Saviano – Teatro Auditorium di Saviano. Si apre il sipario sull’edizione del decennale. La prima è stata: “ Figli e neput… chelle che fai è tutto perduto! “ di Thomas Mugnano per la regia di Matteo Della Corte
Saviano –
La nuova stagione teatrale: il Comune di Saviano, Assessorati alla Cultura e Sport, Turismo, Spettacolo in collaborazione con l’Auditorium Teatro di Saviano con il Patrocinio morale di Forum di Giovani, Provincia di Napoli e Fondazione Carnevale, nell’ambito delle attività sociali presentano hanno avviato la nuova stagione teatrale. La prima compagnia teatrale in scena: si tratta di un esordio sul palcoscenico savianese: “ LA Bella Compagnia” di Castel San Giorgio ( Sa) che ha presentato “ Figli e neput… chelle che fai è tutto perduto! “ di Thomas Mugnano per la regia di Matteo Della Corte. la compagnia ha partecipato ha numerose rassegne importanti.
Un gruppo nato nel 2001 nel contesto della chiesa locale dedicata a S. Anna. All’epoca, assicura il regista, si portava in scena uno spettacolo dal nome “ Farmacia di turno”. “Uno spettacolo anche per la raccolta fondi per la ristrutturazione della chiesa”. Da quell’esperienza teatrale il discorso è andato avanti con nuove proposizioni sceniche. Notevole consenso di pubblico sul palcoscenico savianese.
La commedia è sì sintetizzata: il personaggio con il quale si apre il sipario, è un padre di famiglia di una certa età che vive con la moglie di nome Amalia. La parte principale è, nel racconto scenico, una generica famiglia composta da tre figli, spesso irriconoscenti della necessità dei genitori, anzi manca nel settore del dovuto rispetto. Alla base c’è incomunicabilità, conflitto generazionale, almeno in apparenza. Una rappresentazione, purtroppo, di straordinaria attualità.
Ma l’autore ha voluto mettere una buona dose di comicità: ecco che all’aprire del sipario il protagonista basa il suo discorso sulla tutela della sua salute e prende diversi tipi di medicinali uno di seguito all’altro, la moglie del protagonista troppo accondiscendente nei confronti dei figli e relative famiglie, quando si tratta di aiutarli economicamente, anche contro la disapprovazione che il marito cerca di farle intuire, suscitando diversi gradi di comicità. Comicità assicurata da un personaggio di nome Arturo, vicino di casa e amico inseparabile, interpretato dallo stesso regista Matteo Della Corte, che a dispetto della sua età avanzata, crede di essere un perfetto conquistatore dell’animo femminile. La realtà è ben diversa; ha una mano tremante, una memoria che tradisce ed altro. La dinamicità che vorrebbe dimostrare conferisce grande ilarità alla commedia.
Una comicità che scandisce i tempi di una tematica molto seria: l’autore, chiamato su palco per l’ovazione finale e i saluti di rito al pubblico ha ammesso di aver scritto quest’opera dedicandola al padre, che spesso manifestava il suo pensiero dicendo di temere un suo trasferimento in uno ospizio, in una casa di riposo per anziani. L’autore Thomas Mugnano oltre che ad rassicurarlo in tal senso ha voluto meglio esprimere il suo pensiero con questa commedia. Purtroppo il padre dell’autore non ha potuto assistere alla rappresentazione nella sua prima messa in scena; la commedia è dunque dedicata alla sua memoria. Il racconto scenico si tinge di surrealismo perché nuovi fatti sopraggiungono del tutto inaspettati.
La moglie del protagonista in seguito ad una lettera che riceve e che si affretta a distruggere passa a miglior vita e appare in versione di un fantasma ad una finestra posta su di un lato della scena. La sinistra figura sembra dare ancora delle direttive, sembra ancora incidere nel reale. La figura paterna è spesso discriminata da parte dei tre figli ingrati. Non sembrano riflettere sul benessere economico acquisito con lavoro e sacrifici da parte del genitore; alla fine decidono, quale risoluzione, di affidarlo alle cure di una badante polacca di nome Pakita.
Nuovo colpo di scena: le apparenti familiarità della ragazza, scambiate per eccessive confidenze, sono frutto di una realtà ben più complessa. Essa rivela di aver ritrovato il proprio padre: proprio in uno dei figli ribelli e irriconoscenti. Michele Coppeta, questo il nome del protagonista, sarebbe il nonno della badante. Come porre, ora, la questione nei confronti del primogenito dei tre figli con questo evento, del tutto inatteso, è la questione dominante.
La gelosia della moglie di quest’ultimo è da assicurata comicità. La trama si complica all’inverosimile quando subentra un incidente di un nipotino. Tutto si azzera nell’epilogo: la trama, in realtà non si è svolta come raccontata; materialmente non è mai partita. L’azione scenica descrive un sogno, o meglio, incubo del protagonista che si era concesso un eccessivo riposo. I personaggi sono all’opposto di come fin qui descritti: amorevoli e riconoscenti con la famiglia. Su questa riappropriazione della realtà, sul ritorno al vero, cala il sipario.
Antonio Romano
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