“Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,ma non ne ho il coraggio: temo che il mio cuore mi salga alle labbra.Ecco perche’ parlo stupidamente e nascondoil mio cuore dietro le parole.Tratto crudelmente il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso.” Cosi recita Rabindranath Tagore in uno dei suoi romanzi, e mai parole più forti sono state più adeguate a quello che vi stiamo per raccontare.
Una storia che oltrepassa le frontiere dell’indifferenza, la cronostoria di una giornata qualunque, un frammento di un blog che ci spinge alla riflessione. A riflettere su quanto la diversità dell’altro ci può arricchire, a quanto il mondo dei disabili vive nell’emarginazione. Vi proponiamo “i pensieri di Yalia” che con la sua diversità ci regala una grande ricchezza: leggere la sua anima per capire, aiutare, sensibilizzare ma sopratutto non abbandonare, giudicare. ed ignorare.
“Vedo aprirsi d’un tratto la porta bianca dello studio. Col suo bel camice bianco candido che salta subito agli occhi, il medico si avvicina a me porgendomi la mano e accompagnando il gesto con un bel sorriso solare. Accanto a me, la mamma. Il medico inizia a farmi un sacco di domande: università in dirittura d’arrivo, lavoro a 40 km da casa, vita sociale nulla o quasi, niente vino, niente fumo, eccetera… Lo vedo prendere appunti con estremo impegno. Ad un certo punto mi chiede:
“Sport?”
“Nessuno dottore… so nuotare ma i turni non mi permettono di frequentare un corso in modo regolare… dovrei farmi accompagnare… da sola non posso…”
“Perché?”
“Dottore… io sono disabile, dalla nascita… Magari si potrebbe fare, ma da sola non potrei e non me la sento di impegnare nessuno della mia famiglia a seguirmi…”
Segue la fatidica domanda che ho risentito mille e più volte in questi ultimi 33 anni:
“Ad oggi, si sono scoperte nuove cure?”
Mente istantaneamente annebbiata. Davvero non ricordo chi abbia posto a chi questa bella domanda; se mia mamma al medico o se quest’ultimo a mia mamma.
Ricordo solo che il medico ha detto di aver avuto in gioventù un amico con il mio stesso problema: una persona splendida, allegra, solare e chi più ne ha più ne metta! Sul suo volto si dipinge un’espressione tra il compiaciuto e l’imbarazzato, fra l’imbarazzato e lo smarrito, quasi a chiedermi conferma se anch’io fossi davvero così solare e allegra. E perché mai questa domanda? Non posso esserlo forse? Qualcosa me lo vieta?
Certo le cose non sono facili per me.
Ogni singolo giorno della mia vita è una lotta e una conquista.
Ogni piccolo grande problema è uno smarrirsi per poi ritrovarsi anche più forti e caparbi di prima.
Ogni difficoltà è affondare nel buco più nero e insondabile per poi catapultarsi con forza e tanto impegno nella splendida luce di ogni singolo giorno e di ogni singolo istante di vita che mi è concesso.
Essere disabili è amare alla follia la persona che vuoi avere accanto a te tutta la vita. E’ amare il sole, la luna, un fiore, la pioggia che bagna le finestre. Essere disabili è ridere di cuore con qualcuno e sorridere di cuore per qualcuno, anche quando la vita a te non sorride e non risparmia un nuovo dolore che si somma a tutto quel grande fardello che hai nel cuore. E’ gioire nel profondo delle gioie degli altri anche quando sotto sotto vorremmo che quella fosse anche una nostra gioia per noi stessi. E’ sapere che diventerai zia fra qualche mese e urlare la tua incontenibile gioia al mondo intero, quando la più grande gioia sarebbe stringere il tuo futuro figlio fra le braccia. E’ impegnarsi per aiutare un amico in difficoltà mettendo da parte le nostre difficoltà, ed è gioire di cuore se e quando il nostro amico accenna anche solo un piccolo sorriso per ringraziarci.
Essere disabili è volere, nel proprio piccolo, cambiare il mondo intero per renderlo un mondo più giusto, meno cieco di fronte alle diversità, più profondo.
Essere disabili è non vergognarsi mai dei propri sentimenti, anche se non sono ricambiati… perché si ama spassionatamente, appassionatamente e senza riserve.
Essere disabili è essere rafforzati dalle difficoltà della vita e induriti dalle delusioni che la vita inevitabilmente porta con sé.
Essere disabili è un sorriso aperto e sincero; è piangere a dirotto nei momenti di sconforto; è la voglia di far ridere qualcuno anche quando il mio cuore piange; è volere caparbiamente che un amico trovi il coraggio e la forza di litigare con me quando c’è la necessità di scontrarsi; è voler essere presa a schiaffi se me lo merito ed essere abbracciata se ne sento il bisogno.
Essere disabili è tutte queste cose e mille altre ancora. E’ sentirsi persona in mezzo a tante persone. Essere disabili è per me una ricchezza e non una mancanza solo perché le mie gambe non funzionano come quelle di chi mi passa accanto ogni giorno, ignorandomi o peggio compatendomi. La compassione non mi aiuta a vivere. E nemmeno l’illusione di una guarigione che molto probabilmente non arriverà mai.
La vita da vivere è questa. Qui. Ora. Ed è una vita splendida. Nonostante tutto”.
Giovanna Salvati
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