Successo per Giocando con Orlando, riproposizione drammaturgica dell’Orlando Furioso con Stefano Accorsi e Marco Baliani al teatro Bellini di Napoli.
Giocando con Orlando è lo spettacolo che verrà rappresentato al teatro Bellini sino al 5 marzo, liberamente tratto da Orlando Furioso di Ludovico Ariosto con riadattamento dell’ottimo regista Marco Baliani e la grande interpretazione del celebre attore Stefano Accorsi, per la produzione Nuovo Teatro.
Portare al teatro oggi un’opera cinquecentesca come “L’orlando furioso” uno dei più grandi capolavori della letteratura con i trentottomilasettecentoquarantasei versi di Ludovico Ariosto senza annoiare gli spettatori, non può certamente definirsi un compito semplice. Questa è stata la grande sfida che il regista in scena Marco Baliani e l’attore Stefano Accorsi hanno lanciato al pubblico del Bellini. Un atto coraggioso in un’epoca in cui la letteratura di massa sacrifica spesso le scelte editoriali alla “cultura dell’utile”. Ma il teatro può con la sua immediatezza riuscire a colmare la distanza odierna, tra i lettori e i classici della letteratura? Si tratta certamente di un sentiero abbastanza rischioso, un’operazione complessa e faticosa sia sul piano del lavoro di editing, sia su quello della messa in scena, ma che viene ripagata con il favore del pubblico, quando si avvale, come in questo caso, della sensibilità del registra e della bravura dell’attore.
Come nasce la volontà di portare Ariosto al teatro?
Da uno scherzo del caso. Mi trovavo ad Asti per la regia della stagione estiva del Furioso Orlando, ma quel giorno l’attrice – Nina Savary – non è riuscita a prendere l’aereo e le scenografie non sono partite da Napoli. C’erano più di ottocento prenotazioni, il produttore Marco Balsamo e gli organizzatori erano disperati. Con Stefano Accorsi ci siamo messi a tavolino e siamo andati in scena così, senza costumi e luci, improvvisando. Io, che non conoscevo a memoria il testo, ho recitato le parti femminili e ho riprodotto con il suono della voce tutti i rumori di scena. Lì è nata l’idea di creare una nuova messinscena, con soltanto noi due attori in scena, tornando un po’ al fondamentalismo del mio Kohlhaas. È stato un nuovo esperimento, una nuova tappa di lavoro (Marco Baliani).
Così per strane coincidenze, nasce un nuovo modo di portare in scena i versi dell’Ariosto affidati agli attori che si prestano ad una moltitudine di personaggi.
Stefano Accorsi entra in scena declamando il celeberrimo incipit dell’opera divenendo egli stesso l’autore, non senza interruzioni da parte del demiurgo Marco Baliani che, all’occorrenza non esita ad interromperlo con didascalie, postille, chiose e lo costringe ad un continuo ripensamento e messa in discussione dell’esibizione.
Ma quanto è difficile per un attore entrare nel linguaggio dell’Ariosto? E quali sono le diverse difficoltà rispetto ad autori della letteratura più tarda?
Così risponde Stefano Accorsi a Laprovinciaonline:
Inizialmente abbastanza. Le difficoltà sono assai maggiori perché quanto hai tanto testo devi sempre imparare perfettamente l’opera… se sbagli è un problema, perché per recuperare devi trovare una rima e non è semplice.
Le difficoltà dell’interpretazione aumentano quando il focus si concentra sulla fisicità e maestria degli attori che abitano il minimalismo della scena. Il solo gioco di luci li accompagna nel repentino cambio di fraime e personaggi, mentre essi dominano lo spazio eterotopico del teatro, mantenendo viva l’attenzione del pubblico che li ripaga con fragorosi applausi e numerose chiamate in scena.
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