lunedì 23 Settembre 2024
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Concerto al San Carlo per omaggiare Sergio Bruni

Per omaggiare Sergio Bruni a dieci anni dalla sua scomparsa, Roberto De Simone e Nino D’Angelo, tra le più eclettiche personalità della scena musicale, decidono di ideare un evento d’eccezione per il Teatro San Carlo di Napoli. Appuntamento il 21 ottobre alle ore 21. Il Maestro De Simone rielabora il repertorio del grande cantante secondo una sensibilità tutta contemporanea e, intendendo la melodia classica napoletana come “musica del mondo”, costruisce intorno alla vocalità “verace” di Nino D’Angelo suoni e ritmi che superano l’identità locale. Ecco allora le trascrizioni per ensemble barocco, o i duetti con la fisarmonica e con l’arpa viggianese; ecco i fraseggi di un quartetto jazz e i contagiosi ritmi balcanici. Nello spazio immaginato da Mimmo Palladino e con la cura di Davide Iodice, l’evento si fa ricordo ma anche celebrazione di una cultura viva.

Composizione strutturale cameristica di Roberto De Simone (realizzata da Alessandro De Simone – Mimmo Napolitano – Antonello Paliotti)

spazio scenico: Mimmo Paladino

regia: Davide Iodice

arrangiamenti: Mimmo Napolitano, Antonello Paliotti, Giuliana Soscia, Pino Jodice, Enzo Campagnoli

Nota del Maestro Roberto De Simone

Il folgorante binomio Nino D’Angelo – Sergio Bruni, non presuppone banali intenti commemorativi, celebrativi né antologicamente programmati con esclusivi rferimenti alla gastronomicità napoletanistica della canzone partenopea.Il progetto di base si estende a una rappresentazione melodrammatica in cui è protagonista la cultura originaria che collega i due cantanti in uno stretto abbraccio stilistico e linguistico, in relazione a elementi tematici che hanno investito la cultura europea del Novecento sia nell’ambito della lettteratura, del melodramma (in campo alto ) sia del teatro musicale fino alla cosiddetta sceneggiata (in campo popolare basso e orale).Il tessuto musicale, escludendo una formazione orchestrale in appoggio convenzionale a un cantante con relativo direttore, comprende diverse formazioni cameristiche (un gruppo di strumenti a corde pizzicate, un ensemble di musica barocca, un duo fisarmonica-pianoforte a volte compendiato da batteria e contrabbasso, fino a bande di strumenti a fiato provenienti dalla tradizione serbo-balcanica), ossia musicisti che frequentemente si esibiscono in un musica d’assieme e che non sono esecutori cui imporre la lettura convenzionale di una partitura composta da un unico strumentatore.Insomma, i suddetti complessi, perlopiù, sono anche “ arrangiatori di se stessi”, senza bandire parti improvvisate estemporaneamente, in relazione a una oralità del fare musica in diverse culture, e quindi interagire con quella oralità tutta napoletana degli esecutori vocali della posteggia o di interpreti teatrali della cosiddetta canzone di giacca, o degli autentici cantanti nostrani quali Nino D’Angelo e Sergio Bruni. In realtà, entrambi provengono da classi disagiate della provincia, pervasa da cultura contadina, da moralismi convenzionali imposti dal potere e da un secolare cattolicesimo che sostiene la divisione in caste di padroni e servi. Ne conseguono accettazione passiva dello sfruttamento lavorativo, del malessere sociale, con i suoi tabù indiscussi, e i mitici elementi del maschilismo, dell’amore, della donna, della gelosia, del tradimento femminile e dell’omicidio per legittima difesa dell’onore. In campo europeo tali diffuse tematiche furono trattate già nell’Ottocento da un testo teatrale denominato Woyzeck , in cui un umile soldato, dominato dalle conflittuali condizioni di inferiorità, e da arcaiche mitologie di classe, uccide la moglie adultera e poi rivolge l’arma contro se stesso. Seguono, nel melodramma, Carmen, Cavalleria Rusticana e il capolavoro berghiano ribattezza Wozzeck.In ambito napoletano veristicamente segna il passo l’opera Pagliacci di Ruggiero Leoncavallo, e letterariamente primeggia il poeta Salvatore Di Giacomo con Assunta Spina e il poemetto a San Francisco.Nel teatro popolare, a Napoli, si sviluppa la cosiddetta sceneggiata: un genere misto di prosa in dialetto e musica, che si conclude con una canzone di successo, spesso di carattere melodrammatico a sfondo talora cruentemente tragico. Esemplare, a tale riguardo resta un prodotto drammaturgico, evidentemente derivato dal Woyzeck , sullo sfondo della festa di Piedigrotta, in cui un detenuto improvvisamente rimesso in libertà e informato sulla condotta adultera della moglie Maria, la sorprende con l’amante in una cantina dove si balla la tarantella e ammazza entrambi.In base ai presupposti elencati, la performance di Nino d’Angelo prende avvio da una citazione berghiana del Wozzeck ridotta per due pianoforti su cui si dipana il testo originario di Buchner, ove si assiste al protagonista che , dopo aver accoltellato a morte la fedigrafa sposa, si suicida.Il seguito di memento/momento si svolge come una sorta di anamnesi, di veloce ripercorso onirico su tappe musicali derivate dal gemellaggio con Sergio Bruni, nelle quali, come folgoranti flash, ricorrono echi o elementi fondanti e riassuntivi di una mitologia comune ad entrambi.Infine, il percorso sfocia nel brano Pupatella di libero Bovio con cui termina la sceneggiata di Giuseppe Ascoli, intitolata Piedigrotta ‘e sango. E qui l’esecuzione, nella quale il consorte tradito uccide con una coltellata la sua Maria e con un colpo di rivoltella il suo ganzo, si rivela come episodio già avvenuto in precedenza del primo brano eseguito all’inizio della performance.L’opera si conclude con una suite che appoggia strumentalmente il canto di Nino D’Angelo, la quale sembra alludere, come in una sequenza drammaturgica non montata conseguenzialmente, alla trascorsa festa di Piedigrotta, morta nel suicidio culturale di un ‘Woyzeck- Nino D’angelo’ tra i fantasmi di un autentico popolo assente.

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