DA METROPOLIS DEL 27 GENNAIO
Somma Vesuviana. Denudata, derisa e insultata per gioco dai suoi stessi compagni, il tutto sotto lo sguardo indifferente di cittadini, di commercianti e ancor più pesante degli agenti della polizia municipale. Non accade nel terzo mondo, dove forse atteggiamenti simili per la legge della sopravvivenza passano inosservati, anche senza mai essere giustificabili, ma forse poco ci manca. Non è nemmeno notte inoltrata, ma appena le 18.13 di un martedì pomeriggio. L’aria fredda impedisce a tanti cittadini di passeggiare per piazza Vittorio Emanuele ma non per “i piccoli bulli di quartiere” di appena dieci anni. Sono li in piazza, cercano qualcosa da fare, eh si perché non c’è molta alternativa. Sembrano figli di nessuno, in una terra che diventa spettrale e soprattutto terra di nessuno, perché nessuno si accorge di loro. Non hanno un posto in cui andare se non quella piazza, ritrovo di giorno per tanti giovani che cercando di passare il tempo. Si ma martedì, quel tempo, i piccoli di quartiere hanno scelto di trascorrerlo con un gioco diverso. Stanchi del pallone, perché “richiamati dai cittadini perché danno fastidio” hanno deciso di “giocare” con una loro amica. Prima scherzano con lei, la prendono un po’ in giro, lei sta allo scherzo. Ma quel gioco improvvisamente diventa pesante “non mi va più di giocare” ma i piccoli di quartiere non accennano minimamente a fermarsi. La buttano a terra, le tirano i capelli, lei oppone resistenza. Ne segue una lunga lotta, in tre la circondano e tirandole i capelli la trascinano per la piazza. Tutti guardano, ma nessuno vede. Le tolgono le scarpe e i calzini. Il gioco si fa sempre più brutto per la piccola bambina, che nonostante chiede disperatamente tregua tarda ad arrivare. Ne seguono, risate, sghignazzi, qualcuno la prende in giro offendendola. Le strappano il giubbino e le cercano in ogni modo di tirare via il maglione. Scene assurde, preambolo di un gioco troppo pericoloso. La trascinano sul simbolico monumento (nella foto la scena) che c’è in piazza e li con un bastone iniziano a ridicolizzarla simulando scene sessuali a dir poco raccapriccianti. I loro schiamazzi disturbano e si fanno sentire. Ma in tanti passano vicino e con indifferenza continuano la loro passeggiata. Ragazzi trasparenti o maledetta omertà? C’è di peggio: indifferenza e menefreghismo “tanto non sono figli nostri”. Sono figli di madri che non possono stargli dietro perché devono preoccuparsi di andare a lavorare per permettergli di andare a scuola, di vestirsi e di avere un piatto caldo a tavola. “Vivono nel Parco, lasciateli stare”. Persino al Lazzaretto si cercava di dare conforto ai moribondi, ma qui no. Finalmente qualcuno si accorge di quello che sta accadendo. Sono scene che si susseguono sotto gli occhi di alcuni ragazzi che stanno studiando nella biblioteca comunale. Senza pensarci, sono i primi ad intervenire, segnalano l’accaduto ai vigili urbani. L’intervento solo dopo dieci minuti dal fatto. Tutto ciò è gravissimo, e peggiora quando dopo nemmeno qualche minuto gli agenti si allontanano. I piccoli bulli allora riprendono di mira la ragazzina e l’assalgono nuovamente, ma questa volta riescono solo a toglierle una scarpa. Ci giocano, la ragazza cerca aiuto, ma gli uomini della polizia municipale sono a meno di venti metri e non intervengono. Gli studenti sono cosi costretti a rivolgersi ai carabinieri, e dopo nemmeno qualche minuto, una pattuglia arriva sul posto per un intervento che sconfina nel sociale. Ma perché nessuno voleva intervenire? Perché quei ragazzi sono forse disagiati? Si, perché sono abbandonati, sono secondo alcuni “irrecuperabili”. Non è vero. Qualcuno si avvicina a loro, ci parla. Non parla una lingua diversa, ma solo quella del cuore, troppo difficile forse da imparare: quei bambini sono ragazzi normali, solo forse un po’ dimenticati, hanno sogni, idee, voglia di imparare e sentirsi parte di una società che però ormai sembra averli schedati come futuri criminali, per cui l’unico intervento possibile è quello dell’indifferenza. Un episodio raccapricciante che senza l’intervento di alcuni giovani, che si sono dimostrati cittadini modello, sarebbe potuto diventare l’ennesimo caso di microcriminalità.
Giovanna Salvati
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