A chi lo vede per la prima volta piace un sacco. Simpatico alla Amici Miei. Perfetto compagno da osteria. Sguardo penetrante e al tempo stesso rassicurante. Una faccia pulita. Viso d’angelo. Ma occhi furbetti, di chi se non lunghissima ne sa comunque abbastanza.
Che dalla ridda degli allenatori contattati da De Laurentiis sia infine balzato fuori quello di Rudi Garcia non è stata certo una balzana idea. Il cammino erratico del presidente si è poi focalizzato su un profilo di estremo interesse. Tecnico saggio e capace. Che ha già lavorato in Italia, alla guida della Roma dal 2013 al 2016. Una partenza folgorante con quelle dieci vittorie consecutive che annichilirono le avversarie, spaventate nel trovarsi di fronte una corazzata giallorossa come forse non la si vedeva dai tempi di Liedholm e Capello. Ma poi la sua bellissima squadra fu cangiante. In peggio. Perse terreno e lo scudetto fu festeggiato, tanto per non cambiare, sotto la Mole. Da allora il radioso Rudi ha girovagato per la Francia, prima di approdare al club delle Mille e una notte: il saudita A-Nassr, dove però la permanenza, riscaldata da un sole rovente, è stata poco idilliaca.
Un punto a favore di Garcia è che già conosce il campionato italiano. Ma ci manca dal giorno del suo esonero, piovutogli addosso a metà gennaio 2016. Sette anni lontani da quello che un tempo era il campionato più bello d’Europa non sono pochi. E questo preoccupa. Da allora il calcio nostrano si è trasformato, come logico sia. Nuovi scenari e protagonisti, allenatori che si sono scambiati il testimone, per non parlare del parco giocatori che il tempo ha rivoluzionato. Il buon Rudi dovrà, in una full immersion, recuperare il tempo perduto. I tanti anni vissuti all’estero in un campionato, quello francese, che non eccelle in competitività potrebbero non giovargli. Per non parlare del poco istruttivo calcio d’Arabia.
Sarà una grande sfida per lui difendere il titolo azzurro. Società ed ambiente pretendono di star subito sul pezzo e di partire in quarta. Il Napoli e Napoli saranno impazienti dopo lo scudetto vinto. Non sarà come negli anni passati. Vincere e dal primo minuto, la parola d’ordine. Oggi il Napoli non è più una comprimaria ma la protagonista, almeno al momento, del calcio nostrano.
Altra interessante prerogativa di Garcia è la duttilità tattica. Adl collocava in cima alla lista dei desideri un allenatore che adottasse la difesa a quattro. E ci siamo. Garcia la fa. Dal francese si apprende anche che è lesto nel cambiar schieramento a seconda del caso e dell’avversario. Uno stratega duttile, insomma. Ottima virtù. A dispetto dei tecnici di stampo aristotelico, intransigenti nell’adoperare un modulo e basta. Esclusi a priori, quindi i profeti della difesa a tre, malgrado fra essi primeggiasse il nome di Antonio Conte, sergente e motivatore di ferro. Per molti l’uomo ideale per il dopo Spalletti, in quanto abilissimo nel tenere a livelli molto alti attenzione e tensione dello spogliatoio. Non sappiamo se il tecnico leccese avesse espresso ad Adl, nel corso di una o più telefonate, la disponibilità a mettersi a quattro dietro. In ogni caso il matrimonio fra lui e il Napoli è saltato. Forse, anche perché Conte pretendeva rassicurazioni tecniche sulla squadra, cioé che i pezzi migliori non finissero all’asta.
Logica e raziocinio però impongono una riflessione. Il lavoro del tecnico è e sarà di vitale importanza, ma il più come da tradizione dipenderà dalla squadra che Adl gli metterà a disposizione. Il sicuro addio di Kim è già una pessima gatta da pelare, dal momento che centrali forti come il coreano ce ne sono davvero pochi in circolazione. Poi c’è il caso Osimhen. Uno dei più poderosi attaccanti al mondo. Perderlo per De Laurentiis, dopo l’addio di Kim, significherebbe sfidare la sorte con prospettive troppo perigliose. Sarà attento e lungimirante De Laurentiis nel rimescolare le carte della rosa, tanto da consegnarne al nuovo allenatore una dai tanti petali splendenti.
Peraltro, il mercato deve ancora iniziare e intanto al Napoli manca una figura di primo piano. Esodato Giuntoli, urgesi nuovo direttore sportivo. Al momento il vicario è il genero del presidente. Ma un’opzione tanto familistica e per esperienza e per concettualità gestionale sembra inadatta ad un progetto ambizioso. La famiglia sì, ma il presidente farebbe bene a mettersi alla ricerca di uno o due manager di comprovata esperienza. Quelli che in fondo, a parte Chiavelli (amministrativo e non uomo di campo) e Giuntoli (al passo d’addio e in rottura con la proprietà) sono sempre mancati a Castelvolturno.
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