NAPOLI – Da anni si parla della “crisi dell’albicocca”, non si riuscirebbe più a collocare con facilità il prodotto sul mercato. La causa sarebbe da ricercare anche nel calo della domanda da parte dei consumatori ma la soluzione sarebbe nell’innovazione.
La manodopera scarseggia e i ragazzi non scelgono di investire nel settore agricolo. Nel frattempo il vero grande cliente per i coltivatori di albicocca è divenuta l’industria della trasformazione mentre alcuni intermediari riescono ad acquistare dai contadini un chilo di albicocche anche sette centesimi al chilo.
Una situazione senz’altro difficile in un momento storico certamente particolare. Le difficoltà che sta attraversando il settore agricolo non spaventano però imprenditori come Umberto Pignatiello che si è laureato in agraria ed ha ereditato, insieme al fratello Felice, l’azienda agricola del papà Antonio.
Nel 2009 l’azienda di Pignatielloè stata premiata dall’allora ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia per la capacità di innovazione apportata in agricoltura e dimostrata con la partecipazione al concorso Oscargreen.
“C’è una disinformazione su prezzi e prodotto. E’ facile diffondere notizie negative, l’albicocca è in crisi da anni. Questo soprattutto perche le nostre aziende sono molto piccole – dice Umberto Pignatiello – Il tipo di potatura influenza il prodotto finale, le albicocche vengono messe su portainnesti, scegliere un portainnesto piuttosto che un altro determina dei prodotti finali differenti – e continua – Dato che siamo tante piccole aziende realizziamo tanti prodotti finali differenti per peso, colore ed altre caratteristiche. Questi frutti saranno eccezionali da mangiare in ogni caso ma risulterà difficile proporli come brand, ad esempio, ad una piattaforma della grande distribuzione”
L’agricoltura italiana è costituita da aziende piccole, la produzione di albicocche non è il “core business” dei coltivatori che quindi si limitano a fornire l’industria della trasformazione che poi produce succhi, marmellate e prodotti affini.
Un altro fattore da considerare sarebbe l’aumento delle aree dedicate alla produzione di albicocche. Mentre negli anni scorsi le albicocche si producevano principalmente nell’area vesuviana oggi le troviamo in Basilicata, in paesi del casertano etc. Aumentando il prodotto e rimanendo il consumo costante il prezzo si è abbassato notevolmente al punto da risultare difficile anche raccogliere i frutti.
“Oggi chi ha un piccolo appezzamento di terreno si sente costretto a conferire tutto il prodotto all’industria della trasformazione dato che la domanda di albicocche da parte del consumatore è diminuita – afferma Pignatiello – Negli anni passati veniva conferito al mercato della trasformazione solo lo scarto, un prodotto buono ma essendo troppo maturo o troppo acerbo non vendibile come prodotto fresco”
Intanto l’innovazione potrebbe essere lo strumento con cui provare a convincere le nuove generazioni a lavorare ed investire in questo settore.
“Non esiste solo il mercato dell’industria di trasformazione. Le albicocche spesso vengono vendute agli intermediari, che poi riforniranno le industrie che si occupano della trasformazione, anche a sette centesimi al chilo. Un prodotto trasformato in proprio e di qualità, creando valore aggiunto, può essere collocato sul mercato anche a trenta euro al chilo. E la richiesta c’è – dice ancora Pignatiello – Se restiamo in queste condizioni il futuro non è roseo ma se innoviamo riusciremo a dare una svolta al settore agricolo in generale ed a prodotti particolari come l’albicocca pellecchiella vesuviana”
Certamente la crisi che sta attraversando l’albicocca e il settore agricolo in genere avrebbe diverse cause. Da un lato gli imprenditori che non riescono ad organizzarsi e che dovrebbero coalizzarsi per far fronte alle sfide del presente e del futuro che il mercato impone.
L’avvento sul mercato italiano di aziende estere, talvolta più attrezzate di quelle italiane che riescono a prendere fette di mercato che le nostre aziende non riescono a conquistare a causa anche di mancanza di organizzazione.
Poi c’è qualcuno che approfitta della debolezza del piccolo coltivatore che non riesce a vendere il prodotto e la fuga di coloro che invece potrebbero investire nell’agricoltura.
Questo comporta l’arresto dell’evoluzione del settore. Intanto non viene preso in considerazione un prodotto che ha quasi un costo zero e su cui si potrebbe creare valore aggiunto.
Esempio potrebbe essere proprio Pignatiello che da quando è morto il padre ha una cioccolateria, ha inglobato l’azienda agricola ed una parte di prodotto riesce a trasformarlo con grandi soddisfazioni.
Impegnata al fianco dei coltivatori e delle piccole e grandi aziende agricole c’è Coldiretti che sta affrontando questa crisi che persiste purtroppo da anni riconoscendo che esiste un problema di aggregazione dell’offerta.
I piccoli produttori sono più deboli rispetto a produttori più grandi o ad un consorzio che può, ad esempio, approcciare al mercato in modo più competitivo.
“L’agricoltore non ha come unico sbocco del mercato la grande distribuzione, forse a volte è la scelta meno indicata. Questo a maggior ragione quando hai un prodotto di nicchia con una grandissimo valore di biodiversità”, afferma il responsabile della comunicazione e dell’ufficio Stampa di Coldiretti Campania Nicola De Ieso.
“Coldiretti sta cercando di far fare un percorso di crescita ai piccoli produttori che hanno un prodotto di forza e di qualità – dice De Ieso di Coldiretti Campania – La albicocca pellecchiella del vesuvio è un prodotto particolarissimo, dal grande valore aggiunto anche in termini organolettici”
Nell’ottica di valorizzare prodotti di nicchia e di favorire l’abbattimento di intermediazione tra coltivatore e consumatore Coldiretti ha lanciato da dieci anni il progetto Campagna Amica.
“Abbiamo circa quaranta mercati al mese e stiamo lavorando ad uno spazio coperto dove gli agricoltori potranno vendere direttamente senza intermediari. La vendita diretta è la sfida del futuro – dice De Ieso – Poi bisogna dire che è necessario innovare. L’innovazione è un tema caldo che riguarda la frutticoltura in Italia. La Campania è la prima regione in Italia per il maggior numero di prodotti agroalimentari tradizionali. 515 prodotti agroalimentari tradizionali tra cui anche la albicocca pellecchiella del vesuvio”
Certamente la Campania è la regione più ricca di Italia in termini di diversità produttiva. La frutticultura è concentrata tra Napoli e Caserta.
Qui un impresa agricola può sfruttare possibilità straordinarie ed andare oltre il lavoro standard del “produttore puro” che vende semplicemente ai mercati generali.
Oggi un agricoltore può fare un proprio laboratorio di trasformazione, innovare e creare valore aggiunto. Questo grazie anche all’aiuto di Coldiretti.
“Cerchiamo di affiancare le aziende per indurre un cambio di mentalità da questo punto di vista. Le assistiamo nelle difficoltà burocratiche e nella fase progettuale diffondendo la possibilità di intercettare fondi pubblici. Esempio il PSR, il Piano di Sviluppo Rurale – continua De Ieso di Coldiretti Campania – Il progetto Campagna Amica non è solo un mercato, è un faro acceso sulla multifunzionalità e sulla capacità di una azienda di sfruttare tutte le potenzialità che ha nel settore”
Sostieni la Provinciaonline
Il nostro giornale è libero da influenze commerciali e politiche e così vogliamo restare. Voi con il vostro piccolo aiuto economico ci permettete di mantenere la nostra indipendenza e libertà. Un piccolo o grande aiuto che permetterà alla Provinciaonline di continuare ad informarvi su quello che tanti non vogliono dirvi. Clicca qui e aiutaci ad informare ⬇️.