Ahoo Daryaei, la studentessa iraniana trentenne che si era spogliata nel cortile dell’Università Azad di Teheran come atto di protesta contro le imposizioni sull’hijab e la repressione delle donne, è stata liberata.
Per settimane non si erano avute sue notizie: fermata immediatamente dopo il gesto, era stata trasferita in un ospedale psichiatrico su ordine delle autorità.
La sua liberazione, avvenuta sotto la custodia della famiglia, segna un nuovo capitolo di una vicenda che ha attirato l’attenzione internazionale e sollevato interrogativi sul futuro dei diritti delle donne in Iran.
Il gesto di Ahoo risale all’inizio di novembre, quando, dopo essere stata redarguita dalle guardie universitarie per aver indossato “in modo improprio” il velo, ha deciso di togliersi il velo e i vestiti, rimanendo in biancheria intima.
Una sfida diretta contro un sistema che da decenni reprime la libertà delle donne. Il video dell’episodio, diffuso sui social media, ha suscitato reazioni di solidarietà e ammirazione, ma anche di forte preoccupazione: poco dopo il gesto, Ahoo è stata prelevata con forza da membri della milizia Basij e portata via.
Per giorni non si è saputo nulla del destino di Ahoo. Le autorità iraniane hanno cercato di screditarla definendola una persona con “problemi mentali” e trasferendola in una struttura psichiatrica, una pratica che viene spesso utilizzata contro i dissidenti per delegittimare le loro proteste.
Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto chiarimenti immediati, denunciando il rischio di violenze fisiche e psicologiche durante la detenzione.
Il suo rilascio, sotto la custodia della famiglia, non elimina le pressioni e le intimidazioni che continuerà probabilmente a subire. Secondo molti attivisti, l’accusa di “instabilità mentale” rimane uno strumento per giustificare la repressione e scoraggiare future proteste.
La vicenda di Ahoo si inserisce in un quadro più ampio di violenza e discriminazione nei confronti delle donne iraniane.
Dal 1979, l’obbligo dell’hijab è diventato uno dei simboli del controllo del regime islamico sul corpo femminile. Protestare contro queste imposizioni significa esporsi a rischi enormi: arresti arbitrari, torture e, in alcuni casi, la morte, come dimostrato dalla tragica vicenda di Mahsa Amini nel 2022, che ha acceso il movimento globale “Donna, Vita, Libertà”.
Nonostante la repressione, le donne iraniane continuano a lottare per i loro diritti, pagando spesso un prezzo altissimo. Ogni gesto, come quello di Ahoo, diventa una scintilla per un cambiamento che appare inevitabile, ma che richiede tempo, solidarietà e pressione internazionale.
La liberazione di Ahoo Daryaei è un sollievo, ma non una vittoria completa. La sua storia è un monito sull’urgenza di agire per proteggere i diritti delle donne in Iran e nel mondo.
La comunità internazionale deve mantenere alta l’attenzione e garantire che il coraggio di persone come Ahoo non venga spento dal silenzio o dalla paura.
Il futuro delle donne iraniane è ancora incerto, ma ogni atto di ribellione, ogni voce che si alza, avvicina il paese a una realtà in cui la libertà, la dignità e l’uguaglianza non siano più solo un sogno.
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