Cinque arresti, 22 indagati, altrettante perquisizioni tra l’Aquila, Somma Vesuviana e Sant’Anastasia, fanno da scenario ad una vasta operazione contro il traffico e lo spaccio di cocaina e hashish nel capoluogo abruzzese. Un’operazione condotta all’alba di oggi dai carabinieri del Nucleo Operativo di L’Aquila (guidati dal tenente colonnello Andrea Ronchey) e nell’area vesuviana dei militari della Compagnia di Castello di Cisterna che hanno effettuato perquisizioni non solo nella città abruzzese, dove si svolgeva lo spaccio di droga, ma anche a Somma e Sant’Anastasia dove risiedono alcuni degli indagati e dove, secondo le indagini, la cocaina veniva acquistata. In particolare le verifiche dei militari questa mattina sono state effettuate a Somma nel quartiere di rione Trieste e a Sant’Anastasia nella zona del Boschetto. Nei guai anche il parente di un consigliere comunale anastasiano, e tra gli indagati imprenditori noti in città.
A finire in carcere Salvatore Mauriello, 28 anni, di Sant’Anastasia da tempo risiedeva a L’Aquila ed era dipendente della ditta Sial che si occupa di bagni chimici e Antonio Romano, 46 anni, mentre ai domiciliari sono finiti Giuseppe Giuliani 43 anni titolare di un bar e Angelo Naindenel 39 anni meccanico anche lui napoletano, mentre è ancora ricercato Eduardo Romano, su tutti e cinque grava l’accusa di “associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti”; due dei soggetti arrestati dovranno anche rispondere del reato di “tentata estorsione” per avere minacciato un cliente, con debiti insoluti, di rendere noto il suo stato di assuntore si stupefacente se non avesse saldato il “dovuto”. Risultano invece indagati, in stato di libertà, per “detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente” P.M. 34enne, P.C. 40enne, S.B. 39enne, V.E. 30enne, S.E. 53enne, E.O. 26enne, tutti residenti a Somma e Sant’Anastasia ad eccezione dell’ultimo, che è aquilano. Sottoposto ad obbligo di firma un altro aquilano R.D.G. 43enne che, avendo offerto ai militari del denaro per essere “sfilato” dall’indagine, in luogo di una semplice segnalazione alla Prefettura, dovrà rispondere del ben più grave reato di “istigazione alla corruzione”. Infine, come già accennato altre 10 persone risultano indagate per “favoreggiamento personale”. Indagini partite nel 2012 e che hanno portato ad una copiosa informativa in base alla quale il Gip del tribunale di L’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella, ha ritenuto procedere con l’emissione di una serie di misure cautelari restrittive.
In particolare, l’indagine, coordinata dal comando provinciale carabinieri di L’Aquila e sviluppata dal Nucleo Operativo e radiomobile aquilano che hanno individuato un canale di spaccio proveniente dai due comuni vesuviani. Secondo gli inquirenti, a curare il trasferimento della droga fino in Abruzzo erano tre soggetti, ma ben radicati nell’ambiente aquilano; due di loro ritenuti gravitanti nell’area del clan camorristico “Vanella-Grassi”, operante a Napoli nel quartiere 167 di Secondigliano. Il gruppo gestiva l’intera filiera dell’illecito commercio, a partire dall’acquisto nei centri di Somma Vesuviana e Sant’Anastasia, fino alla vendita al dettaglio di “cocaina” ed “hashish”, curandone il trasporto, la detenzione e la manipolazione. Una volta giunti a L’Aquila potevano contare su diverse basi logistiche per custodire lo stupefacente: in primo luogo le proprie abitazione, prese in locazione, ma anche alcuni locali della S.I.A.L. – Servizi Igiene Ambientale L’Aquila S.r.l. (risultata assolutamente estranea ai fatti) e dei quali avevano la materiale disponibilità. L’organizzazione poteva addirittura contare su di un “servizio di manutenzione” dei propri veicoli che venivano fatti verificare da un complice dell’organizzazione, meccanico di professione, che curava il controllo delle autovetture per accertarsi che non fossero stati installati sistemi di controllo.
Il trio poteva inoltre contare su una serie di soggetti locali che acquistavano quantitativi più elevati per cederli a loro volta a clienti fissi, ben conosciuti. Venditori e clienti si conoscevano bene ed il fatto di evitare contatti con soggetti nuovi per essere più “protetti”. Ed infatti ben dieci “clienti” risultano indagati con l’accusa di “favoreggiamento personale” per aver aiutato gli indagati ad eludere le investigazioni dei carabinieri negando ai militari di aver acquistato sostanza stupefacente e riferendo di avere con loro solo meri rapporti di lavoro o di amicizia. Un tentativo certamente vano, considerato che le indagini (coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica, Fabio Picuti) in un periodo che va dall’ottobre 2012 all’agosto 2013 hanno documentato l’attività di cessione di cocaina ed hashish, in maniera scrupolosa, suffragando le proprie intuizioni investigative con una pluralità di fonti di prova, quali che vanno ben oltre le normali attività tecniche. Quindi intercettazioni, acquisizioni di atti, pedinamenti (alcuni dei quali corroborati da riprese fotografiche o video), sequestri di droga, controllo ed identificazione dei clienti, perquisizioni personali e veicolari.
Ne è scaturito un quadro investigativo decisamente puntuale, nel quale sono state individuate le principali piazze dello spaccio locale, per lo più luoghi di passaggio, in vari punti della città, ma anche aree commerciali molto frequentate e tali da garantire un sostanziale anonimato nella confusione globale, ma anche bar e locali piuttosto noti, anche in ragione della natura di alcuni clienti. Uno di questi addirittura, fermato e sentito dai carabinieri riguardo le sue frequentazioni, dopo avere inizialmente ammesso l’acquisto di stupefacente dagli indagati ha offerto ai militari ben 5mila euro affinchè distruggessero il verbale e facessero così sparire il suo nome dal verbale.
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