Vi sono uomini brutti e vi sono uomini ripugnanti: ma Dio volle che non vi fosse infanzia senza sorriso e senza fascino di amore.
Con tutta la loro contraddizione, i bimbi valgono – per l’arte – quanto l’uomo nel pieno rigoglio della sua virilità, quanto la donna nel pieno fiore della sua bellezza
Da queste parole della Serao, un piccolo saggio del libro, capace di toccare gli animi e anche scuotere, così come solo un bimbo sa fare: Sempre un bimbo mi sorprende e mi fa pensare.
Ed è talmente unito alla nostra vita, parte di noi più sorridente e più sensitiva, che spesso egli ci salva – e spesso egli ci perde
Una serie di racconti che si susseguono come fotografie in bianco e nero, con qualche tocco di colore qua e là, ritratto di una società (tanto di ieri quanto di oggi) che rende spesso i bambini vittime del malessere degli adulti, ma al tempo stesso essi ne sono la speranza e la salvezza, perché restano integri e puri come solo a quell’età si può.
La toccante innocenza dei fanciulli, la loro purezza e tutta la loro splendida, esplosiva interiorità, raccolte nel libro pagina per pagina, fin dalla copertina, con il disegno appositamente realizzato da Carmelo Costa per questo capolavoro della Serao.
Matilde Serao nasce a Patrasso (Grecia) il 7 marzo 1856 dal giornalista napoletano Francesco Serao e dalla nobile greca Paolina Bonelly. Studia a Napoli, dove si diploma maestra nel 1876. Dopo aver lavorato alle Poste per quattro anni come telegrafista intraprende la carriera di giornalista; collabora con il «Piccolo», la «Gazzetta letteraria piemontese» e il «Corriere del Mattino». Nel 1881 si trasferisce a Roma. Collabora con «Fanfulla della Domenica», «Nuova Antologia», «Cronaca Bizantina» e «Capitan Fracassa», dove conosce il giornalista Eduardo Scarfoglio. I due si sposano nel 1885 e hanno quattro figli. Insieme dirigono il «Corriere di Roma» dal 1885 al 1887. Tornati a Napoli Scarfoglio fonda il «Corriere di Napoli», poi assieme alla moglie fonda e dirige «Il Mattino». Nel 1902 Matilde lascia il marito. Conosce l’avvocato Giuseppe Natale, dal quale ha una figlia ma che non sposa, e con lui fonda, nel 1904, il «Giorno». Muore a Napoli il 25 luglio 1927.
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