Tre coppe di un importante valore storico sono sopravvisute al passare dei secoli per finire poi a casa di un imprenditore, eppure l’ultima volta che erano stare viste si trovavano in un museo. A riportarle al loro posto l’attenta osservazione dei militari della guardia di finanza del Comando Provinciale di Palermo (agli ordini del generale Domenico Napolitano) che le hanno rinvenute e sequestrate. Questi tre manufatti di origine attica risalenti al V-VI secolo a.C. erano scomparsi da un museo, probabilmente agli inizi degli anni ’90, e sono finiti, con diversi altri oggetti e gioielli, sotto sequestro. Le tre coppe in particolare sono state restituite alla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo. In questi giorni i Finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un provvedimento del Gip del Tribunale di Termini Imerese con cui sono stati denunciati per bancarotta fraudolenta due imprenditori bagheresi ed è stato disposto, nei confronti di uno di questi, il sequestro preventivo della somma complessiva di 362.373,62 euro, nonché l’applicazione della misura interdittiva all’esercizio dell’attività imprenditoriale.
In particolare, le Fiamme Gialle della Compagnia di Bagheria hanno deferito all’autorità giudiziaria due persone che avrebbero pilotato il fallimento di una nota azienda operante nel commercio di capi di vestiario e calzature. Le attività distrattive avrebbero generato un passivo pari alla somma di 1.977.090 di euro rimasto insoluto anche a causa dell’assenza di un patrimonio aggredibile da parte dei creditori.
Le indagini, infatti, avrebbero dimostrato come l’amministratore della società fallita, unitamente al figlio, attraverso una costante vendita sottocosto delle merci e il trasferimento di importanti valori aziendali (tra cui anche l’avviamento e il marchio), avrebbero distratto gran parte dei valori aziendali della fallita verso un’altra società, operante nel medesimo settore. Inoltre, mediante una politica gestionale fortemente imprudente costituita da mirate alterazioni dei bilanci d’esercizio, gli indagati avrebbero evitato per diversi anni la liquidazione giudiziale occultando il valore e la consistenza reale delle perdite.
A esito degli accertamenti svolti, il GIP del Tribunale di Termini Imerese ha disposto il sequestro preventivo diretto per un valore complessivo di 362.373,62 euro e l’applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali.
Nel corso delle operazioni, anche la scoperta dei reperti archeologici. In particolare i militari hanno sequestrato diversi rapporti finanziari, un immobile e oggetti preziosi per un valore stimato di oltre 52.000 euro. Poi i Finanzieri della Compagnia di Bagheria hanno rinvenuto, presso l’abitazione di uno degli indagati, le tre coppe di terracotta delle quali si è
capito poi la vera origine dopo che sono state sottoposte a perizia da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo. Gli oggetti, rinvenuti nel 1987 presso il sito archeologico del Monte Maranfusa nel comune di Roccamena e custoditi per anni presso la collezione del Museo Civico locale sarebbero stati sottratti in data e luogo imprecisati per poi finire nel salotto dell’indagato, il quale non sarebbe stato in grado di dimostrarne ai militari operanti il legittimo possesso.
Per tali ragioni, i manufatti sono stati sottoposti a sequestro e successivamente riconsegnati alla Soprintendenza. Il responsabile è stato quindi altresì deferito all’Autorità Giudiziaria anche per il reato di ricettazione di beni culturali.
L’operazione eseguita dalla Guardia di Finanza, in stretto coordinamento con la Procura di Termini Imerese, si inserisce nel quadro delle linee strategiche dell’azione del Corpo volte a rafforzare l’attività di contrasto all’illegalità economico-finanziaria attuata mediante l’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati nonché a garantire la tutela del patrimonio artistico e culturale nazionale, la cui integrità risulta essenziale al fine di preservare l’eredità storica italiana e consentire, attraverso la sua valorizzazione, lo sviluppo economico delle aree rurali ove tali reperti sono stati rinvenuti.
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