Pomigliano d’Arco. Nonostante la sua giovane età, Emanuele Adiletta giovane pomiglianese è diventato studioso e pioniere dei metodi per la risoluzione delle balbuzie nei bambini. La sua storia l’abbiamo già raccontata nel 2018.
Pomigliano. La storia di Emanuele, ex balbuziente che aiuta i bambini
Nel frattempo Emanuele ha perfezionato i suoi studi, tanto da intensificare il suo sostegno e supporto ai bambini che “balbettano” per aiutarli ad uscire da quello che può essere un disagio apparentemente insuperabile. Adiletta spiega: «È difficile parlare di come si smette di balbettare perché è un percorso, ma è possibile farlo perché la balbuzie si risolve. Smettere di balbettare vuol dire però rompere con gli schemi di un parlare sbagliato che caratterizza quella che è la lingua dei balbuzienti: accelerate e frenate all’interno del discorso, accenti posti sulle vocali. Tic e spasmi sono i segnali più evidenti all’esterno, che spingono molti a dire che la balbuzie è un problema tecnico». Il giovane Emanuele continua: «Balbettare non è solo quello che si vede e si sente, questo è la superficie di una difficoltà che stringe lo stomaco e fa mancare l’aria prima quando si parla e poi quando si sa che si dovrà parlare. Balbettare è il non sentire più i propri pensieri mentre si lotta con il proprio corpo che si contrae per fronteggiare la balbuzie, questo rende la rende una condizione e non un sintomo su cui agire. Ne so qualcosa». Il giovane di Pomigliano d’Arco continua a spiegare: «Il pensare che parlare in modo fluido, che la giusta ritmica determini la fine della balbuzie non è che un illusione. Non è altro che il tempo 0 in cui smettiamo di ascoltare i blocchi che arrivano in testa e poi nelle parola per dedicarci ad inseguire non più il desiderio di parlare, ma le sensazioni del parlare. Posso dire che la balbuzie finisce quando non si ha più voglia di finire in fretta una frase. La balbuzie è soprattutto un problema che leggiamo negli occhi di chi ci ascolta ed a scuola inizia nei banchi, quando ti fanno comprendere che qualcosa non va. Allora è importante sensibilizzare, sono importanti le storie e le esperienze nelle scuole, perché la diversità non deve essere un fenomeno ma un occasione, questo lo facciamo come associazione in tutte le scuole di ordine e grado. Non esiste un modo giusto o sbagliato è l’atteggiamento a fare i danni, trattare la balbuzie come se non ci fosse o dargli troppo valore crea una persona che non sa gestire la propria difficoltà. Il ruolo della scuola è fondamentale per limitare i danni della balbuzie perché se in testa non fa paura, la parola è dolce». Adiletta è tra le anime che fanno parte della “Rete Associazioni Balbuzie e Disabilità”, e ha costruito un progetto per le scuole che prevede la formazione di un insegnante nel ruolo del referente-balbuzie unito ad attività di sensibilizzazione.
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