Roma. Riceviamo e pubblichiamo la lettera dell’associazione Sbarre di Zucchero indirizzata al ministro della Giustizia Carlo Nordio.
“Illustre Ministro della Giustizia, Carlo Nordio,
Il ritorno in Italia di Chico Forti, per finire di scontare la sua pena, ha fatto gioire chiunque avesse seguito la sua vicenda giudiziaria oltre Oceano, non v’è dubbio alcuno.
Ciò che stupisce ed ha fatto sobbalzare sono le modalità con la quale è stato accolto – addirittura dalla Premier – ma, soprattutto, ciò che è avvenuto col suo ingresso nel carcere di Verona.
Rientra nella prassi far fare al detenuto nuovo giunto il tour dell’Istituto, come fosse un ospite istituzionale? Tour comprensivo di foto ricordo, nei locali dell’Ufficio Matricola, locali definiti da qualcuno “non protetti”, quando tutti sappiamo che l’Ufficio Matricola è il cervello del carcere, dove sono custoditi tutti i dati sensibili dei detenuti. Noi crediamo di poter dire con certezza praticamente assoluta che la risposta è NO, e Lei?
Umanamente abbiamo accolto con favore la possibilità data a Chico Forti di usufruire immediatamente di un permesso di necessità, per far visita all’anziana madre, e della bravura dell’Istituto penitenziario scaligero di organizzare in un batter d’occhio la traduzione a Trento, ma altrettanto ci ha umanamente rattristati ricevere decine e decine di testimonianze dei parenti dei detenuti “anonimi” ed ex detenuti che ci parlano di permessi di necessità mai pervenuti, nemmeno per eventi tragici come la morte di un genitore, impedendo loro di partecipare ai funerali, nonostante fossero già stati soggetti a mesi di osservazione, nonostante avessero relazioni di sintesi impeccabili. Rigetti che molto spesso vengono motivati con l’impossibilità di organizzare la traduzione in tempi brevi anche perché la territorialità della pena pare utopia per una gran fetta di persone detenute.
I messaggi che continuiamo a ricevere a decine, ogni giorno, vanno in direzione diametralmente opposta a quanto da Lei dichiarato e di ciò vorremmo una spiegazione, un dialogo aperto e costruttivo con Lei.
Ben venga questa celerità, sig. Ministro, celerità che noi auspichiamo da sempre per TUTTI, perché fermamente convinti che un diritto, per essere chiamato tale, debba essere universale, a disposizione di tutti, altrimenti diventa a tutti gli effetti un privilegio.
Ci riconosciamo pienamente, dunque, nelle parole della Camera penale veronese che asserisce che “A fronte delle considerazioni di vera e propria illegalità nella quale sono costretti a vivere ed a morire tutti i detenuti del carcere della nostra città, Camera Penale Veronese apprende dalla stampa che, a pochi giorni dall’ingresso in carcere di Verona-Montorio, a Chico Forti è stato concesso di fare visita all’anziana madre. Pur non intendendo entrare in alcun modo nel merito del provvedimento, si auspica che la celere tempistica nel rilascio del permesso divenga trattamento riservato indiscriminatamente a tutti i detenuti che attendono una decisione sulle proprie istanze”; e ci riconosciamo anche nelle parole amareggiate di appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria che parlano di “numerosissimi detenuti ‘poveri cristi’, ai giovani che in cella si sono tolti la vita, agli over 80 che nonostante le condizioni precarie di salute e l’età continuano la detenzione, ai tossicodipendenti e malati psichici che andrebbero curati”
In Italia ci sono migliaia di detenuti che, se ricevessero con celerità risposte alle istanze proposte al Magistrato di Sorveglianza per ottenere la liberazione anticipata, potrebbero accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento Penitenziario, deflazionando in modo consistente le presenze ed avvicinando il sistema penitenziario al dettato costituzionale.
In uno Stato che si definisce civile non è ammesso che ci siano detenuti di serie A e detenuti di serie B”.
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