Anche la settima edizione della kermesse curata dal ‘patron’ Giovanni Palladoro va ad ultimarsi in un susseguirsi di rappresentazioni intervallate a secondo della ricorrenza di altri appuntamenti cittadini, che quest’anno ha posto le sue date dal 27 novembre 2010 al 7 maggio prossimo a venire, giorno fatidico della premiazione.
Così è stato anche per la nona opera in concorso, ‘Filumena Marturano’, presentata dalla compagnia teatrale ‘Totò’ di Visciano. Ulteriore occasione per fissare, tra l’incuriosito e l’interessato, lo sguardo sul palco per quelle due ore circa che chiamiamo di spensieratezza, di svago, di divertimento. Quel tempo che invita a riderne, ma, in ogni caso, mai fine a se stesso. Che invita a pensare, a trarne qualche conclusione rapportata ai nostri giorni e convincersi che quella raccontata magistralmente da Eduardo De Filippo nell’immediato dopoguerra, per tante sfaccettature emotive, passionali, sentimentali … potrebbe rispecchiarsi facilmente nella nostra realtà.
Certamente non fedelmente alla trama, in considerazione della storia quantomeno originale e poco ripetibile alla ‘massa’, poiché una donna di ‘malaffare’ ed il suo ‘cliente’ preferito, padre di uno dei suoi tre figli, è da configurarsi nell’eccezione che conferma tante ‘regole’!
Ma nel suo insieme, rievocando usi e costumi in un dramma dell’esistenza destinato a scardinare i preconcetti dell’indole umana che, di fronte a situazione al limite è invitata a trarne le opportune conclusioni – per tormentate che siano – buttando nel water del mondo pregiudizi, convenzioni, false ideologie di casta, e giungere a miti consigli. Quelli che la ragione suggerirebbe anche in situazioni estreme, per una ‘pace’ alla quale convergono i nostri personaggi principali: Filumena Marturano/La Manna e Domenico Soriano/Corbisiero!
E appunto, l’attore/regista Saverio Corbisiero, supportato dal fedele ‘spiccia faccende/spione’ Alfredo Amoroso, da all’opera una interpretazione alquanto convincente, spaziando tra innovazioni del ruolo e reminiscenze edoardiane, principalmente in quei balbettii classici e toccatine del ‘baffo’ che hanno contraddistinto il grande De Filippo in ogni sua opera. Non è certamente facile passare da una sensazione emotiva all’altra – specialmente se in contrasto tra loro – quando non deve essere la memoria ad sorreggere la recita, ma lo studio del personaggio, e, soprattutto la bravura interpretativa che consiglia un movimento, un gesto, un tono di voce, anziché un altro. E, dopo trenta repliche la sicurezza e la personalizzazione del ruolo possiamo riconoscerla!
La ‘nostra’ Rosalia Solimene, ‘dama di compagnia/confidente’ di Filumena Marturano, – ‘ngiucessa molto saggia che ha rischiato l’allontanamento se non fosse stato per l’intercessione di Filumena – si avventura con estrema naturalezza in dialoghi/monologhi per giustificare scelte e comportamenti da vera ‘maetresse’ della casa! E poi ancora Diana, l’ultima “fidanzata” del donnaiolo ‘don Domenico’, i tre figli della Marturano, Umberto, Riccardo e Michele … l’avvocato Nocella, sputasentenze ad hoc, la cameriera Lucia … completano il quadro figurando ai propri personaggi una interessante dignità.
Ma, al di sopra di ogni considerazione vi è l’attrice Maria La Manna a conferire alla protagonista dell’opera Filumena Marturano, movenze, passione, decoro, tormento, partecipazione … con voce e gestualità degne delle migliori interpretazioni del teatro ‘amatoriale’, conferendo ad ogni tratto del suo corpo e della sua ugola, spasmi di sentimenti che svolazzano dalla rabbia alla rivalsa, da ‘serva’ a ‘padrona’, da ‘vittima’ a ‘carnefice’, da incudine a martello! La sofferenza le si legge in ogni suo movimento, in ogni sua parola, in ogni espressione del viso.
Una sofferenza orgogliosa tipica delle persone che non si piegano alle difficoltà della vita o procurate da ‘notabili’ che ne delineano le sorti. Ma che, con capacità che oseremmo definire ‘infernali’, sono capaci di volgere a proprio favore gli esiti di un destino ingrato e di imporre il proprio desiderio alla persona che ha catalizzato la propria esistenza di ‘mantenuta’, tenendola in una prigione dorata, per fortuna solo fisicamente!
Mai un sorriso compare sul suo volto, mai una lacrima per l’ingrato destino, mai un tentennamento nell’intento di capovolgere le sorti della sua esistenza ed assicurare un futuro degno ai tre figli – uno solo venuto al mondo dal seme del ‘padrone’ – per i quali deve essere riservata stessa sorte e stessi diritti! E questo che rende speciale, unico, irripetibile il personaggio. E’ questo che richiede a chi ha l’ardore di avventurarsi in un’interpretazione del genere, doti, peculiarità e caratteristiche che vestono di velato professionismo.
Per carità, niente a che vedere con le interpretazioni dei mostri sacri della versione cinematografica Loren/Mastroianni, oppure tra gli ultimi a cimentarsi nell’opera teatrale, Ranieri/Melato. Ma una piccola fetta di gloria se la sono ritagliata con estrema semplicità i nostri ‘Totò’.
A questo punto potremmo continuare ancora battendo gli stessi tasti psico/emozionali. Ma, crediamo, l’idea sia resa!!!
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