono emerse alcune anomalie. Erano stati, infatti, denunciati dal liquidatore della società due furti in altrettanti magazzini. Ciò che era parso anomalo tuttavia era stata la mancata quantificazione in denuncia della merce sottratta e le modalità attraverso cui erano stati perpetrati. A seguito di verifiche contabili della società fallita, tese a quantificare anche il reale ammontare dei beni e delle disponibilità economiche che sarebbero state utilizzabili dal curatore fallimentare per soddisfare la massa dei creditori, sono state accertate gravissime irregolarità, con esposizione di poste fittizie quali la reale consistenza delle giacenze di magazzino (risultate nella realtà inferiori rispetto a quanto indicato in bilancio) e delle disponibilità di cassa (anche queste esposte, attraverso artifizi contabili, per importi superiori rispetto a quelli reali). Tali ammanchi erano dovuti a vendite in nero ed al fatto che non tutti gli introiti transitavano realmente nelle casse della società perché “dirottate” su altri conti correnti nella disponibilità della proprietà. I furti dovevano giustificare gli ammanchi, in caso di un inventario effettuato per verificare la reale consistenza di magazzino. Per sottrarre disponibilità finanziarie alla società avevano anche creato una società cartiera intestata ad una “testa di legno” con la duplice finalità di emettere fatture per operazioni insistenti nei confronti della Spadaro Spa, per creare così costi fittizi che giustificassero prelevamenti di danaro e di emettere fatture per ottenere liquidità. Per rendere difficoltose le verifiche gli indagati hanno, fra l’altro, provveduto alla formattazione di tutti i computer su cui sarebbe stato possibile effettuare riscontri sull’inattendibilità dell’apparato contabile. Molte di queste cancellazioni sono state effettuate durante la domenica successiva ad un primo accesso della Guardia di Finanza nello studio dei professionisti che ricoprivano la duplice veste di consulenti dell’azienda e di membri del collegio sindacale. Si è cosi giunti alla denuncia di otto persone di cui quattro professionisti che, in concorso tra loro, si sono resi responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta, di falso in bilancio, di abusivo ricorso al credito attraverso la presentazione di fatture per operazioni inesistenti, di ricettazione di beni di provenienza fallimentare, di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Un indagato è stato anche denunciato per simulazione di reato. Gli inquirenti hanno accertato distrazioni di beni della società, costituiti dalle disponibilità derivanti dagli incassi delle vendite all’ingrosso e al dettaglio nonché dai beni giacenti in magazzino per circa 12 milioni di euro; esposizioni in bilancio di passività inesistenti per 5 milioni 400 mila euro; pagamenti preferenziali in danno dei creditori verso società riconducibili agli indagati per circa 4 milioni e mezzo di euro; la distruzione delle scritture contabili obbligatorie e l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un imponibile di circa 11 milioni di euro.
Autilia Napolitano
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