SOMMA VESUVIANA. “Ripartire dal basso: impegnarsi per il bene comune”, l’appello che il Priore della Fraternità della Santa Croce, Mariano Lo Conte fa a politici e aspiranti amministratori comunali in vista delle imminenti elezioni amministrative.
State diramando un documento di indirizzo politico in vista delle prossime elezioni amministrative. La Fraternità scenderà in campo in maniera diretta a Somma Vesuviana?
Somma Vesuviana e Saviano sono gli unici due Comuni all’interno della Diocesi di Nola, dove si voterà il prossimo 11 giugno; il nostro gruppo di Fraternità, che opera prevalentemente a Somma, d’accordo con alcune autorità ecclesiastiche locali, non poteva esimersi dall’esprimere un proprio parere su una vicenda così importante per la vita quotidiana delle nostre famiglie. Circa una partecipazione diretta della Fraternità, la escluderei a priori, in quanto essa non rientrerebbe tra i nostri scopi, pur riconoscendo, come ci viene indicato dai Vescovi e dallo stesso Papa Francesco, l’importanza dell’impegno dei laici cattolici in politica e di “non stare alla finestra”.
In realtà stiamo però assistendo ad un vero e proprio allontanamento dei più dalla politica attiva. Di contro, almeno per quanto riguarda Somma, sembra doverci essere un elevato numero di candidati a sindaco. Come interpretate questi fenomeni?
Molto probabilmente la scarsa considerazione in cui è tenuta la politica porterà tanti elettori a disertare le urne alle prossime elezioni. E la maggior parte dei cittadini che invece andranno a votare, lo faranno senza entusiasmo né grande coinvolgimento e privi di ogni speranza. Ormai la politica è diffusamente percepita come fine a se stessa, una politica politicante ed inconcludente, che non risponde e non risolve i problemi reali che affliggono le persone comuni. Riguardo poi alla miriade di candidati a sindaco, non ci sembra che questa frammentazione della proposta politica sia un sintomo positivo, in quanto nasce dalla forte conflittualità personalistica tra gruppi e gruppetti, così come s’è venuta a creare dopo l’esplosione, o l’implosione, delle precedenti esperienze amministrative. In questi giorni stiamo assistendo ad una accelerata frequenza di riunioni ed incontri, dove però nessuno sembra disposto a fare un passo indietro, con l’espressione di veti incrociati di ciascuno verso tutti. Insomma, una gran Babele, dove ci si parla di continuo, senza però incontrarsi realmente. Speriamo che vengano fuori presto delle aggregazioni larghe e forti che poi, vincendo le elezioni, siano effettivamente in grado di amministrare con stabilità ed efficienza.
Frammentazioni, personalismi, conflittualità, instabilità ed inefficienze sembrano essere le caratteristiche di molte amministrazioni locali: voi cosa proponete per uscirne?
Il percorso non è breve e bisogna insistere su quell’aspetto educativo e culturale laddove la Chiesa e la comunità cristiana possono giocare un ruolo determinante. Occorre un cambio di passo radicale, che faccia saltare il pendolo della politica, rimettendo a fuoco il significato vero dell’azione pubblica. Gli uomini e le donne che intendano “scendere” o “salire” in politica, al di là e prima delle ambizioni personali, devono riprendere coscienza di essere strumenti per aiutare i singoli e le realtà sociali a costruire risposte adeguate ai bisogni emergenti e ai problemi reali. Bisogna ricominciare a perseguire, nei fatti e non a chiacchiere, il bene comune.
Ma cosa intendete con il “ripartire dal basso”?
Crediamo che il livello locale possa rappresentare il punto di ripresa di una politica che superi gli schemi consueti in favore di una rinnovata ricerca del bene comune. Le elezioni comunali possono certamente diventare un banco di prova per far ripartire la politica dal basso e per coinvolgere di nuovo il popolo intorno ad essa. Ma si può ricominciare in modo silenziosamente rivoluzionario, rendendoci conto che nella nostra realtà ciascuno può essere protagonista della politica. E che la politica non è innanzitutto gestione del potere, ma è un servizio che può compiere ognuno di noi, anche quando si ha ben poco potere, anche trovandosi all’opposizione, o con la maggioranza, ma senza tornaconti personali, in una rinnovata responsabilità di ciascuno verso i bisogni della gente.
Ma in cosa consiste questa “rivoluzione silenziosa”?
Il punto di partenza è il riconoscimento del valore irriducibile della persona, dell’altro diverso da te: occorre riscoprire, sia in politica che nei rapporti sociali, che l’altro è un bene, e non un ostacolo da superare, al fine di perseguire la pienezza del proprio io. Quando in un momento di crisi si continua a sprecare risorse, quando si spende più di quello che si ha a disposizione, allora si compromette il benessere di tutti. Occorre perciò applicare anche negli Enti locali quel principio secondo cui va premiato a tutti i livelli, sia quello politico di indirizzo che quello di gestione amministrativa, chi è più capace di fornire servizi di qualità migliore a costi sostenibili. Se si vuole che ciascuno diventi sempre più responsabile e maturo dinanzi ai beni comuni, bisogna abbandonare una certa visione perversa che quanto è pubblico non ci appartiene e non ci interessa. Solo con un approccio più responsabile miglioreranno i conti degli Enti locali e migliorerà la qualità dei servizi ai cittadini. Questa modalità di gestione amministrativa incide direttamente sulla capacità di un’offerta efficiente dei servizi pubblici per la comunità: ci sono dei Comuni che hanno scelto di mettere al centro della loro azione politica ed amministrativa le persone, quindi le famiglie, i più giovani, gli anziani, i bambini, gli adolescenti, o anche i professionisti, i piccoli operatori economici. Con un’attenzione prioritaria ai bisogni reali delle varie fasce della popolazione, tenendo d’occhio costantemente il contenimento dei costi. Invece ci sono altri Comuni in cui ci si attarda ancora in stanziamenti di milioni e milioni di euro, per pianificare opere pubbliche che non saranno mai realizzate, e se o quando venissero realizzate, ci si accorgerebbe che non servono più a niente. Sono gli Enti comunali le istituzioni maggiormente a contatto con la gente e sono essi a dover intervenire primariamente sul Welfare. Se si continua a pensare che il pubblico coincida esclusivamente con lo Stato centrale, il quale dispone di sempre meno risorse finanziarie da investire, e ad aspettare che le soluzioni arrivino dall’alto, è inevitabile un peggioramento delle condizioni di vita per tutti, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione. Occorre, perciò, che le Amministrazioni locali attuino finalmente quella sussidiarietà orizzontale che coinvolga le migliori realtà dell’imprenditoria, delle professioni e del terzo settore, nella gestione dei servizi alle persone e di pubblica utilità, in un partenariato reale tra pubblico e privato al servizio della comunità. Un Welfare più efficace e duraturo si ottiene solo investendo sul processo educativo, cioè arricchendo la capacità di conoscenza delle persone, a partire dai più giovani, i più piccoli. Alcune Amministrazioni locali hanno fatto propria questa preoccupazione, contribuendo così a migliorare l’intero sistema di istruzione. Passando da una nuova formazione professionale, politiche più efficaci di diritto allo studio e contro l’abbandono scolastico, sostegno alla scuola paritaria, nuovi strumenti moderni ed efficaci come voucher e doti scuola. Si tratta di interventi virtuosi che vanno sostenuti e incrementati perché stan facendo solo del bene all’intera comunità.
Sostieni la Provinciaonline
Il nostro giornale è libero da influenze commerciali e politiche e così vogliamo restare. Voi con il vostro piccolo aiuto economico ci permettete di mantenere la nostra indipendenza e libertà. Un piccolo o grande aiuto che permetterà alla Provinciaonline di continuare ad informarvi su quello che tanti non vogliono dirvi. Clicca qui e aiutaci ad informare ⬇️.