Purtroppo su tutte le testate nazionali e internazionali di cronaca è tornata alla ribalta una notizia non proprio felice. In Afghanistan, infatti il contingente italiano ha avuto un altro duro colpo, come testimonia la morte del caporal maggiore scelto Gaetano Tuccillo, 29 anni, originario di Piazzolla di Nola e effetttivo presso il Battaglione logistico “Ariete” di Maniago, in provincia di Pordenone.
Tuccillo, al momento della morte, è stato investito da un ordigno esplosivo mentre si trovava a bordo di un autocarro pesante (APS) e nell’ esplosione è rimasto ferito anche un parà effettivo all’186 di Siena della Brigata FOLGORE. Il ragazzo però non è in pericolo di vita, mentre per Tuccillo, che in passato già aveva svolto missioni umanitarie all’ estero, non c ‘ è stato nulla da fare. Sposato con un’ infermiera olandese, e residente a Treviso, era un ex volontario che era rimasto nell’ esercito per passione.
Ma , purtroppo, il CMS Tuccillo è ‘’solo’’ l’ultima delle vittime del nostro contingente dall’ inizio dell’ operazione di pace in Afghanistan. Una lunga catena di sangue che ha colpito i nostri militari, da sempre impegnati in quelle zone calde come garanti di pace, in una missione di pace che tale non si può definire.
La 38 esima vittima , Gaetano Tuccillo è la 38 esima vittima italiana dal 2004, inizio dell’ operazione in Afghanistan, un caro tributo di sangue pagato caro per una pace che a quanto pare il popolo afghano non vuole . Tra i vari attentati va menzionato particolarmente quello del 17 settembre 2009, dove persero la vita sei parà della Brigata Folgore.
Sei militari. Un’ autentica strage, rivendicata dai talebani. Sei ragazzi, tra i 26 e i 37 anni, saltarono in aria a causa di un auto imbottita con duecento chili di tritolo, che il Lince, mezzo resistentissimo, non è riuscito a reggere. Un vero e proprio cratere e per quei ragazzi non ci fu nulla da fare, di fronte a coloro che rivendicano l ‘attentato che fanno tutto ciò in nome di Allah. Come si può ammazzare in nome di Dio ?
I sei paracadutisti, Matteo Mureddu, Roberto Valente;Gian Domenico Pistonami, Davide Ricchiuto, Massimiliano Randino e il tenente Antonio Fortunato erano tutti figli di quel Sud Italia dove quei sciacalli dicono che partano per l’ esercito solo per scopi economici e per sconfiggere la disoccupazione, li hanno definiti mercenari ma ora che sono rimpatriati
dentro una bara li hanno accolti come degli eroi, un vero gesto di ipocrisia.
Ma il punto da chiarire con le alte cariche è questo: ne vale la pena rimanere ancora lì? Ma soprattutto, se la popolazione afghana non vuole il nostro aiuto, considerando noi non come garanti di pace ma come invasori, perché restare ancora lì se in noi non vedono i portatori di democrazia ma solo dei capitalisti che si vogliono arricchire?
I nostri militari che sono sempre impegnati per garantire la pace sono abbandonati al loro destino, ma nel frattempo un solo numero rimbomba nella testa e scende lungo la schiena come dell’ acqua gelata: trentotto. Trentotto persone che hanno perso la vita per i loro ideali, per una parola, Libertà, che in quelle zone è ancora sconosciuta.
Ora ci resta solo sperare che i grandi del mondo mettano fine a questo scempio, a una guerra (non missione di pace) che non serve a nessuno.
Pietro Dragone
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