E’ rinato per tre volte, e per tre volte nell’arco di due millenni, la natura lo ha distrutto. L’ultima volta, a liberarsene ci ha provato la mano umana: il sito archeologico stava per essere definitivamente demolito, ma il cavo meccanico utilizzato per abbatterlo fallì e gli esecutori dei lavori edili per la realizzazione dell’area residenziale del Parco Europa furono obbligati a mettere al corrente della presenza dei reperti la Sovrintendenza. Poco o nulla fu fatto: era il 1988 quando l’area fu recintata; qualche mese dopo iniziarono gli sversamenti abusivi di rifiuti col risultato che fino a qualche anno fa il sito non era che una grande discarica a cielo aperto. Erano delle terme romane, secondo le ultime indagini archeologiche eseguite, le costruzioni oggetto di studi in questi mesi, nell’area residenziale del Parco Europa. L’ultimo ritrovamento risale a due giorni fa: in un’anfora è stato ritrovato lo scheletro di un bambino di circa un anno. E’ il terzo reperto funebre scoperto in questa zona: due anni fa altre due urne contenenti corpi infantili furono portate alla luce. Inizialmente si pensava si trattasse di una fattoria romana, ma le indagini hanno acclarato che il sito testimonia la presenza di un complesso termale presumibilmente parte di una villa residenziale. Il progetto di recupero del sito è partito nel 2004; nel 2007 si è proceduto agli Scavi che hanno consentito di portare alla luce parte della struttura. I lavori sono stati possibili grazie a un accordo siglato tra l’università Suor Orsola Benincasa, il Comune di Pollena Trocchia, la Brigham Young University e, negli ultimi mesi, l’Università di Oxford. Direttore dei lavori è il professor Antonio De Simone. Secondo le deduzioni dell’esperto, la prima edificazione delle terme risale al periodo precristiano; alla devastante eruzione del ’79 d.C., che rase al suolo Ercolano e Pompei, seguì una nuova ricostruzione, forse risalente al II o III secolo; nel 472 il Vesuvio tornò a deflagrare abbattendo nuovamente il sito che, ancora, fu ripristinato tra il 480 e il 512 quando, una terza eruzione, lo distrusse definitivamente. Coperto dal tempo, è tornato alla luce, come detto, per puro caso del 1988. Oggi, finalmente, grazie all’accordo tra il mondo accademico e il Comune di Pollena Trocchia, il sito archeologico si avvia a riguadagnare l’antico splendore, in attesa di essere riconsegnato alla collettività. “Sto seguendo da vicino l’affascinante lavoro degli archeologi.– ha dichiarato il sindaco Francesco Pinto – Quanto è stato fatto fino ad ora lo si deve soprattutto alla tenacia e alla competenza del professor De Simone che sin dall’inizio ha creduto nell’importanza di questo sito”. “Gli scavi sono frutto della raggiunta sinergia tra le istituzioni. – ha detto ancora il sindaco – Alla luce anche dei ritrovamenti di questi anni, esso rappresenta una risorsa straordinaria per lo sviluppo sociale e culturale del nostro comune nonché di quelli limitrofi e stiamo lavorando per valorizzarlo adeguatamente”. “A tal proposito,– ha spiegato Pinto – l’amministrazione metterà in campo tutti gli sforzi necessari per riqualificare le aree adiacenti al sito affinché le rovine siano visitabili quanto prima”. “Sarà mia cura infine – ha concluso il sindaco di Pollena Trocchia – portarlo all’attenzione degli enti sovracomunali e governativi per raggiungere un intervento congiunto che porti a compimento nel più breve tempo possibile la campagna di scavi”.
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