Napoli. I Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica, i Finanzieri del Comando Provinciale e gli Agenti dell’Unità Operativa Tutela Ambientale della Polizia Locale di
Napoli hanno dato esecuzione, su disposizione del Tribunale di Napoli – Ufficio G.i.p., ad
un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale del divieto di dimora, in
Campania ed in Abruzzo, nonché di sequestro preventivo di beni del valore di 3.000.000 di
euro. Il destinatario della misura personale e reale è Bruno Sansone, imprenditore
napoletano del settore edile e dello smaltimento dei rifiuti, titolare, tra le altre, della
Edilcamaldoli s.r.l. e della Sansone s.r.l., indagato per il delitto di omessa bonifica, oggi
previsto dall’articolo 453-terdecies del codice penale, norma introdotta con la legge n. 68
del 2015.
Il provvedimento cautelare scaturisce da complesse indagini, coordinate dalla Procura
della Repubblica di Napoli – Sezione Ambiente, nel corso delle quali sono stati sentiti
anche responsabili del Ministero dell’Ambiente, della Regione Campania, della Città
Metropolitana, del Comune di Napoli e del Genio Civile. L’inchiesta è scaturita dall’esposto
di alcuni cittadini che hanno denunziato ai magistrati inquirenti le condizioni di degrado e
compromissione ambientale del Vallone San Rocco, area sita all’interno del Parco
Metropolitano delle Colline di Napoli. Trattasi di una zona cittadina, collocata in
prossimità del polo ospedaliero, che avrebbe dovuto costituire il polmone verde della
metropoli ed invece è risultata costantemente afflitta da continui sversamenti ed
interramenti di rifiuti speciali, anche pericolosi. Gli incessanti depositi di rifiuti hanno anche
cagionato un grave rischio di dissesto idrogeologico. Peraltro, la Corte di Giustizia
dell’Unione Europea aveva già condannato lo Stato italiano per la mancata bonifica della
cava Suarez (ex cava di tufo sita proprio nel cuore del Vallone e del Parco) ed, in
generale, per la situazione di incuria ambientale della zona.
Bruno Sansone chiedeva ed otteneva l’autorizzazione alla ricomposizione ambientale
della menzionata cava, che veniva tuttavia utilizzata, per anni, quale sito di illecito
smaltimento dei rifiuti da costruzione e demolizione, contenenti anche amianto,
derivanti dalle attività delle proprie aziende.
Proprio per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti all’interno della cava
Suarez egli era già stato rinviato a giudizio dalla Direzione Distrettuale Antimafia della
Procura di Napoli, con dibattimento di primo grado attualmente in corso. Medio tempore
non risultava aver mai ottemperato agli obblighi imposti per legge e relativi al
recupero della cava, sostanzialmente sfruttata quale personale discarica abusiva.
L’imprenditore è indiziato del mancato adempimento dell’ordine di rimozione dei rifiuti, di
bonifica e di ripristino ambientale della cava, adottato dal Comune di Napoli nell’agosto
2019 e confermato sia dal T.a.r. che dal Consiglio di Stato, così cagionando un
progressivo e grave deterioramento ambientale del sito protetto.
In particolare, le attività investigative condotte dalla Polizia Locale e dai Carabinieri del
N.o.e. hanno permesso di sequestrare la cava e di quantificare in almeno 30.000 mc i
rifiuti in essa accumulati, come confermato dagli accertamenti tecnici esperiti
dall’A.r.p.a.c. – Dipartimento di Napoli e dall’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale
(I.s.p.r.a.).
Gli Enti hanno stimato, altresì, il costo della rimozione dei rifiuti in 3.000.000 di euro,
spesa che, allo stato dell’indagine, risulta esser stata risparmiata dall’indagato. La
predetta cifra è stata sottoposta a sequestro su conti correnti riferibili sia direttamente che
indirettamente all’imprenditore. Sono altresì stati sequestrati beni mobili (gli autocarri e i
mezzi utilizzati per l’attività edilizia) ed immobili rientranti nel patrimonio dell’indagato, sino
a coprire l’intero ammontare dell’illecito profitto.
I successivi accertamenti di polizia economico-finanziaria svolti dalla Guardia di Finanza
hanno consentito di acquisire elementi utili a ritenere che l’indagato, avuta conoscenza
dell’avvio di procedimenti amministrativi, oltre che penali, nei propri confronti, abbia posto
in essere una serie di atti volti alla fraudolenta spoliazione di beni appartenenti al
patrimonio personale e della società titolare dell’autorizzazione ambientale, al fine di
evitarne il sequestro.
A fondamento dell’indagine sono, con il coordinamento della Procura, stati utilizzati i più
efficaci strumenti di contrasto al crimine ambientale introdotti dal legislatore con la legge n.
68 del 2015. La recente legge, a fronte dei già vigenti illeciti contravvenzionali volti a
sanzionare le condotte di aggressione formale al bene ambiente, ha tipizzato molteplici
delitti ambientali ed altresì introdotto l’istituto della confisca sia diretta che per equivalente
al profitto del reato.
L’indagato è destinatario del provvedimento di divieto di dimora nelle Regioni
Campania e Abruzzo, nonché del divieto di esercitare attività d’impresa o
professione e di detenere uffici direttivi delle persone giuridiche e delle aziende che
operano nelle materie dell’ambiente e dell’edilizia. Il G.i.p. ha altresì disposto la
sospensione di Bruno Sansone dall’iscrizione al Registro dei Gestori Ambientali.
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