Napoli. É alla sua seconda riedizione il libro dedicato al santo, probabilmente, più emblematico della storia del cattolicesimo. L’ “Elogio di San Gennaro” del giornalista Pietro Treccagnoli, storica firma de “Il Mattino”, rivede la luce con la “Langella Edizioni” di Pasquale, editore e titolare dell’omonima libreria di Port’Alba. In libreria dal 13 aprile, la particolare opera questa volta è arricchita dalle foto del noto fotoreporter de “Il Mattino” Sergio Siano, dalla prefazione di Paolo Iorio direttore del Museo di San Gennaro e dalla traduzione in inglese di Mena Bianco. La foto di copertina è di Mario Siano, ritrae la processione del santo nel cuore di Napoli scattata nel 1971, un omaggio che ha voluto fare suo figlio Sergio che ha impreziosito ancora di più il libro: «Con Pietro e Pasquale è un bellissimo sodalizio, un’amicizia fraterna. Con Pietro abbiamo collaborato insieme alla rubrica per il Mattino “La Pelle di Napoli”, una bella esperienza. Pasquale è un editore forte, che investe nonostante la crisi e svolge davvero un ottimo lavoro editoriale. Le foto nell’Elogio vogliono rappresentare un racconto fotografico dei luoghi di San Gennaro, come ad esempio le catacombe. Nel libro c’è anche la foto del miracolo del 1985, il primo che ho visto e fotografato”.
L'”Elogio di San Gennaro” è un testo che ogni napoletano dovrebbe possedere, l’elogio ad un santo “chiacchierato”, colui che secondo la credenza popolare riesce a tenere testa ad uno dei vulcani più pericolosi al mondo. Il sangue del vescovo di Benevento “irradia” da secoli una luce incandescente che riscalda il “ventre di Napoli”, come direbbe la Serao. Un ribollìo di fluidi, sangue e lava, che si respingono pur non toccandosi mai. Treccagnoli riesce a descrivere una devozione secolare con grande maestria, attento cultore di una storia che non è stata mai singolare, cioè solo del santo, ma che ha coinvolto quella dell’intera città. “Se dovessi raccontarvi vita, morte e miracoli di San Gennaro, non la finiremmo più. Travalicherei di molto il compito che mi sono dato: un elogio, un semplice elogio a cui si può affidare anche la speranza in un mondo migliore, in modo primitivo e fanciullesco” la parte del libro che esprime al meglio l’anima del capolavoro di Treccagnoli .”San Gennaro appartiene alla città”, così l’autore risponde alle nostre domande.
Una riedizione dell’ “Elogio di San Gennaro”, c’è qualche differenza da quella precedente?
Varia di poco dalla prima edizione, in quest’ultima è stata aggiunta la versione in inglese, le foto di Sergio Siano e la prefazione di Paolo Iorio, direttore del Museo di San Gennaro. Un testo personale, ci sono dei dati storici ma è un rapporto personale con un simbolo di Napoli.
La controversa figura di San Gennaro, che porta con sè miti pagani e religiosità cristiana, è lo specchio dell’anima della città. Dei due fattori, nell’Elogio, qual è prevalso?
Non penso che la devozione sia qualcosa di essenzialmente pagano, è un fenomeno che riguarda tutte le religioni. Il paganesimo era una religione, quindi fa parte del rapporto con la spiritualità. É un modo di rapportarsi in modo popolare verso la divinità. Ovviamente a Napoli la devozione ha assunto dei caratteri pagani. In tanti hanno scritto che i santi sono un riadattamento delle divinità pagane, in particolare a Napoli dove lo spirito greco è rimasto forte per molti anni. Come nel mondo latino, a Napoli, molte chiese sono sorte dove c’erano i templi pagani. San Gennaro appartiene alla città, sia le reliquie che la sua storia, si identificano con Napoli. É considerato un cittadino napoletano, infatti le reliquie e la cappella appartengono alla Deputazione, che è la rappresenta la città e non la chiesa.
Secondo lei, che è un cultore della figura di San Gennaro, quanto può esserci di autentico nel “miracolo”?
É il punto centrale del culto di San Gennaro, come si dice durante la messa è un mistero della fede. Questo è un prodigio che la chiesa non ha mai saputo spiegare, cosa certa che nelle due ampolline c’è del sangue. Questo è stato scoperto attraverso gli esami spettografici. Le ampolle non possono essere aperte, sono state chiuse con un materiale metallico secoli fa e quindi eventuali tentativi potrebbero romperle. Non so rispondere se sia tutto vero oppure no, ma non credo che sia un composto chimico. Molti scienziati in passato hanno tentato di riprodurre il miracolo, lo stesso principe di Sansevero ci ha provato ma gli esperimenti non sono mai riusciti, il liquido da loro composto rimaneva sempre sciolto e non si solidificava. Resta, quindi, un prodigio inspiegabile. Fino alla seconda guerra mondiale a Napoli c’era molto sangue santo che si scioglieva. Adesso è rimasto solo quello di San Gennaro e Santa Patrizia, quello di quest’ultima si scioglie ogni martedì nel convento di San Gregorio Armeno. E poi a Ravello c’è quello di San Pantaleone. In realtà quello di cui parliamo è uno scioglimento e non una liquefazione, come comunemente conosciuto.
San Gennaro è stato destituito durante la restaurazione borbonica, dopo la Repubblica Napoletana. Durante questo contesto storico si verifica un “miracolo” ad hoc, tanto che venne, all’epoca, considerato protettore dei giacobini.
Un avvenimento che è stato molto romanzato, secondo Dumas avvenne sotto minaccia, poi invece l’interpetazione che si dà è che il santo per mantenere la pace sociale, politica e militare fece sciogliere il sangue. Ma i lazzari si sentirono traditi, perchè filoborbonici, e si opposero alle truppe francesi in maniera forte e decisa, tanto che per Championnet non ci fu mai un esercito così resistente. Il cardinale Ruffo, alla guida dell’esercito della Santa Fede per riprendersi il regno, si fermò sul ponte della Maddalena e per entrare in città aspettò il 13 giugno, giorno di Sant’ Antonio. Proclamato protettore della città durò poco tempo, durante un eruzione del Vesuvio, fu portato in processione e i napoletani vedendo che il vulcano continuava ad eruttare posarono Sant’Antonio e ripresero San Gennaro. Portato in processione la lava si fermò e il vescovo di Benevento ritornò ad essere il protettore della città. San Gennaro è l’unico che riesce a fermare il Vesuvio, la sua funzione è proprio quella di proteggere la città di Napoli da ogni calamità soprattutto quella del vulcano.
L’ Elogio è stato scritto con gli occhi di un antropologo, giornalista o di un devoto che ama Napoli e il suo protettore?
Tutti e tre. La mia deovozione l’ho raccontata nel libro, nasce dal fatto che anche io sono un figlio di Gennaro. La mia passione per San gennaro nasce all’università durante una tesi sul teatro sacro, e lui naturalmente era quello più rappresentato e forse questo è l’aspetto antropologico.
Pasquale Langella editore della nuova edizione dell’Elogio di San Gennaro commenta così la prossima uscita: «Stampare questa nuova edizione dell’Elogio rappresenta anche un segno di ottimismo per il futuro, abbiamo pensato di stamparlo anche in inglese, grazie alla traduzione di Mena Bianco e alla cura di Sergio Travi, come segno beneaugurante per un ritorno alla normalità e quindi per un ritorno di turisti in città. Lo abbiamo arricchito delle foto di Sergio Siano per dare una testimonianza anche visiva della bellezza oltre che della sacralità della processione annuale al santo. Voglio inoltre ringraziare Paolo Iorio per aver impreziosito ancora di più questo lavoro con la sua prefazione, essendo lui il primo custode di un museo bellissimo, con la speranza che torni presto ad essere visitato. Pietro ormai è un punto fermo della mia carriera da piccolo editore e stampare il suo Elogio per me è un onore e ne sono veramente felice. Che dire speriamo che il testo piaccia anche ai lettori che ci sceglieranno. Non sveliamo cosa, ma riceveranno in allegato al libro anche un piccolo dono spero gradito».
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